Commisso-Fonseca, torna il campionato dei veleni (anti Juventus)
Le recenti dichiarazioni del presidente della Fiorentina e dell'allenatore della Roma rialzano la tensione attorno al campionato di serie A
In principio è stato Rocco Commisso con il suo sfogo dopo aver perso contro la Juventus a Torino, figlio di un episodio dentro una partita diretta male ma non certamente a senso unico (bianconero). Poi è toccato a Paulo Fonseca, allenatore della Roma, che nell'analizzare una sconfitta dura col Sassuolo ha buttato lì che «In Italia il metro arbitrale non è uguale per tutti». Parlava di ammonizioni, non di un caso specifico, ma le sue parole hanno subito corroborato le tesi dei complottisti, quelli in servizio permanente ed effettivo per vedere disegni del Palazzo dietro ogni episodio settimanale.
Commisso e Fonseca, due stranieri in Italia da poco con alle spalle un passato e una cultura sportiva diverse dalla nostra, teoricamente meno sensibili all'arte del complotto. Una coincidenza che ha alimentato ulteriormente il partito sopra citato che poi in Italia corrisponde quasi sempre al partito degli anti-squadra che domina sul campo. Il sillogismo che chiude la settimana della tempesta perfetta è, dunque, servito su un piatto d'argento: se un ricco magnate americano che sta gettando nel calcio italiano centinaia di milioni di euro alza i toni contro il sistema e poi lo fa anche un allenatore, appena sbarcato, il cui stile è riconosciuto da tutti allora - conclusione deduttiva - significa che in Italia il sistema non funziona, premia alcuni e penalizza altri. Decide. Indirizza. E siccome in Italia oggi domina la Juventus, ecco che la saldatura con l'anti juventinismo è risultata scontata e immediata.
La realtà è che le parole di Commisso e l'allusione di Fonseca hanno solo avvelenato i pozzi di una stagione fin qui bellissima, in cui gli arbitri non hanno dato grande prova della propria abilità, ma lo hanno fatto spargendo i loro errori un po' qua e un po' là. Hanno aiutato la Juventus a Bergamo e l'hanno penalizzata a Lecce, spinto in su l'Inter con l'Atalanta e tirata giù col Cagliari, concesso alla Lazio 13 rigori, record assoluto, favorito il Napoli nel tuffo di Mertens a Firenze e sfavorito nel convulso finale con gli atalantini. L'elenco potrebbe proseguire, ma serve a poco perché tutti preferiscono restare arroccati sulle proprie posizioni, il che preannuncia una seconda parte di campionato in cui i veleni non mancheranno.
Serviva tutto questo? No, non serviva. Sarebbe stato sufficiente e abbondante chiedere conto ai vertici arbitrali di una situazione in cui uniformità e talenti stanno scomparendo, farsi spiegare le ondivaghe interpretazioni di Var e protocollo, impuntarsi per pretendere un cambiamento anche a livello politico, considerata l'imminenza delle votazioni per la carica di numero uno dell'Aia. Sarebbe stato un ragionamento di sistema, magari meno appariscente e comodo da gettare in pasto ai propri tifosi, certamente più di prospettiva. Invece no. Meglio guardare il dito ignorando la luna