Cannabis ed epilessia: 9 cose da sapere
iStockphoto
News

Cannabis ed epilessia: 9 cose da sapere

Un particolare estratto della pianta parrebbe in grado di ridurre le crisi in alcuni pazienti. Ecco i risultati degli ultimi studi appena presentati

1. L'olio di Charlotte

Da anni si parla dei possibili effetti benefici della cannabis sulle crisi epilettiche, ma un concreto passo avanti è stato fatto solo grazie al caso di Charlotte Figi, bambina americana di 5 anni affetta da Sindrome di Dravet, "una forma estremamente grave di epilessia", spiega Antonino Romeo, direttore della struttura complessa di Neurologia Pediatrica e Centro regionale per l'epilessia dell'ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano. "Esordisce nel primo anno di vita, è resistente ai farmaci ed è associata a problematiche neurologiche e cognitive molto severe ". L'unica fortuna di Charlotte è stata quella di vivere in Colorado, dove l'uso della cannabis è stato liberalizzato. Dopo molte ricerche i genitori sono riusciti a trovare un produttore che coltivava il tipo di cannabis adatta all'uso terapeutico: con un alto contenuto di cannabidiolo (CBD) e un bassissimo contenuto di tertraidrocannabinolo THC, la sostanza chimica che causa lo stordimento. Ne è stato prodotto un olio, poi ribattezzato olio di Charlotte, che ha avuto sulla bambina un effetto straordinario. Oltre a riprendere a camminare e a cominciare a parlare, cosa che fino ad allora le era impossibile, Charlotte, racconta sua madre, grazie all'olio derivato dalla cannabis "in un anno ha avuto meno attacchi di quanti un tempo ne aveva in un giorno".

2. Gli effetti della cannabis


"Gli estratti della cannabis", spiega Romeo, intervistato da Panorama.it, "hanno una serie di effetti positivi. In commercio per il momento esiste un solo farmaco a base di estratti naturali, il Sativex, usato per lenire i dolori nei pazienti affetti da sclerosi multipla, ma ha un'alta concentrazione di THC. Sugli animali si è visto che il cannabidiolo e un altro derivato non psicoattivo della cannabis, la cannabidivarina, potevano avere effetti positivi sulle crisi epilettiche".

3. Uso sperimentale e trial clinici

A partire dal caso di Charlotte sono cominciate negli Stati Uniti una serie di situazioni sperimentali: persone che hanno provato a usare l'estratto e ne hanno riportato i benefici. Si trattava però di "situazioni aneddotiche non di veri trial clinici", spiega Romeo. "Alcuni genitori di figli con Sindrome di Dravet hanno cominciato a far girare informazioni sulla grande riduzione delle crisi epilettiche ottenuta usando olii artigianali prodotti da laboratori diversi e a un certo punto hanno interessato i clinici dell'Università di Stanford", racconta a Panorama.it Simona Borroni, presidente dell'Associazione Famiglie Dravet. "A questo punto", prosegue, "una casa farmaceutica inglese ha prodotto un vero farmaco, uno sciroppo a base di Cannabis Sativa e ha cominciato a condurre studi osservazionali negli Usa con un certo numero di pazienti. Sono emersi risultati incoraggianti, per cui si è passati a veri trial clinici, cioè all'osservazione degli effetti del farmaco seguendo determinati protocolli".

4. Le cure attuali

"Attualmente la cura dell'epilessia si basa su farmaci antiepilettici il cui uso deve essere adattato alle diverse forme di epilessia e alla storia personale del paziente, sia esso bambino, adolescente o adulto", racconta Romeo. "Nell’ambito delle epilessie focali (cioè quelle che originano da una determinata area del cervello) almeno il 25% dei pazienti risulta resistente alle terapie mediche disponibili; in questi casi, quando è possibile si deve attuare un percorso chirurgico che consiste nella definizione della zona epilettogena (la regione della corteccia cerebrale da cui originano e si diffondono le scariche critiche) e dalla sua rimozione. Una parte di questi pazienti purtroppo non può essere sottoposta a intervento di chirurgia resettiva, perché le crisi originano da più zone del cervello oppure per il rischio di procurare danni neurologici molto rilevanti e permanenti. In queste situazioni e in altre forme di epilessie farmacoresistenti, possono essere proponibili terapie alternative, che hanno lo scopo di diminuire le crisi. La più importante di queste”, continua Romeo, “è la stimolazione vagale (tramite un pace-maker sottocutaneo, posto a lato del collo, vengono inviati degli impulsi al nervo vago, che tendono a diminuire la frequenza delle scariche elettriche del cervello), che può consentire in una percentuale di casi considerevole una riduzione più o meno rilevante delle crisi, con conseguente miglioramento della qualità di vita. Altre opzioni terapeutiche consistono nelle diete, di cui la più conosciuta è la dieta chetogenica classica, che va fatta sotto la supervisione di un neurologo e di un dietista esperto nella sua gestione. Essa si basa su un regime nutrizionale contenente un’elevata percentuale di grassi e una ridotta quota di proteine e carboidrati: si instaura uno stato di chetosi, simile a quello provocato dal digiuno, così il metabolismo utilizza i grassi invece del glucosio come fonte energetica e questo dovrebbe far diminuire le crisi". Non sempre però tutte queste opzioni terapeutiche risultano efficaci per molti pazienti affetti da forme di epilessie farmacoresistenti.

5. La Sindrome di Dravet

"E' una malattia molto problematica, legata a una mutazione del gene SCN1A", racconta Borroni. "L'impatto più negativo e drammatico è il manifestarsi di crisi epilettiche non controllate neanche da politerapie. Mio figlio ha 19 anni e assume 4-5 farmaci al giorno, ma ha comunque 50 crisi epilettiche convulsive l'anno con tutte le problematiche correlate: cadute, traumi ecc.". "Nei bambini più piccoli le crisi possono essere anche molto lunghe, oltre il quarto d'ora occorre andare in ospedale e a volte il bambino viene intubato e messo in terapia intensiva. Con la crescita purtroppo le crisi non sempre vanno a diminuire, di solito se ne accorcia la durata ma si radunano in grappoli, quindi se ne possono manifestare diverse una dietro l'altra". In Italia mancano dati epidemiologici certi, ma la Sindrome di Dravet potrebbe interessare tra le 500 e le 1.000 persone. Non è comunque l'unica forma di epilessia che potrebbe trarre giovamento dal farmaco a base di cannabidiolo.

6. L'uso della cannabis fai-da-te: ombre e luci

Al meeting annuale dell'American Epilepsy Society in corso a Seattle sono stati presentati tre studi che riportano i risultati ottenuti su piccoli pazienti i cui genitori hanno provato a utilizzare tipi diversi di preparati a base di cannabidiolo per alleviare le crisi e i sintomi dei propri bambini. Il più controverso è quello che si è svolto in Colorado, lo stato da cui tutto è partito, dove Kevin Chapman, professore di Pediatria e Neurologia all'Università del Colorado, ha condotto uno studio retrospettivo su 58 tra bambini e adolescenti, con età media di 7 anni, affetti da forme molto gravi di epilessia. I pazienti venivano curati con la somministrazione orale di estratti di cannabis di fabbricazione artigianale quando sono passati sotto le cure di Chapman e del suo team. Solo in un terzo dei casi i genitori riportavano una riduzione degli attacchi del 50% o più, e anche in questi casi non è detto che si riscontrassero miglioramenti nell'elettroencefalogramma. Dei 16 pazienti di cui si aveva un EEG fatto prima dell'inizio della terapia, solo 2 mostravano un miglioramento nel tracciato. Ma quel che è interessante è che tra le famiglie che si erano trasferite in Colorado appositamente per poter svolgere la terapia era il triplo più probabile che venisse riportata una riduzione delle crisi superiore al 50% rispetto alle famiglie residenti in Colorado. Quanto agli effetti avversi, ne sono stati riscontrati nel 47% dei pazienti, con aumento delle crisi o nuovi attacchi nel 21% dei casi, sonnolenza e affaticamento nel 14%. "Questo sostanziale divario tra le osservazioni cliniche e i vari racconti aneddotici cui è stato dato risalto nei media popolari", commenta Chapman,"sottolinea il disperato bisogno condiviso da tutta la comunità che ruota intorno all'epilessia di solide prove scientifiche per quanto riguarda i potenziali rischi e benefici della marijuana in persone con epilessia".

7. La promessa di Epidiolex

Il farmaco prodotto dalla GW Pharmaceuticals si chiama Epidiolex: "ha un altissimo contenuto di cannabidioli (98%), tracce di altri cannabinoli ed è quasi privo di THC", spiega Romeo. Che racconta: "Il sistema endocannabinoide svolge diverse funzioni. Si è osservato che la cannabis non induce solo effetti psicoattivi, ma ha anche un effetto protettivo e antinfiammatorio, che quindi agisce alla base di ciò che causa le crisi epilettiche". Ma non se ne può promuovere un uso fai-da-te, anche perché non è fumando uno spinello o utilizzando in altro modo le foglie della pianta che si ottengono i benefici.
"Bisogna attendere l'esito degli studi clinici partiti negli Stati Uniti e nel Regno Unito e di quelli che partiranno a breve in Europa e forse anche in Italia soprattutto sul farmaco Epidiolex". "Nel frattempo altre case farmaceutiche stanno uscendo con prodotti a base di cannabidioli anche sintetici", ricorda Borroni. “Ora aspettiamo di capire quali paesi in Europa potranno beneficiare dei trial clinici e come fare a portare in Italia il prodotto per i casi più gravi".

8. I primi risultati

"Sono stati presentati i dati preliminari di efficacia e sicurezza dell'Epidiolex su 25-30 pazienti, tra bambini e giovani adulti con forme gravi di epilessia farmacoresistente", racconta Romeo. "Oltre alla riduzione della frequenza delle crisi (dimezzata) si sono riscontrati effetti collaterali, nella maggior parte dei casi lievi o moderati, legati per lo più alla sonnolenza e alla riduzione dell'appetito". "Una cosa che gli studi dovranno verificare bene", aggiunge Borroni, "è come agisce il farmaco: se ne vede l'effetto sul paziente ma ancora non si conosce il meccanismo in base al quale funziona". I risultati di tre studi in particolare sono appena stati presentati al Meeting di Seattle e confermano l'effetto antiepilettico del CBD, la sua efficacia nel ridurre il numero delle crisi, ma anche la necessità di monitorarne l'assunzione congiuntamente ad altri farmaci antiepilettici per possibili effetti avversi. “Al di là di queste segnalazioni positive, è importante che sia dimostrata una chiara evidenza scientifica di efficacia e tollerabilità con gli studi di fase 3 rispetto al placebo”, conclude Romeo.

9. Farmaco orfano



La Food and Drug Administration americana ha approvato l'Epidiolex come farmaco orfano per la Sindrome di Dravet e lo stesso ha fatto quest'anno l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA). "Per i farmaci orfani", spiega la presidente dell'Associazione Famiglie Dravet, Borroni, "c’è la possibilità di avere il farmaco anticipatamente rispetto alla messa in commercio ufficiale, cioè già durante la fase 3 di sperimentazione, se non sono stati individuati effetti avversi".

I più letti

avatar-icon

Marta Buonadonna