Brexit, cosa cambia per l'Italia
Dalle rette universitarie all'export, dal made in Italy al Pil, ecco quali saranno le conseguenze dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea per il nostro Paese
Nove mesi dopo il referendum decisivo del 23 giugno scorso, prende il via la Brexit, il processo di uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. La premier conservatrice britannica Theresa May ieri pomeriggio ha firmato la lettera in cui viene invocato l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, sul ritiro volontario di un Paese dall'Unione. La lettera sarà consegnata oggi alle 13.30 al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Cosa cambierà per l'Italia con l'avvio della Brexit? Vediamolo qui, punto per punto.
The PM has signed the letter which will trigger Article 50 tomorrow, starting negotiations for the UK to leave the EU. pic.twitter.com/jHerwJs4g9
UK Prime Minister (@Number10gov) 28 marzo 2017
Italia e Austria i Paesi Ue meno toccati dalla Brexit
Secondo Standard & Poor's, l'Italia, insieme all'Austria, sarà uno dei Paesi meno colpiti dalla Brexit. Il nostro interscambio di beni e servizi con il Regno Unito è intorno al 3% del Pil. Ciononostante l'Italia rischia comunque di pagare un conto che potrà essere ben quantificato solo nei prossimi mesi. Peseranno le scelte di Londra in merito ai suoi rapporti con l'Unione Europea e i suoi cittadini.
Le conseguenze sul Pil italiano
A settembre scorso il Governo italiano, nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def), aveva previsto: "Le conseguenze della Brexit sono complessivamente quantificabili in una forchetta fra 0,5 e 1,0 punti percentuali di Pil complessivo nel biennio 2016-2017". I numeri saranno rivisti a breve in occasione della presentazione del nuovo Def al Parlamento. Il capo economista dell'Ocse Catherine Mann recentemente ha parlato di un effetto Brexit sull'export italiano corrispondente all'1% nel 2018.
Effetto sterlina debole sull'export
In questi ultimi nove mesi, dal referendum sulla Brexit a oggi, la sterlina ha continuato a indebolirsi sui mercati valutari sia contro il dollaro, sia contro l'euro. Prima del referendum, per comprare una sterlina occorrevano 1,31 euro, dopo il referendum ne bastavano 1,20, oggi il pound è scambiato a 1,16 euro. Il rafforzamento dell'euro sulla sterlina rischia di penalizzare le esportazioni italiane come quelle europee.
Made in Italy a rischio
La bilancia commerciale tra Regno Unito e Italia è ampiamente a nostro favore. I prodotti italiani più domandati sono mezzi di trasporto, macchinari, abbigliamento, alimentari e bevande. Da luglio a dicembre 2016 le esportazioni italiane si sono contratte dello 0,5%, permettendo comunque all'Italia di chiudere con uno +0,5%. Il peggio potrebbe però arrivare proprio nel 2017.
A luglio Sace, società per azioni del gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti, prevedeva un calo dell'export verso la Gran Bretagna valutato fra il 3 e il 7%, quindi una perdita che si aggira fra i 600 milioni e 1,7 miliardi di euro. A giorni usciranno nuove stime. Dai dati grezzi emerge comunque una tendenza del Regno Unito a riposizionarsi verso i Paesi extra Ue.
Olio d'oliva italiano in calo
Nel 2015 i prodotti agroalimentari made in Italy esportati in Gran Bretagna hanno segnato un valore di 3,2 miliardi. Dopo il referendum sulla Brexit è iniziato un calo dei flussi. Secondo Coldiretti, per l'agroalimentare il calo è stato del 9%. Un conto particolarmente salato lo sta pagando l'olio di oliva che dopo il referendum ha subito un crollo del 13%.
Il futuro degli studenti italiani a Londra
Sul suolo britannico lavorano e studiano oltre 600mila italiani, per lo più (oltre 450mila) a Londra. Con l'attuazione della Brexit per gli italiani studiare in Inghilterra potrebbe diventare più costoso.
Finora i cittadini europei hanno pagato una retta annuale per l'Università di 9mila sterline (12mila euro), la stessa che pagano i britannici, mentre gli "studenti internazionali" (cioè quelli non appartenenti all'Unione) hanno sostenuto una retta più alta, che varia dalle 14mila alle 19mila sterline (dai 16 ai 22mila euro).
È quindi possibile un aumento delle rette universitarie per gli europei se dovessero venire trattati come gli extra-Ue. Potrebbero esserci ripercussioni negative anche per i ricercatori italiani (e i ricercatori in genere), visto che in Inghilterra i fondi per la ricerca vengono finanziati dall'Unione Europea.
Aumento della quota di partecipazione al bilancio Ue
L'uscita del Regno Unito dalla Ue potrebbe costringere tutti i Paesi dell'Unione a pagare una quota di partecipazione al bilancio Ue più alta. L'Italia finora pagava 17 miliardi e 693 milioni. In futuro potrebbe essere chiamata a versare fino a 19 miliardi, 1 miliardo e 307 milioni in più.
Per saperne di più
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- Brexit, la guida completa
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