Pentagono: un microchip nel cervello dei soldati
Servirebbe a tenere sotto controllo l'umore dei veterani reduci dal fronte che soffrono della Sindrome post traumatica da stress
La Malattia del Veterano è una brutta bestia. Ti assale all'improvviso quando sei a tavola con la famiglia o al centro commerciale, in coda in macchina o in qualche ufficio pubblico per sbrigare una semplice pratica. Senso di estraniazione, vertigini, un'ansia incontenibile, panico, sudori freddi, voglia di scappare, voglia di spaccare tutto, voglia di fare e di farti male. La bestia che ti ha preso quando eri in guerra non ti molla quando torni a casa.
Si chiama Sindrome post - traumatica da stress. Ne soffre il 20% dei 2 milioni e 600.000 reduci dall'Iraq e dall'Afghanistan. L'hanno presa anche i veterani del Vietnam, ma per loro le statistiche sono meno precise perché gli studi più approfonditi sul disturbo sono iniziati anni dopo la fine di quel conflitto. Chi ha questa sindrome molto spesso cerca una distrazione nell'alcol e nella droga. Ma, la depressione spinge ancora più in là. La guerra è rimasta dentro con tutta la sua violenza. Molti di questi reduci arrivano al suicidio o all'omicidio.
Controllare la mente
La Malattia del Veterano è una piaga sociale. Con tutti i suoi costi. Come ha dimostrato il recente scandalo delle liste segrete d'attesa (quelle su cui finivano i pazienzi che dovevano rimanere in attesa per mesi e mesi di una visita medica), a causa della mancanza di fondi il Dipartimento per gli affari dei reduci di guerra non riesce ad offrire l'assistenza medica a tutti coloro che ne avrebbero bisogno. Dopo aver servito la bandiera a stelle e strisce sono abbandonati a loro stessi.
Il Pentagono ha deciso di studiare il modo di limitare i danni sociali della Sindrome post-traumatica da stress. E lo ha fatto con un programma che può apparire fantascientifico, ma che in realtà non lo è: creare un apposito microchip da inserire nel cervello dei veterani in modo da controllare il loro umore e quindi alleviare le loro pene.
La Defence Advanced Reserach Projects Agency ha stanziato 12 milioni di dollari (che presto potrebbero raddoppiare) per questo progetto. Un team di ricercatori dell'Università della California useranno questi fondi per costruire un impianto cibernetico con elettrodi da inserire nel cervello dei soldati interessati. Per raggiungere il risultato sperato, gli scienziati californiani partono dagli analoghi studi fatti per il Morbo di Parkinson.
Gli studi dell'Air Force
In questo caso, il primo passo sarà quello di costruire una mappa precisa delle aree del cervello interessate all'ansia e inserire il microchip in quelle zone. Trovare la soluzione non sarà un'impresa facile. Gli stati d'animo non sono riconducibili solo a impulsi cerebrali, ma la Darp è convinta che questa sia la strada giusta. Secondo molti neurologi, con l'attuale tecnologia è possibile tenere sotto controllo il livello dell'ansia dentro la mente e con ulteriori studi è potenzialmente possibile agire sulla "gestione" dell'adrenalina nel sangue.
Se tutto questo dovesse essere realizzato saremmo di fronte a un nuova forntiera del rapporto tra scienza, tecnologia e militari. A quando i soldati-robot? Esseri umani "teleguidati" nelle loro emozioni da un microchip costruito appositamente per renderli delle "armi" più efficaci quando sono sul fronte di guerra. Uno studio simile è già stato avviato.
L'Air Force sta studiando da tempo una sorta di caschetto che servirà a lanciare impulsi elettronici alle aree del cervello che gestiscono la stanchezza fisica. Sarebbe una specie di iniezione di caffeina per i piloti che devono fare lunghi voli o che sono impegnati nelle operazioni di caccia all'uomo con i droni. Nulla di invasivo, ma pur sempre, anche in questo caso, una nuova frontiera della guerra.
In attesa di vedere i risultati di questi studi una cosa è certa: alimentaranno le teorie della cospirazione sull'utilizzo dei microchip da parte del governo Usa per controllare i cittadini americani attraverso la manipolazione diretta della loro mente. I veterani che soffrono della Sindrome post - traumatica da stress potrebbero essere i primi.