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(Ansa)
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Non tiriamo (ancora) Anna Frank per la giacchetta

Nella settimana in cui si fa memoria dell’olocausto, riscopriamo il diario della giovane Anna Frank, ragazzina olandese capace di scrivere pagine di bellezza, di speranza e di paura dalla sua soffitta. E che proprio 80 anni fa smise di scrivere, strappata al suo diario

Ottanta anni fa Anna Frank è stata scoperta e prelevata dal suo nascondiglio segreto e, da allora, non ha più scritto una pagina, costretta alla detenzione e alla morte nel campo di concentramento di Bergen Belsen. Anna Frank e il green pass. Anna Frank e i nostri giovani d’oggi che non scrivono più. Anna Frank e la sua effigie usata come insulto razziale nelle peggiori curve degli stadi italiani, e non solo. Ora Anna Frank a Gaza.

In questi giorni c’è chi manifesta disagio nel fare memoria dell’Olocausto senza - si badi bene - volerlo ridimensionare, ma per la parentela che, a parti invertite, si ravvisa con ciò che sta accadendo, da quattro mesi ormai, in Palestina. Si tratta di posizioni critiche, non banali, che in quanto tali non vanno ridotte o semplificate: sono scrupoli di coscienza, sono dubbi atroci, sono tarli che fanno riflettere. Inoltre ciò che è stato ha riflessi nel presente, e ciò che è accaduto può ripetersi, per cui la storia può certamente essere una chiave interpretativa utile e preziosa.

Attenzione, però, a non correre il rischio di cedere alle lusinghe dell’interpretazione dell’eterno presente, così scivoloso e ambiguo, perdendo di vista il passato che invece ha la caratteristica unica di avere una sola direzione. Dà torto e dà ragione.

Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria ed è dedicato a ciò che l’uomo del Novecento ha costruito, ha compiuto, ha subìto. Onorare questa ricorrenza non significa soprassedere a processi politici e militari del presente, ma cercare di lasciare a quel giorno la sacralità che ha tristemente meritato, facendo memoria, invitando a conoscere e, per farlo, studiare investendo tempo e dedizione. Per le questioni geopolitiche dei nostri giorni c’è il 26 gennaio e ci sarà il 28.

Ecco, in un’epoca come la nostra, in cui attenzione e cura cedono il passo al sensazionalismo e al tutto-subito, è decisivo non perdere contatto con il dato storico, con il contesto originale, con ciò che è stato. E ricordare significa scavare, studiare, sforzarsi di capire: certo c’è anche la componente emotiva, e l’emotività è sempre sollecitata in questa ricorrenza con film d’autore e storie terribili e vere che meritano di essere conosciute e dalle quali ci si può far portare per un giorno, per una sera. Ma non basta, perché serve alternare evocazione artistica a ricerca storica.

Ricordiamo esemplarmente Anna Frank, quindi, facendo lo sforzo storico di ritrovarci nella Amsterdam degli anni ’40 del secolo scorso, alla prese con il diario di Anna la ragazzina, ripensando e rivivendo il suo nascondiglio segreto, quello che poi, una mattina dell’agosto 1944, segreto non fu più. Facendo di Anna Frank una deportata e, di lì a qualche mese, una giovane morta.

Anna Frank si ricorda leggendo le centinaia di pagine del suo diario, semplici e profonde insieme, ma anche – ad esempio – ascoltando la splendida “Annie, Hannah” di Lucia Miller. Chiudendo gli occhi, o seguendo il testo durante il brano, si farà la più rispettosa, gioiosa e malinconica memoria possibile di Anna, dei suoi sogni che si sarebbero infranti, del suo sentirsi viva anche in mezzo alla tragedia.

Così, senza distorcerla per farla rientrare nella cronaca di questi mesi, Anna Frank ci dirà qualcosa della speranza di un’adolescente, della bruttura dell’irragionevolezza, dello sconvolgimento della guerra, ma anche dell’incomunicabilità tra genitori e figli, perché anche nell’indigenza si discute, si litiga. E del motivo per cui il 27 gennaio vale la pena ripensare al nostro amato, spietato, luminoso, sanguinario, scintillante e atroce Novecento.

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Marcello Bramati