Giustizia penale per i minori; come pagheranno gli assassini di Thomas
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Giustizia penale per i minori; come pagheranno gli assassini di Thomas

Punire e rieducare; come sarà il percorso carcerario dei due minori responsabili del terribile omicidio di Pescara

Il recente e tragico caso di Thomas, un sedicenne brutalmente ucciso a Pescara, ha portato alla ribalta la complessità della gestione dei minori in carcere e la necessità di un approccio multidisciplinare per prevenire e affrontare la delinquenza giovanile.
Gli autori presunti di questo delitto, due coetanei della vittima, sono stati arrestati con accuse di omicidio particolarmente efferato. Il Gip, nell'ordinanza di fermo, ha sottolineato la crudeltà dell'atto, perpetrato "proprio per provocare sofferenza e morte alla vittima".

La legislazione italiana per i minori in carcere

In Italia, il sistema di giustizia penale per i minori è regolato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, che stabilisce un complesso di norme specifiche per i procedimenti a carico dei minori di 18 anni. Questo sistema si basa su principi di protezione, recupero e reintegrazione sociale del minore, riconoscendo la sua particolare vulnerabilità e la necessità di interventi educativi piuttosto che puramente punitivi.
Le misure cautelari
Per i minori accusati di reati gravi, come nel caso dei due ragazzi arrestati per l'omicidio di Thomas, il giudice può disporre diverse misure cautelari:

Custodia cautelare

Questa misura è applicata in istituti di detenzione specifici per minori. La custodia cautelare è considerata l'ultima ratio, da adottare solo quando le altre misure risultano inadeguate a garantire la sicurezza pubblica e la presenza del minore nel processo.

Collocamento in comunità

I minori possono essere collocati in comunità educative dove possono ricevere supporto psicologico e pedagogico. Questo approccio mira a evitare il contatto diretto con ambienti carcerari adulti e a favorire un percorso di riabilitazione.
Sorveglianza Misure meno restrittive, come la permanenza in casa con l'obbligo di non allontanarsi, o il collocamento in istituti di semilibertà, possono essere adottate in base alla gravità del reato e al profilo del minore.

Il processo e le pene

Il processo penale per i minori è condotto dal Tribunale per i Minorenni, composto da un giudice togato e da giudici onorari esperti in materie pedagogiche e psicologiche. Le pene per i minori differiscono da quelle per gli adulti e prevedono, oltre alla detenzione, misure di recupero come il lavoro di pubblica utilità, la partecipazione a programmi di recupero e formazione professionale.

«Il sistema giudiziario italiano prevede specifiche disposizioni per i minori che commettono reati gravi, differenziandosi significativamente da quello degli adulti»-ci spiega l’ex procuratore del Tribunale dei Minori di Milano, Ciro Cascone

Cosa può dirci del caso di Pescara?

«In situazioni simili, il nostro ordinamento prevede una serie di misure volte non solo alla punizione, ma soprattutto alla riabilitazione e al reinserimento sociale dei giovani delinquenti.Per i minori, la pena prevista viene ridotta di un terzo rispetto a quella degli adulti e non è contemplata la pena dell'ergastolo. Questo principio riflette l'idea che i giovani abbiano una maggiore capacità di recupero e cambiamento rispetto agli adulti. Durante la mia esperienza presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, ho visto numerosi casi di omicidio che si sono conclusi con pene fino a 18 anni di reclusione».

Cosa può dirci della detenzione nelle carceri minorili?

«I minori possono essere detenuti in istituti penali minorili fino al compimento del venticinquesimo anno di età. Queste strutture, a differenza delle carceri per adulti, sono concepite per essere ambienti più ridotti e orientati alla riabilitazione. L'obiettivo principale delle carceri minorili è evitare che la detenzione peggiori ulteriormente le condizioni dei giovani detenuti. La formazione e la riabilitazione sono aspetti cruciali, e il rapporto tra educatori e minori deve essere sufficientemente basso per garantire un'adeguata attenzione individuale. La punizione del reato è necessaria, ma deve essere affiancata da programmi di riabilitazione che impediscano una carriera criminale futura»

Che ruolo il carcere minorile gioca nel reinserimento nella societa?

«I minori che escono dalle strutture detentive devono essere pronti a reintegrarsi nella società. È essenziale che durante la detenzione siano coinvolti in attività lavorative e percorsi di studio che possano aiutarli a sviluppare consapevolezza e buoni propositi, lontano da percorsi pericolosi. Questi programmi di recupero sono fondamentali per garantire che, una volta scontata la pena, i giovani abbiano la possibilità di costruirsi un futuro migliore.Il contesto familiare è determinante nella riuscita del processo di riabilitazione. I giovani che provengono da famiglie disfunzionali o che sono completamente soli affrontano maggiori difficoltà nel percorso di reinserimento. È necessario un supporto continuo e integrato che coinvolga anche la famiglia, ove possibile, per massimizzare le probabilità di successo.

Ci sono sufficienti risorse?

«In passato, ho denunciato più volte la mancanza endemica di risorse al carcere minorile Beccaria. Gli interventi strutturali sono essenziali per migliorare le condizioni di vita dei detenuti e per fornire le risorse necessarie alla loro formazione e riabilitazione. È fondamentale che le istituzioni investano in questi ambiti per garantire un sistema di giustizia minorile efficace e umano.
Anche il Garante dell'infanzia Carla Garlatti ha sottolineato l’importanza delle attività riabilitative all’interno delle carceri minorili

Cosa può dirci delle attività all’interno delle carceri minorili?

«La situazione all'interno delle carceri minorili italiane può variare notevolmente da una struttura all'altra. Alcune istituzioni offrono una vasta gamma di attività rieducative e formative, mentre altre ne offrono molto poche, limitando le opportunità per i giovani detenuti di esprimersi e svilupparsi positivamente.Anche se non deve essere mai un obbligo i ragazzi possono essere stimolati e preparati a svolgere attività che potranno agevolarne l'inserimento nel mondo del lavoro. Ciò cercando di variare quanto più possibile le proposte di percorso rieducativo».

Le attività sono utili alla loro riabilitazione?

«I percorsi rieducativi nelle carceri minorili seguono diverse strade, tra cui l'apprendimento, il lavoro e altre attività mirate al reinserimento sociale. L'obiettivo è permettere ai minori di rientrare nella società senza stigma, offrendo loro le competenze e la fiducia necessarie per costruire una nuova vita. È risaputo che quanto più i minori sono impegnati in attività costruttive, tanto meglio è per il loro percorso di recupero. Per questo motivo, stiamo sviluppando un progetto rivolto a cinque carceri minorili che attualmente offrono meno attività rispetto ad altri. L'obiettivo è dare ai giovani detenuti la possibilità di esprimersi attraverso nuove esperienze, che si aggiungono ad attività già presenti di teatro, scrittura creativa e sport».

Cosa può dirci del vostro progetto?

«Nel nostro progetto, intendiamo introdurre la fotografia come nuovo mezzo espressivo. La fotografia può essere uno strumento potente per aiutare i minori a sviluppare una consapevolezza critica. Questo tipo di attività rientra nel più ampio obiettivo di diffondere la giustizia riparativa, che punta a far capire ai giovani il significato e l'impatto delle loro azioni attraverso percorsi guidati da professionisti preparati».

C’è stato un aumento di detenuti nelle carceri minorili?

«Si recentemente , c'è stato un aumento del 61,43% della popolazione minorile detenuta a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Caivano. Questo incremento ha messo ulteriormente sotto pressione le risorse già limitate delle carceri minorili, con un numero di educatori che rimane insufficiente rispetto alle esigenze. La carenza di personale qualificato rende ancora più difficile fornire un adeguato supporto rieducativo ai giovani detenuti.È fondamentale ricordare che i minori non possono essere trattati come gli adulti. La loro personalità è in fase di sviluppo e la loro capacità di cambiare e crescere è molto più alta. Lo scopo principale della giustizia minorile deve essere quello di ridurre il rischio di recidiva e allo stesso tempo dare fiducia nel futuro a questi ragazzi, fornendo ai giovani gli strumenti necessari per reintegrarsi nella società in modo positivo».

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Linda Di Benedetto