Cesare Battisti, le tappe della fuga
Tra arresti, protezioni politiche, tentativi di fuga, la storia dal 2004 ad oggi della latitanza del terrorista fino all'arresto in Bolivia
Cesare Battisti è stato Arrestato in Bolivia. Del terrorista dei Pac (Proletari armati per il Comunismo) non si avevano più notizie da diverse settimane, da quando cioè è stata firmato il documento di estradizione in Italia.
Queste le tappe, giorno per giorno, della latitanza di Battisti in Brasile.
13 gennaio 2019 - Agenti dell'Interpol catturano ed arrestano in Bolivia Cesare Battisti. La sua estradizione in Italia è davvero vicina.
Filipe Martins, consigliere speciale del presidente della repubblica Jair Bolsonaro ha dichiarato poco dopo la cattura. "Il terrorista italiano Cesare Battisti è stato arrestato in Bolivia e sarà presto portato in Brasile, da dove verrà probabilmente mandato in Italia, così da poter scontare l'ergastolo secondo la decisione della giustizia italiana". Ad eseguire l'arresto una squadra speciale dell'Interpol con agenti italiani. Al momento dell'arresto Battisti aveva barba e baffi finti.
14 dicembre 2018 - Agenti di Polizia italiani sono arrivati in Brasile per prendere in consegna Battisti e riportarlo nel nostro paese dove deve scontare l'ergastolo.
13 dicembre 2018 - Battisti è in fuga. La sua macchina è stata trovata parcheggiata nel cortile di casa ma di lui nessuna traccia. Gode della protezione e dell'aiuto di decine di persone tra cui agenti di Polizia, spie, giudici, intellettuali. Si teme stia cercando riparo in un altro paese del sud America, forse in Bolivia, aiutato dai servizi di intelligence francesi.
10 dicembre 2018 - Cesare Battisti va arrestato perché sussite il pericolo di fuga. E' la decisione, non troppo clamorosa, presa dai giudici dell'Alta Corte del Brasile e che avvicina il momento dell'estradizione del latitante in Italia. Una mossa, la prima, che segue le dichiarazioni del neo Presidente del Brasile, Bolsonaro, da sempre favorevole all'estradizione del terrorista.
La fuga in Brasile
Approdato in Brasile nel 2004, il terrorista italiano è stato protetto per tutto questo tempo da una lobby condotta a livello internazionale da esponenti della cultura di sinistra. Quella stessa "gauche caviar" che a Parigi nel 1990 lo aveva accolto a braccia aperte grazie alla "dottrina" ispirata dal presidente Francois Mitterrand, il presidente che fu il teorico della difesa dei nostri terroristi rossi perché a suo dire inseguiti dalla brutalità giudiziaria italiana.
Le tappe della latitanza
In Brasile, quattro anni dopo il suo arrivo, nel 2009 Battisti era stato però “tradito” proprio dal Supremo tribunal federal, che in quel caso aveva autorizzato la sua estradizione.
Otto anni fa la decisione dei giudici brasiliani era stata comunque pilatesca: la corte aveva infatti lasciato l'ultima parola all'allora presidente Luiz Inacio Lula da Silva. E il 31 dicembre 2010, proprio nel suo ultimo giorno di mandato, Lula aveva concesso a Battisti lo status di rifugiato politico, bloccando l'estradizione.
Il ministro della Giustizia di Lula, Tarso Genro, un esponente trotzkista del Partito dei lavoratori, aveva giustificato quel passo clamoroso con "il fondato timore" che l’Italia avesse ordito "una vera persecuzione" nei suoi confronti.
A nulla era servita, allora, l’indignata protesta esercitata dal governo di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi: Lula era stato irremovibile.
La situazione non era cambiata nemmeno sotto la nuova presidente del Brasile, Dilma Rousseff, che l'8 giugno 2011 (in questo caso in pieno accordo con i magistrati) aveva negato una seconda volta l'estradizione, sostenendo che in Italia Battisti avrebbe potuto "subire persecuzioni a cause delle sue idee".
Poi le cose sono molto cambiate dal punto di vista politico. L'ex presidente brasiliano, il centrista Miguel Temer che nell’agosto 2016 ha preso il posto della Roussef dopo la sua rovinosa caduta per via giudiziaria, il 12 ottobre scorso aveva annunciato la revoca dello status di rifugiato concesso a Battisti da Lula, e poi aveva pubblicamente dichiarato che dovrebbe essere estradato al più presto in Italia.
Alla causa politica del terrorista non ha giovato la crisi del Partito dei lavoratori, la sinistra di governo la cui credibilità negli ultimi anni è stata fiaccata dalle ripetute Tangentopoli brasiliane. E ad alienargli le simpatie della politica brasiliana hanno contribuito probabilmente anche i suoi atteggiamenti polemici: le interviste, irritanti e spavalde, e soprattutto il tentativo di fuga in Bolivia del 4 ottobre (anche se Battisti nega di aver mai voluto espatriare di nascosto), che ha portato a un suo breve arresto.
Ma una cosa è la politica, un'altra è la giustizia: c'è anche un altro elemento che potrebbe giocare a favore del latitante, ed è la lettera indirizzata dalla sua compagna al Supremo tribunal federal, nella quale la donna ha ricordato che l'estradizione priverebbe del padre il figlio, di soli 4 anni.
La fine di Lula, arriva Bolsonaro
La svolta arriva con le elezioni presidenziali del 2018. Il candidato della destra, Bolsonaro, fin da subito promette al Governo italiano che in caso di successo alle elezioni uno dei primi provvedimenti sarà proprio l'estradizione del terrorista in Italia.
14 dicembre 2018. Parte l'ordine di arresto per Cesare Battisti dato l'esistente "pericolo di fuga"