Bocci, il vero influencer della Sanità in Umbria
Potere, interessi e caduta di Bocci, segretario regionale del PD personaggio centrale dell'inchiesta
La Chiesa del silenzio è tornata. Crollata l’Unione Sovietica, non se ne sentiva la mancanza. Ma è tornata lo stesso e lo ha fatto in Umbria, dopo che i vertici del Pd locale sono finiti agli arresti domiciliari nell’inchiesta sui concorsi truccati nella sanità, mentre la presidente Catiuscia Marini è stata costretta a dimettersi per un avviso di garanzia. Ma soprattutto, dopo che è caduto un pezzo da novanta come Giampiero Bocci, segretario regionale del Partito democratico, ex deputato di lungo corso fin dai tempi del Ppi e della Margherita, ex sottosegretario agli Interni, inamovibile, in tutti e tre i governi di centrosinistra della scorsa legislatura.
In una regione come l’Umbria, dove ci sono più logge massoniche che in tutto il Piemonte, Bocci è il pupillo del cardinal Gualtiero Bassetti, che unisce alla carica di vescovo di Perugia quella di presidente della Cei, per volontà di Papa Francesco. E forse non è un caso che almeno fino alla vigilia di Pasqua, Bassetti si sia ben guardato dal dire una sola parola sugli arresti. Pecorelle smarrite, pastore muto.
L’inchiesta che ha accelerato la Passione del Pd umbro conta 35 indagati e ha portato agli arresti domiciliari non solo Bocci, ma anche i suoi uomini più fedeli come Luca Barberini, rampante assessore alla sanità, Emilio Duca, direttore dell’azienda ospedaliera di Perugia e Maurizio Valorosi, responsabile amministrativo. L’indagine condotta dalla Guardia di finanza ipotizza vari reati, tra i quali il falso ideologico, la rivelazione del segreto d’ufficio, il favoreggiamento e l’abuso d’ufficio. Marini guidava l’ala rossa, ma l’ala bianca del Pd umbro era guidata da Bocci, 56 anni portati alla democristiana, cioè da nato vecchio, sindaco del suo paese, Cerreto di Spoleto, a soli 22 anni. Uno che a neppure trent’anni già si alternava tra Asl e comunità montane. Trombato alle ultime politiche, Bocci vince le primarie umbre a Natale, battendo nettamente il mite (e non clientelare) Walter Verini. E lo fa partendo proprio dal suo feudo nella sanità. Con la nomina a segretario, Bocci sigla la pace con la Marini e tutto sembrava preludere, alla scadenza naturale del 2020, alla candidatura dello stesso Bocci come nuovo presidente. Ma la magistratura locale ha scombussolato i piani. E Zingaretti ha commissariato il partito, scegliendo proprio Verini.
Nelle 489 pagine della richiesta di misure cautelari ci sono vari omissis, piazzati dove l’inchiesta sembra salire di livello, dove si abbozza la descrizione di «un sistema» e probabilmente si parla anche di appalti.
Un passaggio inquietante è quello che sembra confermare l’idea che l’Umbria sia un posto dove per oltre mezzo secolo hanno comandato il partitone rosso, la massoneria e, in un piccolo recinto ben delimitato e consenziente, la Chiesa cattolica. La sintesi spunta dal telefonino di Duca, il direttore degli ospedali di Perugia, in un momento di sconforto: «La gastroenterologia va chiusa tutta, vanno rinchiusi in galera tutti… (omissis)... non riesco a togliermi le sollecitazioni dei massimi vertici di questa regione a tutti i livelli... ecclesiastici (omissis) ecumenici, politici, tecnici». E dopo il misericordioso omissis, ecco come prosegue: «Se no a ’st’ora c’avevo messo le mani sulla gastro (fonetico) altro che disposizioni di servizio dell’altra volta... (omissis)...; tra la massoneria, la curia e la giunta (omissis) non me danno tregua. E la Calabria Unita..(omissis)…».
Nella speranza che il riferimento alla «Calabria Unita» sia solo una battuta razzista, resta l’immagine di un Pd che dopo il bagno di sangue del 4 marzo 2018, in cui ha perso tutti i collegi uninominali della Regione a favore della Lega di Matteo Salvini, si sarebbe messo a truccare concorsi e nomine in Sanità, ultimo serbatoio di voti disponibile per frenare il Carroccio. Bocci è accusato di aver imposto propri candidati negli ospedali perugini, dove lavorano la bellezza di 3 mila persone. Eppure, nel discorso da nuovo segretario del partito, annunciò l’intenzione di «dare vita a un vero ricambio generazionale, che si fa con i fatti, non scegliendo ciò che conviene ma esclusivamente tenendo conto di merito, competenze e studio».
Negli atti d’indagine spunta anche la solita amante, o presunta tale. Il sistema Bocci-Barberini, a un certo punto, entra in collisione con una professoressa, Susanna Maria Esposito, direttrice della clinica pediatrica dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, che si becca una sospensione di 10 giorni per una presunta omissione su un collega inadempiente. Sentita a verbale dagli inquirenti, la Esposito racconta di essere stata oggetto di una persecuzione da parte di Duca per aver chiesto lumi su un’altra sua dottoressa che era stata autorizzata ad andare un giorno a settimana a Roma. E mette a verbale che il direttore sanitario, di fronte alle sue rimostranze per l’irregolarità del comando, le disse che la dottoressa «era stata e forse era ancora l’amante dell’allora onorevole Giampiero Bocci e di conseguenza meritava un trattamento di riguardo». L’ospedale romano non era un ospedale qualsiasi, perché è il prestigioso Bambino Gesù, che è del Vaticano. Nella richiesta di arresto i pm scrivono che «la punizione della professoressa Esposito è una provata ritorsione».
Bocci, del resto, fino al marzo 2018 era sempre a Roma, al Viminale, con deleghe sui Vigili del fuoco e sui prefetti. E proprio i vigili del fuoco conducono all’accusa di aver avvertito gli indagati della Sanitopoli umbra che erano intercettati e spiati. Secondo i pm, Bocci avrebbe informato (il 13 luglio 2018) Emilio Duca, per mezzo di Maurizio Valorosi, che durante un finto intervento dei Vigili del fuoco (il 17 novembre 2018) a caccia di antrace, l’ospedale di Perugia era stato riempito di microspie.
Se l’accusa sarà provata, sarà sorprendente per un uomo che al Viminale aveva fama di grande lavoratore, dal profilo molto istituzionale. Insomma, «un altro Zanda», dicono al partito. Chi lo frequenta in privato, racconta che Bocci è alla mano, il tipo che se ti invita a casa a pranzo si alza da tavola per servirti, e che se arrivava tardi da Roma non lasciava ripartire l’autista, ma lo tratteneva almeno a cena. Tra i suoi amici migliori c’è il generale Tullio Del Sette, ex comandante dell’Arma, che rischia il processo per la fuga di notizie che ha danneggiato l’indagine Consip sul cerchio magico renziano. Del Sette è di Bevagna e da capitano ha comandato la compagnia di Spoleto, dove ha conosciuto il giovanissimo Bocci.
Il 24 maggio 2017, quando Bassetti ottiene la nomina alla Cei, Bocci gli scrive dal Viminale: «Il Papa, chiamandoti alla guida dei vescovi italiani, ti ha affidato un compito di straordinaria responsabilità che sono certo saprai assolvere, così come hai sempre fatto in tutta la tua vita, con spirito di grande umiltà e saggezza. Tuo padre ti avrebbe voluto un campione di ciclismo e ora ti toccherà pedalare davvero per guidare la chiesa italiana nei prossimi anni».
Nell’entusiasmo si dimentica che sta dando del «tu» a un principe della Chiesa, ancorché amico, e che nessun vecchio capo democristiano avrebbe diffuso la lettera ai media. Dopo gli «Anarchici informali», che da anni turbano il Viminale, ecco i «Clericali informali». Anzi, se è vera la storia delle cimici, informali e informati.
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