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Stampò dei manifesti per la Lega e si ritrova in croce per i 49 milioni

Storia di Marzio Carrara: decenni di lavoro onesto messi in dubbio per qualche articolo

«Mai avuto una tessera politica, io lavoro per chi mi paga. In 40 anni di attività ho stampato manifesti, brochure e santini per tutti i partiti, non solo per la Lega. Del resto faccio lo stampatore. Non è ancora vietato». Marzio Carrara è un imprenditore bergamasco incappato suo malgrado in un singolare sport, la pesca a strascico a caccia dei presunti fondi della Lega. Che oggi sono come la pentola in fondo all'arcobaleno, eccitano gli animi mediatici come le inchieste che accompagnavano Silvio Berlusconi negli anni d'oro.

Il problema dei castelli di carte è che, quando cadono, qualcuno ci rimane sotto. Magari senza colpa, solo perché passava di lì. È il caso di Carrara, entrato da qualche settimana negli articoli dei giornali di mezza Italia che ricostruiscono i rapporti tra la Lega e i famosi commercialisti Alberto Di Rubba, Michele Scillieri, Andrea Manzoni (agli arresti domiciliari) nell'indagine su Film Commission e sui 49 milioni di rimborsi elettorali. Dipinto come il responsabile di un giro di denaro da 29 milioni in entrata e in uscita «senza una reale provenienza né i beneficiari della somma», Carrara si è svegliato una mattina nel ruolo di uomo misterioso dai contorni opachi. Ma in quei panni non si riconosce.

«Ma quali opachi, è tutto chiaro. Per la Lega ho stampato prodotti elettorali per 70.000 euro relativi alla campagna per le politiche del 2018: ci sono ordini, fatture e consegne fatte attraverso corrieri a livello nazionale, tutto tracciato al centesimo. Per quanto riguarda i 29 milioni, sono frutto di un'operazione di acquisizione e vendita assolutamente trasparente. Nel 2017 con la mia società Agh ho comprato per 5 milioni il gruppo Arti Grafiche dal grande gruppo tedesco che non lo riteneva più strategico e l'ho rivenduto nel 2018 a un altro colosso del settore, il gruppo Pozzoni, per 29. Una plusvalenza importante, frutto di una valorizzazione ritenuta interessante dal mercato. Anche qui è tutto tracciato, atti e flussi finanziari. Nella mia vita non mi sono mai nascosto davanti a niente».


Il problema di Carrara è il rapporto con Di Rubba, da anni suo consulente ed entrato per un periodo in società con lui nella Agh. Una liaison che ha fatto scattare l'interesse della guardia di finanza e dei media. Poiché lo stampatore bergamasco non è propriamente un imprenditore che sta con le mani in mano, c'è un passaggio in più: con i 29 milioni ha comprato Lediberg e oggi dà lavoro a un migliaio di persone. Realizza prodotti cartacei di ogni genere, è leader nel settore agende, Smemoranda esce dalle sue rotative.

«Di Rubba mi ha sempre seguito nell'attività. Negli articoli si chiede conto di pagamenti a lui per 214.000 euro: sono due anni di lavoro, ho semplicemente onorato il contratto. Se lui aveva rapporti con la Lega, questo non può essere un problema mio. Sono stato messo in croce anche per l'acquisizione di Lediberg da un fondo del Curaçao, come se lì si nascondesse l'inghippo. Ma quel fondo è arrivato in Italia nel 2013 con procedura ufficiale, passando attraverso il tribunale. Tutto in chiaro. Dal fondo Iris Capital ho comprato un'azienda, non era mio. E per fare le cose per bene, senza correre rischi di opacità, non ho mandato i soldi dell'acquisto a Curaçao come avrei potuto ma li ho fatti depositare su un conto corrente italiano appoggiato allo studio Dentons di Milano, l'advisor legale del venditore. Capisco la diffidenza, ma dopo una vita ad alzarmi alle 5 di mattina e a pensare solo a lavorare mi ritrovo la reputazione a zero. Controllare prima di sparare a una persona non sarebbe stato difficile». Carrara lo spiega con amarezza, teme che banche e clienti scappino perché «lavorando con clienti istituzionali, insinuazioni simili ti fanno diventare improvvisamente brutto anche se sei bello. Ho una famiglia, sono sempre andato a testa alta nella mia città, Bergamo. Adesso dovrei vergognarmi anche se non ho fatto niente di illegale. Oggi se qualcuno digita il mio nome in Google sembro Totò Riina. Chi mi risarcisce dei danni d'immagine?». Quelli che stanno condizionando pesantemente l'operatività dell'azienda, con mille famiglie preoccupate per il futuro.

Marzio Carrara ha ricevuto numerosi accertamenti dalla guardia di finanza, svolti con minuziosa attenzione: nessuna contestazione. Non è indagato, non è stato convocato come persona informata dei fatti. Però è finito nel tritacarne. «Questa faccenda mi ha insegnato a non avere mai più a che fare con i partiti politici, neppure per lavoro. Impieghi mezzo secolo a costruirti una solida reputazione e ti viene demolita in un mese».

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Giorgio Gandola