Trump e la Russia, Sessions sempre più nei guai
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Trump e la Russia, Sessions sempre più nei guai

Contatti con l'ambasciatore di Putin: il Ministro della giustizia accetta di auto-escludersi dalle attività di indagine sull'ingerenza di Mosca nelle elezioni

3 marzo 2017 (aggiornamento) - Si aggrava la crisi russa per l'amministrazione Trump.
L'Attorney General Jeff Sessions ha ieri sera accettato il suggerimento arrivato sia da una parte dei democratici, sia da una buona parte dei repubblicani: il cosiddetto auto-recuse, in sostanza si asterrà da ogni attività di indagine relativa alle interferenze russe nelle elezioni americane di novembre 2016.

Alcuni ambienti democratici chiedono in realtà per le dimissioni di Sessions per via degli incontri che ha avuto con l'ambasciatore russo Sergey Kislyak, che abbiamo ricostruito ieri (cfr. qui sotto).
L'imbarazzo alla Casa Bianca e dintorni è sempre maggiore, anche se finora Trump sembra intenzionato a difendere il suo Ministro della Giustizia, evitandogli così la fine fatta da Michael Flynn.

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La faccenda appare ancora più grave perché nelle audizioni al Congresso per la conferma della sua nomina, Sessions aveva esplicitamente negato sia di essere a conoscenza di eventuali contatti fra esponenti dell'entourage di Trump con i russi, sia, tantomeno, di averne avuti personalmente.
Questa clamorosa bugia - che Sessions di fatto ammette - viene rubricata dall'Attorney General come se fosse irrilevante. Ieri ha infatti detto che negli incontri con Kislyak in fondo non hanno parlato di cose serie; non si sono occupati di elezioni e soprattutto, ha aggiunto, lui parlava con l'ambasciatore russo non in rappresentanza di Trump.

Come ha scritto il Washington Post, Sessions ha incontrato Kislyak due volte: la prima volta ai margini di una conferenza in luglio 2016 durante la Convention repubblicana a Cleveland; la seconda invece direttamente nel suo ufficio al Congresso, dove, tra l'altro, era membro della Commissione Forze Armate del Senato.

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2 marzo 2017 - Una nuova bufera si è abbatutta su Washington. Questa volta su Jeff Sessions, il ministro della Giustizia. Solo qualche settimana fa la Camera dei Rappresentanti americana aveva affermato che non si sarebbe occupata di "caccia alle streghe". Queste erano state le parole del presidente della commissione sui servizi segreti Devin Nunes, in risposta alla richiesta di indagine sui "legami dei membri della campagna presidenziale di Donald Trump e la Russia". Facendo ovviamente riferimento al caso Michael Flynn, l'uomo che era stato messo a capo del National Security Council poi costretto a dimettersi (il 13 febbraio) per aver mentito sui suoi rapporti intrattenuti con funzionari russi, con i quali avrebbe discusso della revoca delle sanzioni, prima dell'insediamento proprio di Trump.

Ora però spunta un altro nome. Quello di Sessions, appunto, che avrebbe incontrato lo stesso alto funzionario di Mosca con il quale aveva avuto contatti l'ex consigliere per la Sicurezza Nazionale. Due volte nel 2016.

Sessantanove anni, senatore dell’Alabama dal 1997 ed ex procuratore, Sessions è uno dei membri più conservatori della Camera Alta del Congresso. Antiabortista, contrario ai matrimoni gay, alla legalizzazione della cannabis, guru delle politiche anti immigrazione ed entusiasta all’idea di costruire il muro al confine col Messico è uno degli uomini che spingono ancora più a destra le politiche del presidente eletto. Ma che adesso getta una nuova ombra sulla Casa Bianca.

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Mentre l'ambasciata russa a Washington non conferma nè nega la notizia, sull'attuale attorney general si scatena la tempesta dato che invece sembra aver avuto contatti con l'ambasciatore russo a Washington Serghiei Kisliak iniziati l'anno scorso quando era anche consigliere di politica estera della campagna di Donald Trump. 

Quello che si sa è che Sessions ha incontrato Kislyak lo scorso luglio, a margine della convention repubblicana, e lo scorso settembre, nel suo ufficio al Senato, proprio mentre l'intelligence Usa accusava Mosca di pilotare attacchi informatici per interferire nelle elezioni americane. Riunioni non rivelate nella sua audizione di conferma al Senato nonostante fosse in atto un'indagine proprio sulla presunta ingerenza del Cremlino a favore di Trump contro i server del partito democratico e contro la candidata Hillary Clinton.

Il fatto inoltre è grave perché l'ambasciatore russo Kislyak viene considerato dall'intelligence americana una sorta di 007 di Mosca oltre che un reclutatore di spie e le sue conversazioni vengono regolarmente monitorate. Secondo il Wall Street Journal, gli investigatori avevano aperto un dossier sui contatti di Sessions con i funzionari russi durante la campagna elettorale. L'Fbi, che sta indagando sulla Russia-connection fa capo al dipartimento di Giustizia i democratici, sottolineando il conflitto d'interessi, reclamo le dimissioni di Sessions.

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"Non ho mai incontrato alcun funzionario russo per discutere di questioni collegate alla campagna (elettorale). Non ho idea di cosa queste accuse riguardino. È falso". Così, in una nota, il ministro della Giustizia Usa respinge l'accusa di aver mentito al Congresso, durante la sua audizione in Senato. Una portavoce del ministero della Giustizia, poi mette un'ulteriore pezza confermando che gli incontri di Sessions con il diplomatico di Mosca sono avvenuti non per conto di Trump ma in qualità di senatore e membro della commissione Servizi Armati del Senato. Che dire, dimissioni in arrivo?



EPA / JIM Lo Scalzo
Il ministro della giustizia Jeff Sessions durante la cerimonia di conferma di fronte al Senato, febbraio 2017

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Chiara Degl'Innocenti