Bullismo in gita, ma i genitori difendono i figli sospesi da scuola
Si sono rivolti a un quotidiano, indignati per la punizione, ritenuta eccessiva. L'opinione della psicoterapeuta sulla difesa a oltranza dei ragazzi
Sospesi da scuola per un episodio di bullismo, durante la gita scolastica a Roma, ma difesi a spada tratta dai genitori, per i quali la punizione è esagerata. "Rischiano di perdere un anno per uno scherzo!", è la difesa dei genotori dei ragazzi, tutti minorenni. Ma la scuola, invece, continua a difendere la decisione presa: " Si tratta di una episodio grave. Siamo dovuti intervenire con fermezza per far capire quali sono i limiti, il rispetto delle norme".
Un battibecco tra "educatori", genitori e professori, che agli occhi dei ragazzi ha tutto meno che un valore educativo.
Ma ecco che cosa è accaduto. Gli studenti, 15 e 16 anni, sono in gita nella Capitale. All'insaputa dei professori, una quindicina di loro si dà appuntamento in una delle stanze dell'albergo in cui sono alloggiati. Ridono, scherzano, poi prendono di mira uno di loro, forse ubriaco.
Lo spogliano, lo depilano e lo "decorano" con delle caramelle. Il tutto viene filmato con un cellulare. La ripresa, al loro ritorno a Cuneo, dove vivono e studiano, inizia a circolare via Whatsapp. Se ne accorgono anche i professori, che convocano i genitori e fanno scattare la punizione: per quattordici di loro arriva la sospensione, il 4 in condotta per tutti gli altri, che significa perdere l'anno. E quale è stata la reazione dei genitori? Chiamare il quotidiano La Stampa e raccontare la loro versione a difesa dei propri ragazzi: "Li condannano a perdere l'anno, una rovina per molti con quello che oggi costa frequentare un liceo".
Ma è sempre giusto difendere i propri figli? Quando, invece, è necessario essere fermi e rigidi? Lo schiaffo o le punizioni davvero non possono più essere usati?
Dottoressa Tania Fiorini, psicologa e psicoterapeuta, assistiamo sempre più spesso a genitori che difendono i propri figli anche quando sbagliano. È un comportamento educativo? Come viene interpretato dei ragazzi?
Difendere i propri figli a oltranza, senza censurare il loro comportamento, anche quando questo si dimostra inappropriato, non può considerarsi un atto educativo. I minori hanno bisogno di conoscere i confini tra cosa è opportuno e cosa non lo è e aiutarli in questo processo è compito delle figure educative, dei genitori in primis. Una modalità sempre assolutoria, rischia di non far comprendere l’importanza delle conseguenze delle proprie azioni, cosa indispensabile per crescere.
Dalle reazioni di questi genitori che si scagliano verso la scuola e i provvedimenti dei professori, sembra che ci sia una verta e propria paura di rimproverare i figli...da che cosa può dipendere?
Il messaggio che dovrebbe arrivare in questi casi dovrebbe essere del tipo “Non sono d’accordo con quello che hai fatto, anzi lo biasimo, ma tu rimani sempre una persona a cui voglio bene”. Invece a volte sembra che i genitori abbiamo l’idea che censurare il comportamento dei figli e rimproverarli significhi mettere in discussione la relazione con loro.
Ma che fine hanno fatto le punizioni o anche i "sani" schiaffi di una volta? Hanno perso veramente il loro potere educativo?
Le punizioni corporali sono senz’alto da biasimare e nella nostra società non sono, giustamente, considerate un buon sistema educativo. Tuttavia tra il ceffone di un tempo e il lassismo a cui oggi capita di assistere, ci sono molte possibilità intermedie che andrebbero attivate; mi riferisco a punizioni di tipo simbolico, ma non meno capaci di incidere. Certo che, per poter essere ascoltati dai propri figli occorre che i genitori lavorino tutti i giorni per conquistarsi rispetto e fiducia. Non basta alzare la voce una volta ogni tanto, e infatti vediamo che non funziona.
I genitori che difendono i figli nascondono troppo amore o una mancanza di dialogo con i giovani che stanno crescendo?
Una difesa ad oltranza, anche quando i figli non andrebbero difesi, è indice di un errata interpretazione del ruolo educativo che invece prevede anche di esprimere disappunto e rimprovero per quello che un minore ha fatto. Questo però richiede, per prima cosa, la capacità nel genitore di reggere l’eventuale rabbia del figlio per essere stato ripreso e poi la capacità di mantenere comunque una buona relazione, e comunque un dialogo aperto.