Allarme aggressioni in corsia: esplode la violenza contro medici ed infermieri
Il 2024 si è chiuso con un aumento del 33%, delle aggressioni al personale sanitario e il nuovo anno inizia con una nuova ondata di violenza
Il 2024 si è concluso con un dato allarmante: le aggressioni fisiche e psicologiche ai danni di medici, infermieri e altri professionisti sanitari in Italia sono aumentate del 33%. Un fenomeno che, purtroppo, non si è arrestato con l’inizio del nuovo anno. Il 2025 è partito con una serie preoccupante di attacchi al personale sanitario, segnando un’ulteriore escalation di violenza. A Napoli, nei primi giorni dell’anno, si sono registrati quattro episodi di aggressione negli ospedali cittadini nell’arco di soli sei giorni. Al CTO, un infermiere è stato colpito con un calcio al petto da un uomo durante le operazioni di triage. Al Cotugno, una dottoressa è stata minacciata e aggredita da una donna mentre prestava assistenza a un paziente. All’ospedale San Paolo, un’infermiera è stata minacciata di morte. Episodi di offese e minacce hanno colpito anche gli infermieri del Maresca di Torre del Greco.
Anche nel Lazio, la situazione appare grave. A Roma, presso l’ospedale Pertini, una paziente ha aggredito il personale sanitario con calci e pugni. Sempre nella capitale, il 6 gennaio 2025, nel quartiere Collatino, un uomo di 37 anni ha attaccato con un martello l’autista di un’ambulanza. Infine a Catania, due medici del Policlinico sono stati aggrediti nel reparto di pediatria da un familiare di un paziente.
Le statistiche
Negli ultimi cinque anni, le aggressioni contro gli operatori sanitari in Italia sono aumentate del 38%, con circa 18.000 episodi registrati nell’ultimo anno. Un dato allarmante che ha avuto una particolare incidenza sulle donne, con le infermiere che risultano le più colpite, subendo ben il 76% delle aggressioni. Un fenomeno quello delle aggressioni che non riguarda solo l’Italia, ma riflette un trend in crescita anche a livello europeo (+32%) e mondiale (+39%), evidenziando una vera e propria emergenza globale.
Misure di contrasto
Per affrontare questa crescente minaccia, il governo italiano ha introdotto misure più severe a livello legislativo. Nel 2024 è è stato approvato un decreto legge che prevede una serie di provvedimenti per garantire maggiore protezione ai professionisti del settore sanitario. Tra le principali novità c’è l’introduzione dell’arresto obbligatorio in flagranza per chi commette atti di lesioni personali nei confronti di medici, infermieri e operatori sociosanitari. Inoltre, è previsto un arresto in flagranza differita, entro 48 ore dall’accaduto, a determinate condizioni, per i medesimi reati. Non meno importante è l’introduzione del reato di danneggiamento per i beni destinati all’assistenza sanitaria, che prevede pene da uno a cinque anni di reclusione e multe fino a 10.000 euro.
Sebbene queste soluzioni rappresentino un passo positivo verso la tutela degli operatori, è evidente che le condizioni di lavoro sempre più difficili compromettono la salute mentale degli operatori e una crescente sfiducia nei confronti della sanità pubblica.
«Le aggressioni al personale sanitario continuano ad essere un fenomeno preoccupante e inarrestabile, nonostante le nuove misure deterrenti che, pur utili, si dimostrano insufficienti se non accompagnate da interventi più strutturali»-commenta Pierino Di Silverio Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED sindacato di medici e dirigenti sanitari
Quali sono le cause?
«La prima causa è la crescente mancanza di fiducia dei pazienti nei confronti dei medici e del sistema sanitario. Sempre più spesso, il paziente considera la terapia e la patologia non come un percorso di cura, ma come un bene di consumo da “acquistare” o rifiutare se non risponde alle proprie aspettative. Si arriva al punto in cui il paziente non si rivolge al medico per capire cosa abbia o quale sia la diagnosi, ma per richiedere direttamente un farmaco o una terapia specifica. Quando le sue richieste non vengono esaudite, la frustrazione si traduce in aggressioni verbali o fisiche contro il personale sanitario. La seconda causa, altrettanto seria, riguarda le lunghe liste d’attesa e i tempi estenuanti nei pronto soccorso e in altri presidi sanitari. La maggior parte delle aggressioni si verifica proprio in queste situazioni critiche, con i familiari dei pazienti che, esasperati dall’attesa e dalla percezione di inefficienza, finiscono per reagire in modo violento e incontrollato. Questo mette in evidenza un problema organizzativo che necessita di interventi urgenti e radicali».
Cosa occorrerebbe fare?
«Per affrontare questa situazione, è indispensabile una riforma complessiva della presa in carico del paziente. Il sistema sanitario deve essere in grado di garantire pienamente il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Parallelamente, occorre un maggiore impegno da parte delle direzioni sanitarie generali, che devono assumersi la responsabilità di salvaguardare la sicurezza degli operatori. Questo significa investire in infrastrutture adeguate, prevedere filtri efficaci nei pronto soccorso, aumentare i posti di polizia dedicati nelle strutture sanitarie, migliorare l’organizzazione del lavoro e implementare deterrenti più incisivi.
Infine, è fondamentale che le direzioni generali si costituiscano parte civile in ogni caso di aggressione ai danni del personale sanitario. Questo gesto rappresenterebbe un segnale forte della volontà di proteggere chi opera quotidianamente per garantire la salute dei cittadini e di rendere il luogo di cura un ambiente più sicuro per tutti. Solo attraverso un intervento congiunto e mirato sarà possibile invertire questa tendenza preoccupante e restituire dignità e sicurezza al personale sanitario».