Charlie Hebdo: siamo tutti Ahmed Merabet
Il poliziotto di origini arabe freddato dai killer è diventato un simbolo di chi, della religione islamica, non vuole fare strame: #Jesuisahmedmerabet
I am not Charlie, I am Ahmed the dead cop. Charlie ridiculed my faith and culture and I died defending his right to do so. #JesuisAhmed
— Dyab Abou Jahjah (@Aboujahjah) 8 Gennaio 2015
Questo il tweet di uno scrittore libanese che sta facendo il giro della rete francese e che fa riflettere: "Io non sono Charlie. Io sono Ahmed, il poliziotto morto. Charlie ridicolizzava la mia fede e la mia cultura e io sono morto per difendere il suo diritto di farlo".
Ahmed Merabet, 42 anni, poliziotto di quartiere, membro della brigata Vtt del commissariato del XIesimo arrondissement di Parigi, prima ferito e poi giustiziato con un colpo alla testa dai killer mascherati. È lui, ancor di più forse dei vignettisti e dei lavoratori massacrati nella sede di Charlie Hebdo, il simbolo di una guerra unilaterale che i terroristi, cittadini francesi come decine di migliaia di loro coetanei, hanno deciso di scatenare contro l'Occidente, contro la libera stampa, contro chi, dell'Islam, non voleva fare una caricatura, come lo stesso Ahmed o come Mustapha Ourrad, correttore di bozze, musulmano anche lui, ucciso dalla furia degli attentatori qualche mese dopo aver ottenuto la cittadinanza francese.
Sposato, girava in bicicletta, per le strade dell'undicesimo arrondissment, Ahmed. Era il simbolo di una Francia possibile, un Paese che ospita la comunità islamica più grande di tutti i Paesi dell'Unione, con sei milioni di persone per lo più integrate e pacifiche (che - secondo le statistiche - si definiscono non-praticanti nella stragrande maggioranza dei casi), con un migliaio però anche di foreign fighters che sono andati in Siria a combattere sotto le bandiere del Califfato, come i due killer. Ahmed Merabet, 42 anni, poliziotto di quartiere. Era nato a Livry, dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione dell’Île-de-France. Era di origini algerine. #Jesuisahmedmerabet: è l'hashtag che gli hanno dedicato, che conta già centinaia di messaggi, tra cui quelli di moltissimi musulmani. Non solo francesi, ma anche sauditi, palestinesi, marocchini, algerini. Accomunati dalla stessa avversione verso chi, richiamandosi all'Islam, dell'Islam ha fatto strame.