Cassioli: «Cresce l'attenzione verso i disabili ma c'è ancora molto da fare»
Si parla sempre troppo poco, e forse si fa ancora meno, per i disabili, persone che invece meriterebbero ben altra attenzione e considerazione. Cose che non si possono limitare alla giornata che il mondo dedica al 3 dicembre proprio per sensibilizzare maggior attenzione a questa categoria. ne abbiamo parlato con Daniele Cassioli Presidente onorario Piramis onlus
Rispetto al 3 dicembre, giornata mondiale per i diritti delle persone con disabilità, e in generale sui temi ad essa legata, qual è il suo pensiero?
«Devo dire che i pensieri sono molti! Se penso per esempio a quando avevo 20 anni, questa giornata nemmeno veniva menzionata dai media, sebbene sia riconosciuta dall’ONU dal 1981. Più in generale non c’era sicuramente tutta questa attenzione riguardo al tema e negli ultimi anni stiamo assistendo a un discreto aumento della sensibilità delle persone».
A cosa è dovuto secondo lei questo cambiamento?
«Credo che lo sport sia stato un grande acceleratore di cultura e attualmente rappresenti uno strumento straordinario d’inclusione sociale. La disabilità deve molto allo sport perché grazie agli atleti paralimpici è possibile parlarne con ammirazione, raccontando il bello delle abilità che ciascuno può mettere in campo. Parallelamente è innegabile che la presenza della disabilità nei bambini stia aumentando, forse perché si fanno figli più tardi e anche quelle gravidanze che un tempo finivano male riescono comunque a dare alla luce una creatura viva se pur con disabilità più o meno gravi. In ultimo siamo più attivi nel diagnosticare le disabilità intellettivo relazionali e, in alcuni casi, si cerca la disabilità anche dove non c’è, penso per esempio a tutti quei disturbi specifici dell’apprendimento dei quali tempo fa nemmeno si era consapevoli. Tutti questi elementi stanno generando l’esigenza sempre più importante di occuparsi a vari livelli delle persone con disabilità. Allo stesso tempo esistono tantissime persone fragili che purtroppo vivono ancora una situazione segnata dalla propria condizione».
A chi si riferisce?
«Penso a tutti quei bambini che ancora non riescono a fare educazione fisica con i compagni o che non vanno in gita con la propria classe perché non normo dotati. E ancora quel milione circa di persone con disabilità che in Italia non lavorano e addirittura nemmeno cercano un impiego».
Quali pensa possano essere gli elementi per favorire un maggior inserimento delle persone con disabilità nel contesto lavorativo?
«È evidente che il tipo di disabilità impatti sull’occupabilità di una persona. È altrettanto evidente che per ridimensionare questi numeri occorre rinforzare la cultura dell’inclusione nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro. È quindi un processo che riguarda tutti perché le azioni che ognuno di noi compie possono generare inclusione o discriminazione e spesso non ce ne si accorge nemmeno».
L’ha già nominata più volte; cos’è per lei l’inclusione?
«Per me è la capacità di generare un ambiente in cui ognuno sia nelle condizioni di esprimere sé stesso, a prescindere dal genere, dall’età, dall’etnia e da eventuali disabilità.Stiamo facendo anche qui passi importanti in avanti e ho il piacere di viverlo come professionista, lavorando con tante organizzazioni come formatore e consulente: sono sempre di più le realtà che investono sulla D&I (diversity and inclusion) e sono convinto che la capacità di interfacciarsi con persone differenti per orientamento sessuale, cultura e caratteristiche fisiche diventerà sempre più una competenza trasversale indispensabile per collocarsi nel contesto sociale e affermarsi nel mondo del lavoro».
Daniele, lei si dà molto da fare per gli altri, sempre in prima linea per portare la sua testimonianza nelle aziende, nelle scuole o in tv. Cosa si sente di dire a chi ha una disabilità in questa giornata speciale?
«Io faccio del mio meglio perché ho vissuto forte sulla pelle la fatica di crescere con una disabilità e l’ambizione più grande e che tutte quelle porte che nel tempo ho dovuto abbattere con la forza rimangano semi aperte per chi ora si trova dove fui io anni fa.
In occasione di questo giorno speciale credo che abbiamo tutti la grande occasione di coinvolgere chi ancora non conosce la disabilità. Un po’ come se li stessimo invitando alla nostra festa! Mi sento di invitare le persone normo dotate, sì dai i normo dotati gravi… a unirsi a noi in questo giorno così particolare e a farsi incuriosire dalle diversità perché solo conoscendole potremo empatizzare con le difficoltà degli altri e magari renderci parte attiva nel vivere civile per abbattere barriere culturali, architettoniche e sociali».
Per chi non vede quali sono invece le barriere più significative?
«Credo che ce ne sia una che accomuni tutti i tipi di disabilità, sto parlando del pregiudizio. È sempre penalizzante essere giudicato prima in quanto disabile e poi come persona. Nello specifico della cecità una grossa difficoltà per chi non vede è rappresentata dai siti non accessibili, i treni che non annunciano le fermate, i poss per pagare con la carta di credito touch screen e potrei andare avanti per ore. Più del 90% dei siti internet degli enti pubblici non è accessibile! È più facile vedere le barriere architettoniche rispetto a quelle informatiche e anche qui il lavoro più sfidante per tutti noi è creare consapevolezza sul tema. Si dice che la disabilità sia negli occhi di chi guarda, possiamo allora aggiungere che l’inclusione è nelle orecchie di chi ascolta».