Che c'azzecca la Bindi con l'Antimafia?
Non sarà un presidente condiviso, come dimostra la reazione del PdL. E non può vantare un curriculum di grande competenza per la Commissione che presiederà. Eppure l'hanno eletta
Alla fine il Pd ha vinto il suo braccio di ferro per la presidenza della commissione bicamerale Antimafia. Rosy Bindi è stata eletta a capo della commissione: c’è riuscita alla seconda votazione, grazie ai voti di Scelta civica e di Sinistra, ecologia e libertà.
Il Pdl però annuncia una reazione senza precedenti: «La delegazione del Popolo della libertà» si leggeva in una nota congiunta dei presidenti dei gruppi parlamentari del partito, Renato Schifani e Renato Brunetta, che è stata diffusa prima della votazione «in caso di elezione di un presidente nella seduta odierna, non parteciperà ai lavori della Commissione per l’intera legislatura, denunciando con questo atto l’irresponsabilità del Pd ed affermando la necessità di avere alla presidenza di una commissione così importante una personalità condivisa dall’insieme delle forze politiche».
In effetti Bindi non ha proprio la caratura di un presidente «condiviso» o «collegiale», così come richiesto dal centrodestra. Né ha particolari caratteristiche di competenza sulla criminalità organizzata, visto che in sei legislature non ha mai fatto parte della commissione Antimafia, né si è mai occupata specificamente di fenomeni mafiosi. L’unico elemento che, da toscana, avvicina in qualche modo la neopresidente ai territori aggrediti dalle cosche è il fatto di essere stata candidata dal Pd a Reggio Calabria alle ultime elezioni. Ma, francamente, è un po’ pochino…