Alexis Tsipras si allea con la destra
Abbraccio con i nazionalisti anti-austerità per formare il governo e prendere in contropiede speculatori e l'establishment filo-Troika
Si è fermato a due seggi dalla maggioranza assoluta, Alexis Tsipras. Per governare, però, e soprattutto per cambiare un Paese e anche, come direbbe il premier Renzi, «cambiare verso» all'Europa, occorrono ben di più dei 151 parlamentari che almeno formalmente sono necessari per far nascere il suo governo ad Atene. Occorre una maggioranza larga, quasi blindata.
Per negoziare meglio in Europa. E occorre che anche all'interno del suo partito tutti siano d'accordo, evitando l'autolesionistico «cupio dissolvi» che è un po' la cifra di tutte le formazioni della sinistra radicale nate dalla confluenza di un gran numero di organizzazioni politiche e sociali come la stessa Syriza. Ricevuto l'incarico, Tsipras punta a formare un governo in tempi rapidi, per sminare il campo dai possibili choc politici e finanziari che potrebbero derivare da un lungo iter di consultazioni. Il primo choc è avvenuto con il crollo della borsa di Atene, ma la partita è aperta.
L'alleato naturale, dal punto di vista ideologico, è il Kke, i comunisti greci, che con i loro 15 seggi controllano il potente sindacato dei metalmeccanici ma che, a differenza di Tsipras, vogliono uscire dall'euro e dalla Nato e hanno già bollato il leader di Syriza come «filoborghese», nonostante abbia iniziato la sua militanza politica proprio nel Kke.
Rimane, per portare avanti una efficace battaglia contro il memorandum che ha strozzato il popolo ellenico, il partito degli Indipendenti greci, Anel, una formazione di destra e nazionalista nata da una costola di Nuova Democrazia che, durante tutta la campagna elettorale, non solo ha mandato segnali di dialogo nei confronti di Syriza ma ha anche adottato una linea chiaramente «anti-austerity». Nel caso che entrino nell'area di governo, con il loro tesoretto di 13 seggi e forti del risultato ottenuto (il 4,75%), come ormai pare evidente, il «nodo» politicamente più intricato riguarda la gestione del dossier immigrazione ma anche quella sui diritti civili, su cui la distanza tra i due partner di governo non potrebbe essere più profonda. Come riusciranno a stare insieme i 149 parlamentari di sinistra di Syriza (una parte dei quali però provenienti dalle fila dei socialisti e dal centrodestra) con i tredici parlamentari di Anel, che del «no» all'immigrazione clandestina e ai matrimoni gay ha fatto una bandiera? Riuscirà il carisma a tenere insieme una maggioranza che giocoforza sarà, su molti punti, e financo dentro il suo stesso partito, più eterogenea di quanto si possa immaginare?
La speranza di Alexis Tsipras è però, soprattutto, quella di costruire un'altra Europa dove anche i rischi e le perdite siano condivise, dove la banca centrale assomigli un po' di più alla Fed americana che stampa moneta per superare la spirale recessiva. Un'Europa a trazione mediterranea, insomma, con i Paesi più indebitati, come la Francia, la Spagna, l'Italia, che facciano fronte comune in Europa con Tsipras per cambiare volto all'Europa e porre fine al lungo ciclo dell'austerity tedesco-centrica. Ci riuscirà? Conviene a qualcuno spingere Atene verso un altro default? Conviene soprattutto ai Paesi prestatori e alle loro banche tedesche e francesi spingere la Grecia verso un altro default che rischierebbe di mandare gambe all'aria tutta l'architettura finanziaria europea? La scommessa di Tsipras è proprio questa: che nessuno, nemmeno Berlino, vuole mettere all'angolo Atene, sapendo che un altro crac avrebbe pesanti ripercussioni anche sui Paesi forti dell'area euro.
Oltre ai Greci indipendenti, che hanno già dichiarato la loro disponibilità a entrare nel governo, Tsipras potrebbe imbarcare qualche altra formazione, come To Potàmi (Il Fiume, centro-sinistra), che ha ottenuto lo 6,05% e 17 seggi e che è guidata da un popolare ex giornalista investigativo molto apprezzato tra gli strati colti e fortemente europeista. Come non è escluso che riesca a fare scouting tra alcuni dei parlamentari del Pasok o tra i comunisti stessi, per allargare la maggioranza. Mai come questa volta il destino della Grecia e quello dell'Europa sembrano irrimediabilmente intrecciati.