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Alzheimer: perché la sonnolenza diurna è un campanello d’allarme

Ricerca dimostra che dormire di giorno per carenza di sonno aumenta e accelera la formazione delle placche amiloidi

Quella voglia di schiacciare un pisolino durante la giornata, se capita spesso, o l'improvviso calare delle palpebre, causa carenza di sonno, quando il sole è ancora alto sull'orizzonte, potrebbe essere l'indicazione di essere a rischio di svilupparel'Alzheimer.

Attenzione, niente allarmismi: la pennichella non fa male alla salute del cervello, ma se dettata dal bisogno di recuperare il sonno notturno, allora significa che è proprio la qualità di quest'ultimo che è alterata e, questo sì, è un fattore che incide sul progredire della malattia.

Un gruppo di ricerca della Mayo Clinic (Minnesota) ha infatti confermato, con uno studio appena pubblicato su Jama Neurology, che chi soffre di sonnolenza diurna presenta un maggiore e più veloce accumulo di proteina beta amiloide nel cervello, quella che forma le omonime placche che a loro volta distruggono le sinapsi cerebrali.

Processo o elogio della siesta?

I neurologi, sulla base di numerosi studi, da tempo concordano che dormire un paio d'ore nel pomeriggio aiuta a prevenire o quantomeno a rallentare l'insorgenza dell'Alzheimer: infatti, durante il sonno, il cervello si ripulisce dai depositi di beta amiloide.

Perciò, aggiungere altri momenti di riposo per la nostra materia grigia durante la giornata, oltre a quello notturno, consente di darle ulteriore tempo per disintossicarsi dall'accumulo delle proteine nocive: un'abitudine virtuosa, dunque, ma solo se la notte si dorme bene.

Alzheimer e disturbi del sonno

È stato infatti ormai acclarato da diverse ricerche scientifiche che le persone con Alzheimer hanno una cattiva qualità del sonno: si svegliano spesso durante la notte e non riescono a godere appieno di una buona dormita rigenerante.

Tuttavia, non è ancora chiaro se sono le placche amiloidi a indurre le interruzione del sonno o se viceversa dormire male e poco ne contribuisce alla formazione.

L'Alzheimer è una malattia complessa, di cui non si conoscono ancora con precisione le singole cause: c'è una componente genetica, ma anche processi biologici legati all'invecchiamento e scorrette abitudini (come andare a letto tardi e svegliarsi presto) possono contribuire all'insorgere e all'accelerare la perdita di memoria.

I risultati dello studio

I ricercatori americani hanno così deciso di indagare quanto la sonnolenza diurna, causata dal mancato o frammentato sonno durante la notte, possano influire nel processo degenerativo delle cellule cerebrali.

Per sette anni sono stati seguiti 283 individui over 70 e senza segni di demenza senile: a ciascuno è stato chiesto, periodicamente, di compilare un questionario sulle proprie abitudini ed eventuali problemi legati al sonno. Ogni volta è stata anche eseguita una diagnostica a immagini sull'encefalo degli individui.

Il 22% dei soggetti ha riferito di avere spesso sonnolenza durante il giorno e, comparando le analisi degli esami eseguiti, è emerso che proprio chi era più afflitto da questo problema all'inizio dello studio ha mostrato di incrementare più rapidamente e in maggior quantità le placche amiloidi man mano che il test proseguiva negli anni.

Non solo: le immagini hanno evidenziato che l'accumulo di proteine era maggiore nella corteccia cingolata anteriore e posteriore, due aree del cervello tipicamente colpite dall'Alzheimer.

?Abbiamo visto che la sonnolenza diurna provoca una maggiore deposizione di beta amiloide, influenzandone anche la velocità di accumulo nel tempo? dicono i ricercatori.

Perché lo studio è importante

?Ci auguriamo che questa ulteriore prova faccia capire quanto avere una buona qualità del sonno sia salutare per il cervello? affermano gli scienziati.

Poiché la formazione delle placche avviene decenni prima della comparsa dei sintomi di declino cognitivo, i ricercatori ammoniscono quindi chi soffre di insonnia o altri disturbi simili di intervenire subito per risolvere tali problemi e in generale indicano, per tutti, di adottare stile di vita e abitudini, il prima possibile, atti a preservare una buona qualità del sonno sin da giovani.

Per saperne di più:

  • Alzheimer e disturbi del sonno: perché c'è un legame

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Angelo Piemontese

Sono nato a Pavia dove mi sono laureato in Fisica. Attratto dall'intrigante connubio tra scienza e scrittura, ho quindi conseguito la specializzazione post accademica in giornalismo scientifico e ho collaborato con le principali riviste del settore, soprattutto in ambito astronomico. Racconto le meraviglie del cielo con i piedi ben piantati a terra, ma anche storie di scienza, medicina e natura.

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