L’alluvione annunciata
Gli interventi sul fiume Lamone e la mancata tutela del territorio sono le cause del disastro nel Ravennate, nel 2023 e poi più di recente. Panorama racconta come i rischi erano noti ai vertici regionali e comunali. E come ci fossero risorse per agire. Ma si è preferito fare altro
I governatori piddini dell’Emilia Romagna degli ultimi 15 anni devono essersi sentiti un po’ come Luigi XV quando alla marchesa di Pompadour diceva sprezzante: «Après moi, le déluge», «Dopo di me, il diluvio». E le déluge è effettivamente arrivato con le inondazioni del maggio 2023 e del settembre-ottobre 2024 che hanno provocato danni per oltre 12 miliardi di euro e 17 vittime. Una intera regione sommersa dall’acqua e travolta dalle frane, malgrado la Regione (con la «r» maiuscola in questo caso) ben sapesse i rischi che si annidavano lungo i greti di fiumi all’apparenza tranquilli e dietro le nuvole scure che si addensavano all’orizzonte, soprattutto nel territorio ravennate, uno dei più colpiti dalle alluvioni. È da almeno 13 anni che il governo locale è a conoscenza dei pericoli di esondazione del Lamone ed è da 13 anni che, pur avendo i fondi a disposizione, preferisce galleggiare in un’inutile e dannosa attesa. Panorama ha scoperto, infatti, l’esistenza di una delibera di giunta regionale - la n. 1877 del 2011 - con cui era stata approvata la «Variante cartografica e normativa» alla rete idrografica del Piano stralcio di bacino per il rischio idrogeologico. Un programma di prevenzione che includeva un intervento di contenimento per il corso d’acqua dell’importo di 1,2 milioni di euro per «mettere in sicurezza i territori di Traversara, Villanova e Mezzano», gli stessi poi trasformatisi in una enorme palude un anno fa e ancor più di recente.
La stessa Regione (all’epoca guidata da Vasco Errani) individuava tre elementi di massima allerta: la fragilità degli argini, la presenza di tane di istrici e nutrie e l’espansione della folta vegetazione che avrebbe ostruito il corso delle acque. Per anni, il piano resta tuttavia scritto solo sulla sabbia delle buone intenzioni. Nel luglio 2013, la Regione aveva addirittura confermato l’urgenza di procedere con il consolidamento dell’area attorno al fiume Lamone, ma ne aveva anticipato l’importo a 775 mila euro rispetto alla cifra iniziale di 1,2 milioni. Si legge dalla relazione tecnica allegata alla delibera: «Dalle varie simulazioni condotte emerge che l’intervento di adeguamento del tratto è prioritario per le condizioni di sicurezza degli abitati adiacenti l’alveo. […] Per risolvere la criticità del tratto è necessario il rifacimento della passerella pedonale dell’abitato di Traversara, la cui sezione ristretta impedisce anche l’ampliamento delle sezioni dell’alveo. Per ottenere condizioni di deflusso ottimali nel tratto, anche per portate con tempi di ritorno più elevati, è necessario procedere anche alla sistemazione e adeguamento del tratto a valle, fino al ponte ferroviario Ravenna–Ferrara».
Intanto passano gli anni e l’urgenza viene annacquata fino a diventare una postilla a pie’ di pagina. Tanto che, nel febbraio 2023, la giunta regionale (presidente Stefano Bonaccini, relatrice Irene Priolo, attuale facente funzione e all’epoca delegata alla difesa del suolo) infierisce con un’altra sforbiciata sui fondi dell’opera (delibera n. 195) riducendoli di 933 mila euro per finanziare un’altra infrastruttura nel Parmense. Pessimo tempismo. Tre mesi dopo, si scatenerà uno dei più gravi disastri naturali della recente storia d’Italia. Imprevedibile eppure annunciata. Questo atteggiamento di incauta fiducia nella natura conquista pure il Comune di Ravenna dove la leader del gruppo consiliare «La Pigna, Città-Forese-Lidi», Veronica Verlicchi, per ben due volte, nel 2019 e nel gennaio 2023, deposita una mozione in consiglio comunale per impegnare il sindaco Michele De Pascale (oggi candidato governatore del campo largo di sinistra) a «realizzare una mappatura e un monitoraggio sul rischio alluvione e dissesto idrogeologico» e «a definire un piano di interventi con indicazione di costi e priorità, finalizzato a eliminare i rischi più alti e probabili di alluvione e di dissesto idrogeologico». In entrambe le occasioni la mozione viene bocciata dal primo cittadino Pd e dalla maggioranza con la stramba motivazione che, in caso di alluvione, «si allagherebbero solo Faenza, Cesena, Forlì e non Ravenna» e che, comunque, «il territorio comunale è in sicurezza».Spiega oggi al nostro settimanale la Verlicchi: «Nel luglio scorso, ho inviato un dettagliato e corposo esposto alla Procura della Repubblica di Ravenna segnalando i notevoli ritardi nella diffusione delle informazioni del pericolo alla popolazione». E aggiunge: «Ho denunciato le mancate manutenzioni degli alvei e degli argini dei fiumi che percorrono il territorio comunale, l’idrovora Canala non funzionante, che ha causato l’allagamento della località di Fornace Zarattini, l’assenza al momento dell’alluvione nel magazzino comunale di sacchi di sabbia, brandine e attrezzature e le evidenti carenze del piano comunale di protezione civile». «L’Emilia Romagna può contare ogni anno su 13 miliardi di euro di risorse», conclude la capogruppo. «In 13 anni dal 2011, la Regione ha potuto contare su 169 miliardi di euro, ma non ha voluto realizzare l’intervento urgente su Traversara, che costa solo 1,2 milioni di euro».È vero che «tutto scorre», ma fino a un certo punto.