La carne (vegetale) che piace ai carnivori
Succosa, saporita, simile all'originale. L'hamburger vegetale di Beyond meat sta conquistando i consumatori. E la Borsa
E' talmente simile alla carne vera, con tanto di «effetto sangue», che molti vegani duri e puri si rifiutano di mangiarla, per principio. La carne vegetale di Beyond meat, start-up californiana quotata da un mese a Wall Street, ha letteralmente fatto il botto al suo debutto sul listino Nasdaq: non solo il primo giorno - quando ha chiuso con un rialzo del 163 per cento, tra i maggiori di tutti i tempi - ma anche in queste prime settimane, con l’azione schizzata da 25 a 85 dollari, con una capitalizzazione da oltre 5 miliardi. Il tutto per la gioia di chi nel prodotto ha creduto fin dall’inizio come personaggi del calibro di Bill Gates, Leonardo DiCaprio e anche dell’ex dirigente di McDonald’s, Don Thompson.
Fondata nel 2009 a Los Angeles da Ethan Brown, che la guida anche oggi, Beyond meat produce una carne sintetica che – dichiarano dall’azienda - «assomiglia, appaga e si cuoce come la carne di manzo», con lo scopo dichiarato, quindi, di farla amare dai carnivori e non solo dai vegetariani e vegani. Tutta la ricerca è stata così indirizzata alla creazione di un prodotto che potesse in tutto e per tutto sembrare carne sia alla vista sia al gusto: gli ingredienti principali sono le proteine di piselli gialli (importati dal Canada), che costituiscono la base, e l’olio di cocco, che ricrea il grasso; ci sono poi piccole percentuali di succo di barbabietola, che regala al burger il colore rosso della vera carne, e poi ancora amido di patate, estratto di lievito e altre componenti naturali.
Soprattutto, Beyond meat è una non-carne totalmente priva di ogm, di glutine, di colesterolo e di soia e che permette di risparmiare, secondo uno studio dell’Università del Michigan, il 93 per cento di energia, il 90 per cento di gas serra e addirittura il 99 per cento di acqua rispetto al prodotto tradizionale. Oltre, last but not least, a non provocare la morte e la sofferenza di alcun animale. In Italia, per adesso, la carne Beyond meat si può gustare solo in pochissimi luoghi, e cioè nei 16 punti vendita della catena di hamburgerie gourmet bolognesi WellDone e nel bistrò Paulpetta di Monza.
«Noi la serviamo da circa un anno, sotto forma di burger» spiega a Panorama Andrea Magelli, cofondatore di WellDone, «e la clientela la apprezza moltissimo. Tante persone vengono apposta per gustare il Beyond burger e la stragrande maggioranza tra loro non sono vegetariane, ma carnivore sensibili al problema della sostenibilità della produzione di carne e delle sofferenze degli animali. E dirò di più: questa carne non è amata proprio dai vegani perché ritenuta sia al palato sia nella consistenza troppo simile al prodotto tradizionale».
E in effetti al gusto l’hamburger Beyond è molto simile alla carne di manzo, e soprattutto è lontanissimo dai vari succedanei come i prodotti a base di soia, tofu, seitan e via dicendo che, finora, avevano costituito l’unica alternativa vegetariana possibile ai prodotti di origine animale. Ma è nella consistenza e nella succosità che si nota la vera «rivoluzione copernicana», perché la non carne californiana, grazie alla mioglobina presente nei piselli ha esattamente la stessa texture dell’originale, rilasciando anche i succhi.
Riguardo alla reazione di Maillard, cioè la famosa crosticina senza la quale un hamburger non è hamburger, ebbene si forma anche quella, in virtù delle glucoproteine che la scatenano. «È proprio per queste sue peculiarità che riscuote molto successo» continua Magelli «e ovviamente alla base c’è una grande ricerca, che peraltro è stata portata avanti da un team guidato da Joseph Puglisi, professore di biologia strutturale a Stanford, italoamericano: lui racconta sempre che per arrivare a questo risultato così uguale alla carne hanno fatto centinaia e centinaia di tentativi, i primi dei quali erano davvero improponibili!».
Ma alla fine il risultato, ottenuto studiando il modello della vera carne e lavorando alla ricostruzione della medesima struttura partendo però da fonti vegetali, è arrivato. E riguardo alla proprietà nutritive e alle calorie? Il finto burger è promosso anche su quel fronte, dato che in etichetta dichiara 270 calorie, 5 grammi di carboidrati, 20 di proteine e 5 di grassi saturi. Rispetto al macinato normale è dunque un po’ più grasso, dato che una «svizzera» tradizionale solitamente non supera le 200 calorie.
Spostandoci a Monza, dove la carne vegetale è arrivata il 1° maggio, in concomitanza con la quotazione in Borsa, troviamo Beyond meat solo sotto forma di polpetta. «Anche da noi è stata accolta con grande curiosità» spiega Viviana Veronesi, proprietaria del piccolo bistrò Paulpetta. «E anche se è in menu da pochissimo tempo, abbiamo già un ottimo riscontro. Noi riceviamo dai distributori il classico burger e lo riformiamo in polpetta, per poi friggere il prodotto così ottenuto. Ha bisogno di meno tempo di cottura rispetto alla carne tradizionale, ma richiede un olio più caldo. Serviamo le polpettine dentro un bagel e per arricchire il piatto aggiungiamo un’insalata di cavolo cappuccio e chips di patate».
Nel bistrò monzese abbiamo anche potuto «manipolare» la non carne cruda: la consistenza è identica al macinato di alta qualità (poco grasso e morbido) ma decisamente meno unto, mentre il colore è rosato come la carne di vitello.
Rispetto alla preparazione classica in burger, però, all’assaggio la polpetta vegetale fritta perde in succosità e consistenza e ricorda vagamente i falafel, tendendo un po’ a sbriciolarsi. Anche il sapore scende di qualità, rispetto al burger: diciamo che la sua giusta fine è probabilmente sulla piastra (grazie alla quale la non carne può anche essere richiesta «al sangue») e non in friggitrice.
Ma le novità non sono finite perché nelle hamburgerie WellDone stanno debuttando anche le salsicce: «Beyond meat produce già per gli Stati Uniti sia salsicce di non-maiale che straccetti di non-pollo» racconta Magelli. «Da noi arriveranno le prime e c’è molta attesa per queste nuove preparazioni. Vedremo se il mercato le apprezzerà».
Intanto, il consumatore gradirebbe un prezzo più basso: attualmente, infatti, la Beyond meat costa circa 14 euro al chilogrammo, quindi tanto quanto un macinato di carne di ottima qualità, ma probabilmente con l’aumento dei volumi di vendita in Europa il costo è destinato a calare. Il panino con la carne vegetale in carta a WellDone ha un prezzo che va dagli 8,90 ai 12,90 euro (a seconda delle farciture che si aggiungono) e il piatto di PaulPetta ne costa 17, ma è un pasto praticamente completo.
E mentre si attende l’arrivo della Beyond meat, ovviamente cruda, nella grande distribuzione italiana (negli Stati Uniti i burger, le salsicce e gli straccetti sono già nei banchi frigo delle catene di supermercati, mentre tra poche settimane è previsto il debutto in Germania da Lidl) una cosa, però, è certa: il risultato della quotazione-bomba a Wall Street e i grandi nomi che stanno investendo in questo prodotto innovativo danno l’idea di quanto sia importante e appetibile (è proprio il caso di dirlo) il mercato dei cosiddetti flexitariani: di coloro che, per attenzione all’ambiente e alla salute o per sensibilità nei confronti degli animali, cercano di ridurre il più possibile il consumo di carne pur non volendo rinunciarvi del tutto convertendosi al veganesimo.
Consumatori consapevoli e «flessibili» che non vogliono nuocere al mondo e che da questo momento in poi possono addentare un «vero» non hamburger, anche al «finto» sangue, senza sentirsi in colpa. Se vi pare poco. n
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