Afghanistan: via l'Isaf, i talebani cantano già vittoria
La fine della missione Nato, per gli studenti coranici, è un simbolo della sconfitta occidentale
All'indomani della fine della missione Isaf in Afghanistan i talebani cantano già vittoria. L'Isaf, secondo quanto si legge in un comunicato in inglese del gruppo fondamentalista, è stata "un fuoco di barbarie e crudelta'" che ha annegato il Paese "in un lago di sangue".
"L'America, i suoi alleati invasori e tutte le arroganti organizzazioni internazionali hanno subito una netta sconfitta in questa guerra asimmetrica" dichiarano trionfanti gli studenti coranici promettendo di continuare a combattere per la realizzazione di "un sistema islamico puro" e "l'espulsione incondizionata delle restanti forze di invasioni": sono 12.500 i militari americani e di altri Paesi Nato ancora presenti nel Paese.
Non più come forze cobattenti, ma con compiti di addestramento e supporto alle forze di polizia del fragile governo di unità nazionale del neopresidente Ashraf Ghani, ex funzionario della Banca Mondiale e capo di una coalizione nata in coabitazione con l'ex ministro degli Esteri ed ex rivale delle presidenziali del settembre 2014, il tagico Abdullah Abdullah, già braccio destro del comandante Massoud.
I talebani hanno anche ironizzato sul fatto che la cerimonia per la fine della missione si sia svolta in segreto e al chiuso di una base a Kabul, definendola "una chiara indicazione della loro sconfitta e della loro delusione". Il cauto ottimismo di Paolo Gentiloni, espresso stamani a Unomattina, non basta a dissipare i dubbi sulla tenuta di un Paese tuttora spaccato in clan, war lords ed etnie in guerra tra loro, dove anche il controllo del territorio da parte delle forze di polizia e dell'esercito regolari è un obiettivo, fuori dai maggiori centri abitati, lontanissimo dall'essere raggiunto.