Attentati a Bruxelles: l'artificiere era un carceriere dell'Isis
Diversi testimoni detenuti in Siria nel 2013 hanno riconosciuto Najim Laachraoui. Intanto gli inquirenti ricostruiscono la fuga dall'aeroporto di Abrini
Najim Laachraoui, l'artificiere della cellula jihadista responsabile delle stragi del 13 novembre a Parigi e del 22 marzo a Bruxelles, uno dei due kamikaze che un mese fa si fecero saltare in aria all'aeroporto di Zaventem, è stato identificato come carceriere di stranieri in Siria per conto dello Stato Islamico da diversi cittadini francesi che furono tenuti in ostaggio in quel Paese fra il 2013 e il 2014: lo hanno riferito fonti riservate vicine all'inchiesta, secondo cui quattro degli ex prigionieri, i giornalisti Didier Francois, Pierre Torres, Edouard Elias e Nicolas Henin, hanno affermato che il loro aguzzino si faceva chiamare Abu Idriss. Henin in particolare ha "identificato formalmente" quest'ultimo come Laachraoui: a renderlo noto è stata il suo avvocato, Marie-Laure Ingouf, confermando così le indiscrezioni già apparse su alcune testate quali Le Parisien e Le Journal du Dimanche.
La doppia vita
Abu Idriss era anche il nome di battaglia con cui era noto l'estremista responsabile della preparazione di cinture esplosive e ordigni per gli attentati. Più le indagini si approfondiscono, più la figura di costui appare tanto poliedrica quanto sfuggente: nato in Belgio nel 1991 ma di origini marocchine, Laachraoui si è diplomato in un liceo cattolico, è stato studente della facoltà di Ingegneria, per due volte lavoratore stagionale presso il Parlamento Europeo (nel 2009 e nel 2010), poi per cinque anni e fino al 2012 dipendente proprio delle scalo aeroportuale belga.
Partito per la Siria nel 2013, era ricercato già dal 2014 per reclutamento di "foreign fighters". Se ne persero tuttavia le tracce fino allo scorso settembre, quando ne fu controllata l'identità al confine tra Ungheria e Austria: esibì un documento falso intestato a tale Soufiane Kayal.
L'uomo con il cappello
E ci sono novità anche a proposito di Mohamed Abrini, più noto come l'uomo con il cappello, cioé il terzo jihadista ripreso dalla telecamere di sorveglianza dell'aeroporto di Zaventem il 22 marzo scorso, si sarebbe dovuto far saltare in aria insieme ai due kamikaze avvistati accanto a lui, Ibrahim El Bakraoui e Najim Laachraoui: una serie di imprevisti però alla fine glielo impedì, inducendolo invece a darsi alla fuga, solo per essere catturato l'8 aprile scorso durante un'operazione anti-terrorismo ad Anderlecht, sobborgo sud-occidentale di Bruxelles. È quanto afferma il quotidiano'La Derniere Heure, secondo cui Abrini intendeva essere il secondo ad azionare il detonatore. La violenza della deflagrazione provocata dal primo dei suoi complici lo colse tuttavia di sorpresa, tanto che l'onda d'urto lo scaravento' a diversi metri di distanza dal carrello per i bagagli sul quale aveva sistemato il proprio borsone-bomba.
Il piano fallito
Nel frattempo era dilagato il panico, e gran parte di coloro che fuggivano travolsero letteralmente Abrini, il quale si vide sospinto ancora più lontano. A quel punto, anche perché ben consapevole che un altro jihadista si sarebbe immolato entro pochi istanti, decise presumibilmente che sarebbe stato inutile insistere e rischiare magari, in una situazione divenuta tanto caotica, di compromettere l'azione: e si avviò verso l'uscita, allontanandosi. Non scelse quindi di desistere (è quanto fece per contro il 13 novembre a Parigi il suo compagno Salah Abdeslam), come sembra abbia sostenuto sotto interrogatorio, bensì vi fu di fatto costretto.
Tra gli altri elementi ricavati dagli inquirenti attraverso l'esame delle immagini registrate, si sa che il terzetto appena entrato nello scalo non si mosse per colpire a caso, ma studiando prima attentamente il bersaglio: i jihadisti si fermarono infatti a osservare il tabellone delle partenze, e quindi scelsero di avviarsi verso i banchi del check-in per i voli con destinazione Israele, gli Usa e la Russia. Uno di loro si mise addirittura a correre pur di arrivare per tempo alla coda dei passeggeri in procinto d'imbarcarsi su un aereo con destinazione lo Stato ebraico. È dall'analisi dei filmati che gli artificieri riuscirono poi a localizzare l'esplosivo abbandonato da Abrini, e a farlo brillare. Quanto riferito dal giornale non è stato confermato ma nemmeno smentito dalla Procura Federale, che si e' comunque rifiutata di divulgare qual siasi dettaglio. (AGI)