Cancro, ecco perché in Italia cresce la speranza
Un nuovo rapporto sui tumori nel nostro paese rivela che ci si ammala di più ma è aumentata anche la sopravvivenza
Gli italiani invecchiano e a questo si deve, secondo gli autori del rapporto I numeri del cancro, redatto in collaborazione da Fondazione Aiom, epidemiologi dell'Airtum e il programma di sorveglianza dell'Istituto Superiore di Sanità PASSI, l'aumento delle diagnosi degli ultimi anni. I nuovi casi stimati nel 2018 sono 373.300: 4.300 in più rispetto allo scorso anno. "Complessivamente in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore maligno infiltrante", si legge nell'ottava edizione del rapporto che raccoglie i numeri sui tumori nel nostro paese. Ma a fronte di questo aumento dei casi si registra anche un incremento della sopravvivenza.
Chi colpiscono e dove
Negli uomini, che costituiscono 194.000 dei nuovi casi stimati quest'anno, esclusi i tumori della cute, il tumore più comune è quello della prostata, che rappresenta il 18% di tutte le diagnosi; seguono il tumore del colon-retto (15%), del polmone (14%), della vescica (11%) e del fegato (5%). Tra le donne il tumore più diffuso rimane quello della mammella, protagonista del 29% delle diagnosi, seguito dai tumori del colon-retto (13%), del polmone (8%), della tiroide (6%) e del corpo dell’utero (5%).
Le sedi colpite variano molto non solo in relazione al sesso, ma anche all'età. Nei maschi under 50 il tumore più diffuso è quello al testicolo (12%), seguito dai melanomi (9%) e dalla tiroide. Tra i 50 e i 70 e poi dopo i 70 passano in testa il tumore della prostata, del polmone e del colon-retto, in percentuali variabili. Quanto alle donne, il tumore della mammella resta il più diffuso in tutte le classi di età ma si passa dal 41% di tutti i tumori per le donne fino ai 50 anni, al 35% tra i 50 e i 70, fino al 22% oltre i 70 anni. Al secondo posto tra le giovani c'è il tumore della tiroide (15%), seguito dai melanomi (7%), mentre dopo i 50 secondo e terzo posto sono occupati da tumore del colon-retto e tumore del polmone.
Di cosa si muore
I dati Istat più recenti, che risalgono al 2015, parlano di 600.000 morti quell'anno, di cui 178.232 attribuibili a tumori. Questi rappresentano quindi la seconda causa di morte (29%) dopo le malattie cardio-circolatorie (37%). Si stima che ogni giorno in Italia siano 485 le persone che muoiono a causa di un tumore. Il big killer rimane il tumore del polmone (responsabile del 19% delle morti oncologiche nella popolazione generale). Distinguendo tra donne e uomini, per gli ultimi il tumore del polmone è in cima alla lista di quelli maggiormente letali per tutte le fasce di età (26%), mentre per le donne al primo posto troviamo il tumore della mammella (17%).
Quello che però conta davvero sono i numeri di chi sopravvive e soprattutto per quanto. Ecco è qui che negli ultimi 30 anni si sono registrati grandissimi progressi. A 5 anni dalla diagnosi per tutti i tumori la sopravvivenza è passata per gli uomini dal 39% del quinquennio 1990-94 al 54% del periodo 2005-2009, per le donne nello stesso arco temporale è passata dal 55% al 63%. I progressi più rilevanti, che hanno determinato il miglioramento del tasso generale di sopravvivenza, si sono registrati in particolare per il tumore del colon-retto (oggi sopravvive il 65% dei pazienti), della mammella e della prostata.
Migliora la sopravvivenza
La sede tumorale che fa registrare la sopravvivenza minore a 5 anni dalla diagnosi per il periodo di incidenza 2005-2009, è il pancreas (8%), seguito da esofago (13%) e polmone (16%), mentre in cima alla lista di quelli con sopravvivenza più elevata troviamo la tiroide (93%), la prostata (92%), il testicolo (91%), la mammella (87%). Grandi miglioramenti si sono registrati anche nel mieloma (passato da una sopravvivenza del 32% tra gli uomini e 37% tra le donne nel 1990-95 al 51% per entrambi i sessi nel 2005-2009) e nelle leucemie, per le quali la sopravvivenza a 5 anni riguardava solo il 32% degli uomini e il 33% delle donne e ora arriva rispettivamente al 48% e 47%.
"I tumori non solo sono curabili ma anche guaribili, grazie a terapie sempre più efficaci e alle campagne di prevenzione - spiega Stefania Gori, Presidente nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar-. Infatti, il 27% dei pazienti vivi dopo la diagnosi torna ad avere (dopo un periodo di tempo diverso in base al tipo di tumore, al sesso, all'età di insorgenza) la stessa aspettativa di vita della popolazione generale: nel 2010 erano 704.648, nel 2018 sono 909.514, con un incremento del 29%".
Le due facce dello screening
"Per alcuni tumori per i quali c’è stato un notevole incremento dell’attività diagnostica precoce, la sopravvivenza è notevolmente aumentata", si legge nel rapporto. Una diagnosi precoce equivale in molti casi a una maggiore probabilità di guarire. Aumenta però anche il rischio di sovradiagnosi, cioè di tumori che sarebbero rimasti “silenziosi” se non fossero intervenuti esami diagnostici a scovarli, e che una volta trovati vengono curati anche se ciò non sarebbe stato necessario.
Un caso emblematico è quello del tumore della prostata, per il quale la crescita della sopravvivenza è stata particolarmente rilevante tra il 1990-94 e 1995-99 (+14%) e tra il 1995-99 e il 2000- 2004 (+9%). "Tale incremento è presumibilmente associato all’esteso utilizzo del test per la ricerca dell’antigene prostatico specifico (PSA) che, insieme con i successivi accertamenti diagnostici, ha portato all’identificazione di forme in una fase clinica precoce e quindi suscettibile di un trattamento efficace, ma anche di una quota rilevante di casi a comportamento poco aggressivo".
Fumo & co.: sotto accusa i cattivi stili di vita
Come si vive, ciò che si mangia e si beve, se si fuma o no e quanto ci si muove sono tutti fattori che incidono sul rischio di ammalarsi di tumore. Tra tutti il fumo è l'indiziato numero uno. Fra le persone con tumore, in base ai dati di un sondaggio svolto dal PASSI, il programma dell'Istituto Superiore di Sanità che registra i progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia, è alta la quota di ex fumatori (28%), ma resta comunque elevata la quota di fumatori abituali (20%). Significativamente alta è poi la quota di persone che non praticano alcuna attività fisica, neppure al lavoro (38% contro il 32% della popolazione libera da tumore).
La situazione peggiore è quella riscontrata nelle regioni meridionali della penisola, come spiega Maria Masocco, Responsabile Coordinamento Nazionale del programma di monitoraggio PASSI. "In generale, nelle giovani donne che vivono nelle regioni del Sud si registra, negli ultimi anni, un preoccupante incremento di fumatrici tale da annullare il vantaggio storico, per bassa prevalenza di questa abitudine, rispetto alle donne del Centro-Nord. A questo quadro si aggiungono in queste aree le alte percentuali di altri fattori di rischio per cattivi stili di vita (sedentarietà ed eccesso di peso) e una bassa copertura degli screening oncologici per la diagnosi precoce dei tumore della mammella, del colon-retto e della cervice uterina. Per questo è fondamentale investire in campagne di prevenzione".