L'ispettrice del video su Leonardo ha fatto il suo dovere e va difesa
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L'ispettrice del video su Leonardo ha fatto il suo dovere e va difesa

Insulti e minacce sul web per la poliziotta di Padova, ma quel "lei non è nessuno" detto alla zia del bambino era giusto

Ma che paese è mai questo? Un’ispettrice di polizia viene minacciata e insultata sui social network per aver fatto il suo dovere. Basta, va difesa. Va detto con chiarezza che si è comportata come doveva, meglio di come si sarebbero comportati tanti altri, poliziotti o comuni cittadini, nella stessa situazione. E certo meglio della sua interlocutrice, con maggiore rispetto e sensibilità anche verso il bambino “conteso”.

Parliamo del video di Leonardo, 10 anni, preso a forza nella sua scuola a Padova e trascinato dentro un’automobile non abbiamo capito se dal padre, dai poliziotti, dallo psichiatra o da tutti insieme, con fatica ma anche con determinazione (troppe volte ci avevano provato “con le buone” e avevano dovuto desistere). Quella funzionaria viene ora impiccata al capestro del web per aver pronunciato una frase (“Sono un’ispettrice di polizia, lei non è nessuno”) che troppo spesso siamo stati abituati a collegare a ostentazioni d’autorità, ma che in quel frangente aveva tutt’altro spirito e significato rispetto all’odioso “lei non è nessuno” del prepotente di turno.

I prepotenti erano piuttosto i parenti di Leonardo, non lei.

I poliziotti eseguivano un ordine della magistratura che affidava Leo al padre. La zia e il nonno di Leonardo, invece di render tutto più semplice al nipote, si sono opposti con tutte le forse. Nel video si sentono insulti contro i poliziotti: “figli di puttana!”, “bastardi!”, “finirete in televisione!”, “Andrete in galera!”. Nel video l’ispettrice non tocca il bambino, è la più alta in grado e controlla, cerca di tenere a bada i parenti. Poi, quando Leo è stato già portato via, si mette le mani sui fianchi, è provata. Risponde con affanno alla zia. Si capisce benissimo che con la frase “incriminata” tenta solo di chiudere, senza insulti e senza urla, ma dopo aver subito insulti e urla senza far valere lo status di pubblico ufficiale, un dialogo che non sarebbe mai dovuto cominciare. Io la vedo così: è anche lei una madre di famiglia, è una poliziotta che ha dovuto eseguire un ordine complicato, ed è consapevole di quanto sia stato triste, quanto pesante per tutti dover fare quel che è stato fatto, dover affrontare una situazione resa ancora più drammatica dalla reazione di quella zia che per amore di Leo avrebbe dovuto tranquillizzarlo e all’invocazione “Zia, come faccio?” avrebbe dovuto dirgli di fare quello che gli dicevano, andare col padre, avrebbe dovuto facilitare il compito dei poliziotti anche contro i propri sentimenti, pensare soltanto a Leo, fargli vivere nel modo meno traumatico possibile la separazione.

L’ispettrice, dopo gli insulti e la concitazione di tutta l’operazione, invece di trattar male la zia di Leo che insiste, che chiede se l’esecuzione non sia stata sospesa, le risponde, le spiega che no, è stata respinta la sospensiva, “altrimenti che cosa ci faremmo qui, le pare?”. Continua a darle del “lei”, la tratta con rispetto, non alza la voce. Come ci saremmo comportati noi? Avremmo mantenuto la calma? E quando la zia di Leo insiste, l’ispettrice correttamente le spiega: “Non sono tenuta a dirle nulla”. La frase subito successiva è quel “Sono un’ispettrice di polizia, lei non è nessuno”. Una frase che per chi guarda il video senza pregiudizi significa semplicemente che un pubblico ufficiale che esegue un ordine del giudice non è tenuto a fornire dettagli a chi non è “nessuno”, cioè a chi non ha “nessun” titolo per pretenderli.

L’ispettrice avrebbe potuto evitare a Leonardo quel trauma? Non più di quanto non l’abbiano evitato il padre, la madre, la zia, il nonno, il maestro, lo psichiatra. Sui social network e in telefonate anonime al 113 viene ora definita “un’invasata” e minacciata di morte. Merita la nostra solidarietà. In che paese viviamo? Io credo che lei per prima si sia chiesta se avrebbe potuto fare qualcosa di più e di meglio per evitare quel trauma a Leo. Il padre, la madre, la zia, il nonno di Leonardo se lo sono chiesto? Anzi: se lo stanno chiedendo?  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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