Ballottaggi 2016: tutte le insidie per Matteo Renzi
Ogni città nasconde un rischio. Senza contare l'astensione e una probabile alleanza tra la destra e il Movimento Cinque stelle
Houston, abbiamo un problema. Niente sbarco sulla Luna, almeno per il momento, per il capitano della nave spaziale Pd, Matteo Renzi.
È vero che il Presidente del Consiglio e segretario del Pd, astutamente, aveva più volte dichiarato che questo passaggio elettorale non avrebbe avuto conseguenze per l’operato del suo esecutivo e che tutta la posta in gioco l’avrebbe puntata sulla ruota del Referendum Costituzionale. Tutto vero, fatto sta che qualche anomalia alla macchina le elezioni del 5 giugno l’hanno segnalata.
I problemi, infatti, sono tutti interni al partito e i risultati delle cinque maggiori città italiane sono una rappresentazione plastica di un Pd che rischia di finire come l’Armata Brancaleone alle Crociate.
Torino
Dopo ben tre lustri di vittorie al primo turno, Piero Fassino, il sindaco un po’ renziano ma anche no, è riuscito nell’impresa di portare al ballottaggio la corsa alla poltrona di primo cittadino. Per onestà intellettuale, grossa parte del merito è da attribuire alla concorrente del M5S, Chiara Appendino, che ha fatto breccia nella Torino operaia e imprenditoriale. Ma qualcosa vorrà pure dire.
Milano
È il risultato più disastroso. L’uomo di Expo, Giuseppe Sala, avrebbe dovuto vincere a mani basse e i sondaggi di qualche settimana fa lo confermavano, e invece Stefano Parisi è riuscito in un vero e proprio miracolo ottenendo un pareggio. Non solo, ma, a completare l’opera, in cinque dei nove Municipi milanesi ha vinto il centrodestra. Solo cinque anni fa il centrosinistra arancione di Giuliano Pisapia fece l’en plein. Come dilapidare in poco tempo una cospicua eredità. Per Parisi, invece, comunque vada il ballottaggio sarà un successo.
Bologna
La Lega, con Lucia Borgonzoni, ha portato al ballottaggio il sindaco uscente del Pd, Virginio Merola. A sentire i bolognesi, il risultato del Pd è fin troppo generoso vista la pessima gestione della giunta uscente.
Roma
È vero, Roberto Giachetti ha fatto un mezzo miracolo come ha sostenuto lo stesso Renzi. Ma, quel mezzo miracolo, è il risultato di un suicidio del centrodestra che suicidio forse in realtà non è. Nella situazione attuale governare la Capitale è un vero e proprio salto nel buio per le vecchie coalizioni dopo le disastrose gestioni degli anni passati. Al contrario per Virginia Raggi e il M5S, che non hanno nulla da perdere, può rappresentare il banco di prova verso Palazzo Chigi.
Napoli
Last but not least c’è Napoli. La candidata renziana, Valeria Valente, che alle primarie aveva sconfitto tra le polemiche e i voti comprati, Antonio Bassolino, è stata così disastrosa che quasi quasi si merita una poltrona a Roma. Nel frattempo Matteo ha annunciato che commisarierà il partito partenopeo. In fondo anche quello romano era stato commissariato ma il risultato non si è visto. Il sindaco uscente De Magistris, il superstite arancione, ha vinto la sua personale battaglia contro il Capo del Governo.
Per completare il quadro ci sono altri segnali che non incoraggiano il Nazareno. Sala e Giachetti hanno raccolto voti a Milano centro e Roma centro come a dire nella sinistra chic di dalemiana memoria, quasi una nemesi per Matteo. Per concludere con l’affluenza, che è sempre stata l’arma vincente della sinistra, e che questa volta ha colpito proprio il Pd, vorrà pure dire qualcosa.
Archiviati i risultati del primo turno, i ballottaggi potranno regalarci altre sorprese perché rappresentano una storia a parte e tutto può essere sovvertito e fra quindici giorni saremo qui a raccontare tutta un’altra situazione. Tuttavia, c’è un’ultima mossa che può dare scacco matto al Re.
Se i nemici di Matteo Renzi dovessero coalizzarsi in maniera silente, il risultato delle elezioni amministrative del 19 giugno, potrebbero passare alla storia come la nuova Waterloo (per la cronaca avvenuta il 18 giugno 1815) per il nostro giovane Napoleone e allora sì che il Pd farà la fine dell’Apollo 13.