- Qual è la verità, una tra quelle periziali, giudiziarie, oppure quelle più amplificate mediaticamente e condivise sui social network?
- Missile? ordigno? battaglia aerea? l’abbattimento del DC9 Itavia resta avvolto dall’incertezza. Con opposti esiti giudiziari che accentuano il senso di ingiustizia.
Quarant’anni da quando il DC-9 dell’Itavia, volo IH-870 Bologna – Palermo, precipitò nel Tirreno a 116 km da Ustica uccidendo 81 persone. Un tempo abbastanza lungo perché intere generazioni abbiano ormai perso ogni speranza sull’idea di arrivare alla verità. Ma quale verità, una tra quelle periziali, giudiziarie, oppure quelle più amplificate mediaticamente e condivise sui social network?
Difficile capire oggi tra tesi suggerite da concretezze che non si vogliono più considerare, perdendosi tra le divergenze degli esperti e gli scenari basati sul sospetto di una battaglia aerea che si vuole a tutti i costi vera, soprattutto da chi ha sentimenti anti-atlantici. Ci sono migliaia di pagine prodotte nei dibattimenti che producono verità in contrasto tra loro e un oceano di disinformazione, che spinge a una disperata ricerca di qualcosa di nuovo su cui ricominciare a nutrire sospetti, sia quella l’intervista a un marinaio della portaerei che forse neppure era in zona, il quale non ricorda la data esatta in cui vide, sempre forse, degli aerei rientrare senza armamento, Oppure come accaduto soltanto qualche giorno fa con lo spuntare presso la Rai di un miglioramento di quanto ottenuto dalla lettura del registratore dei suoni nella cabina del DC-9 dell’Itavia, nastro nel quale si fa emergere che quel «Gua…» pronunciato dal copilota Enzo Fontana sia in realtà un «Guarda, cos’è?». E su questo via alle supposizioni e ai palinsesti tv. Neppure fosse una frase rara se detta da un pilota e non, invece, qualcosa che i piloti si chiedono spesso quando osservano il mondo attraverso i finestrini della cabina.
Il punto è che da un lato pur di strappare ascolti in televisione e mostrarsi vicini ai parenti delle vittime si cerca qualcosa a orologeria, e dall’altro non si accetta – esattamente come nel caso di altri casi giudiziari italiani – che qualche grave errore nelle indagini sia stato effettivamente commesso, peraltro in un periodo caldo della nostra storia nazionale nel quale le pressioni sui chi indagava abbondavano. Non soltanto per l’epoca degli anni di piombo, ma anche per la situazione geopolitica del momento, con i missili americani da piazzare Comiso, i rapporti tesi con Libia, Usa e soprattutto per il supporto che Gheddafi stava dando alla causa palestinese.
Uno studente che oggi voglia addentrarsi nella conoscenza di questa vicenda avrebbe a disposizione una mole di materiale enorme: perizie, controperizie, testimonianze, libri bianchi, matrici sulla compatibilità del relitto con l’evento ipotizzato (cedimento strutturale, bomba nella zona della toilette, onda d’urto, missile di vario tipo), ipotetiche-boutade di ex presidenti della Repubblica come quella di Cossiga (i francesi, con un missile). Uno storico avrebbe il problema di distinguere quali siano i fatti dimostrati oggettivamente con prove reali da quelli dedotti dalle supposizioni dopo anni di amplificazione delle tesi più utili, comode o scomode, più o meno remunerative secondo i casi.
Il restauro della Dc9 Itavia

Itavia DC-9 airplane restored




