"Sfortunati ma di talento: il 2022 del tennis italiano"
Paolo Bertolucci alla vigilia delle ATP Finals in cui gli azzurri mancheranno: Berrettini, Sinner, Musetti le tre punte, la collezione di infortuni ma anche il sogno di tornare a vincere la Coppa Davis
Una settimana con i maestri, ma senza italiani, e una tutta colorata d'azzurro a inseguire il sogno della Coppa Davis che il nostro tennis ha conquistato una sola volta (1976) in 122 anni di storia. Il 2022 delle racchette è arrivato al momento del bilancio. C'è stata sostanza per il nostro movimento, anche se meno rispetto al 2021 dell'esplosione di talenti e speranze. C'è stata anche tanta sfortuna, sotto forma di un peregrinaggio senza fine tra campo e infermeria simboleggiato dai continui stop di Matteo Berrettini e Jannik Sinner, i nostri uomini copertina. E' soprattutto per questo che non portiamo nessuno nell'élite delle ATP Finals a Torino (13-20 novembre) dove un anno fa c'era Berrettini, con grandi speranze, e poi Sinner quando il numero uno tricolore aveva dovuto salutare per problemi muscolari. Il preludio di quella che sarebbe stata la stagione tormentata.
Paolo Bertolucci è voce storica di Sky Sport che copre integralmente la settimana delle ATP Finals da Torino con programmazione dedicata su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e in streaming su NOW, oltre ad aggiungere due programmi speciali di racconto di personaggi del tennis come Roger Federer ("Ho visto un re" del ciclo l'Uomo della Domenica di Giorgio Porrà) e Jannik Sinner ("Jannik oltre il tennis", confronto con il direttore di Sky Sport Federico Ferri). Ed è anche uno dei magnifici dell'era d'oro del tennis azzurro che portò in dote la Coppa Davis del 1976 e tanto altro e che è rimasta senza emuli per quasi mezzo secolo prima che arrivassero i ragazzi del Duemilaventi.
Paolo, cominciamo dalle ATP Finals senza azzurro. Che sensazione lascia?
"Sono una piccola delusione perché l'anno scorso ne avevamo due ed eravamo sulle ali dell'entusiasmo, pensavamo che la situazione si sarebbe confermata o almeno di averne uno".
Invece?
"E' mancata la salute. Quando hanno giocato hanno avuto buoni risultati, ma se salti tanti tornei ti mancano i punti per qualificarti alla settimana delle finali ed è andata così".
In un'era felice del tennis italiano come quella che stiamo vivendo, la speranza è che sia un'anomalia
"Sarei sorpreso se l'anno prossimo non li ritrovassero. Hanno accusato problemi praticamente in tutte le parti del corpo, cominciando dalle caviglie e arrivando al torcicollo; sono stati precisi nella sfortuna. Mi auguro che abbiano pagato a sufficienza e che possano fare una buona preparazione in vista del prossimo anno".
Il 2022 del tennis italiano in un aggettivo?
"Positivo perché a livello di appuntamenti abbiamo incrementato il numero di tornei che ospitiamo aggiungendo Napoli e Firenze e perché Musetti si è avvicinato a SInner e Berrettini: adesso il tennis italiano ha tre punte di diamante, e con le Next Gen abbiamo visto che dietro ci sono ragazzi di buon livello. E' tutto il movimento, sia organizzativo che tecnico, a muoversi verso l'alto".
Sinner ha fatto un investimento o un salto nel buio cambiando guida tecnica?
"Ha preso una decisione pesante, però ha dimostrato di avere gli attributi e di non avere paura o tentennamenti. Ha pensato fosse arrivato il momento di staccarsi dal nucleo familiare tennistico e di formarne uno tutto nuovo per proiettarsi più in alto. E' una scommessa, spero ponderata, e i risultati li vedremo il prossimo anno".
Berrettini rimpianto o conferma?
"Un peccato assoluto. Prima di Wimbledon, quando era al massimo, è incappato nel Covid e da lì non si è più ripreso. Spero che anche lui si sia ripulito e possa ripartire a mille".
La Coppa Davis che a Malaga chiuderà il 2022 quanto incide nel bilancio del tennis italiano?
"Vale perché l'abbiamo vinta una sola volta in 122 anni ed è una competizione alla quale l'Italia ha sempre tenuto. E' cambiata, è rimasto solo il nome ma siamo tra le prime otto. E' un terno al lotto. Il doppio incide per il 33% e secondo me è troppo, ci può essere una squadra con un solo singolarista e un buon doppio che si laurea campione del mondo e questo non è giusto".
Venendo alle ATP Finals, sono uno scontro tra generazioni?
"Sì però le generazioni sono tre. Ci sono i vecchi come Djokovic e Nadal, gli intermedi come Tsitsipas e poi quelli nuovi. Mancano Zverev e Alcaraz causa infortuni, ma il tennis ormai richiede una spesa fisica e mentale pazzesca e i problemi sono più frequenti e gravi rispetto ad un tempo e quindi bisogna farci conto".
Come sta Nadal?
"Nella settimana a Parigi (Bercy ndr) non mi è sembrato in buone condizioni. Spero sia salito molto".
Djokovic?
"Se è a posto è ancora il numero uno su questa superficie".
Medvedev?
"Con tutte le cose al posto giusto potrebbe essere il primo rivale del serbo".
Il tennis di oggi ti piace?
"E' diverso, è più fisico e mentale. Non mi va di scendere troppo sulla parte tecnica, mi piace molto di più scendere sul contrasto psicologico tra due atleti in assenza di contatto fisico, lo studio e la capacità di leggere i movimenti e il linguaggio del corpo dell'avversario per poi decidere cosa fare".
Si è ritirato Federer, Nadal e Djokovic non sono eterni: il tennis è pronto a fare a meno di loro?
"Il tennis è sempre stato capace di rigenerarsi. Ricordo quando ha smesso Lever, poi Borg, poi Federer... Verranno fuori nomi nuovi e diversi. Ogni volta che si ritira un campione epocale si piange e ci si chiede come si andrà avanti, ma il tennis è uno sport ricco in cui si tuffano in tanti, in tutte le parti del mondo, e questo significa alzare l'asticella per emergere ma consente di avere sempre un ricambio. Quello che fa ridere è cercare sempre un "nuovo" Federer o Nadal: non esiste e non esisteranno. Ci sarà qualcuno che sarà se stesso, non una copia di uno dei giocatori che hanno scritto la storia del tennis".
Quindi quando ti dicono che adesso ci sono i "nuovi" di quella generazione, metti tu il nome?
"Anche no, grazie".