Suicidi e rivolte: il caos nelle carceri italiane
Sono 40 i morti suicidi dall'inizio dell'anno, 567 i tentativi, 4.310 gli atti di autolesionismo. Tutti i guai degli istituti penitenziari
Soprattutto tanti morti suicidi. E poi sangue, feriti, strutture devastate. Nelle carceri italiane si sta combattendo una guerra, neppure tanto silenziosa, ma che lo Stato non vuole vedere.
Ci sono stati più morti e feriti in quattro giorni nelle celle degli istituti penitenziari italiani che sulle strade di tutto il nostro Paese o nei teatri di guerra dove sono impiegati i nostri militari.
Napoli, Cuneo, Pisa, Torino e Ravenna: cinque morti suicidi in meno di 96 ore in altrettante carceri italiane.
Quaranta, fino ad oggi dall’inizio dell’anno.
A questi, aggiungiamo anche i due tentativi di suicidio in meno di un'ora, la sera del 29 agosto, nel carcere dei 'Casetti' di Rimini: i detenuti si sono salvati solo grazie all’intervento degli uomini della Polizia Penitenziaria.
Dati e numeri impressionanti
Questi sono solo gli ultimi di 567 tentati suicidi dal primo di gennaio al 31 agosto dove, nelle carceri, si sono consumati anche 4.310 atti di autolesionismo, 3.562 colluttazioni e 541 ferimenti.
La situazione all’interno delle strutture carcerarie italiane non è al collasso, è proprio degenerata.
Si susseguono quotidianamente rivolte e aggressioni al personale della polizia penitenziaria. Quattro agenti, 3 sottufficiali e un assistente capo, giovedì scorso, sono stati trasportati all'ospedale di Viterbo dopo essere rimasti feriti nel cercare di sedare una rissa tra due detenuti.
Ovviamente non si conteggiano quelli rimasti coinvolti nelle rivolte all’interno del carcere di Pisa oppure in quello fiorentino di Sollicciano dove quattro agenti sono stati aggrediti da un detenuto con un coltello rudimentale.
Primo problema: carenza di personale
Gli uomini della polizia penitenziaria, da anni sono sottorganico e da anni continuano incessantemente a chiedere ai governi che si susseguono, di implementare il personale.
Ma dallo Stato nessuna risposta.
Un silenzio assordante che, giorno dopo giorno, si macchia sempre più di sangue, quello dei reclusi e degli agenti della polizia penitenziaria.
A Pisa, ad esempio, il detenuto che si è ucciso poteva essere salvato se non vi fosse stato un solo agente di servizio in tre diverse Sezioni detentive contemporaneamente.
La carceri italiane: "discariche sociali"
Le carceri italiane sono diventate “discariche sociali”, così le ha definite don Ettore Cannavera, ex cappellano del carcere di Cagliari. “La situazione dei detenuti del carcere di Cagliari è di grande sofferenza- ha spiegato il parroco- su 600 detenuti più della metà sono malati psichiatrici e tossicodipendenti. Poi, manca personale di polizia penitenziaria e gli educatori sono solo 9”.
La descrizione del carcere sardo tracciata don Ettore non è poi molto diversa dalla situazione nella quale versano tutte le altre strutture penitenziarie italiane.
Secondo problema: la mobilità dei reclusi
Pochissimi agenti che devono fronteggiare, in situazioni pericolosissime, ristretti violenti o malati psichiatrici. Il Governo, infatti, ha abbassato ulteriormente i livelli di sicurezza negli Istituti Penitenziari permettendo ai detenuti di stare fuori dalle proprie celle dalle 8 alle 10 ore al giorno.
Una politica di 'apertura' che, permettendo una promiscuità dei reclusi anche delle diverse sezioni, abbassa il livello di sicurezza. Questa modalità richiede un controllo "dinamico" dei detenuti che è sicuramente difficile da attuare con un numero così ridotto di agenti.
Terzo problema: i detenuti psichiatrici
A questa politica di “libera circolazione” dei ristretti nelle carceri occorre aggiungere i detenuti con disturbi psichiatriciche dopo la chiusura degli OPG, proliferano. Ovviamente a nulla sono servite le strutture alternative Rems, che si sono rivelate insufficienti rispetto al fabbisogno.
Solo per mano di questi reclusi problematici, negli ultimi 10 giorni ci sono state aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria nelle carceri di Ferrara, Pisa, Civitavecchia, Milano, Ancona, Ariano Irpino, Firenze, Napoli, Viterbo, Udine.
Numeri e dati impressionanti, davanti ai quali il Governo non può rimanere in silenzio e voltarsi dall’altra parte ma deve necessariamente attuare, una profonda e urgente riflessione sull'intero sistema penitenziario ed in particolare sulla libertà detentiva concessa ai reclusi alla luce della forte carenza di organico del personale penitenziario.