A che punto è il ricorso di Berlusconi a Strasburgo
Il procedimento intentato dal leader di FI alla Corte europea dei diritti dell'uomo, si chiuderà non prima di ottobre. Che cosa potrà accadere?
Quattro anni potrebbero non bastare. Silvio Berlusconi probabilmente dovrà aspettare fino al prossimo ottobre per leggere la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella speranza che gli restituisca l'onore e l'agibilità politica.
Condannato in Cassazione il 1° agosto 2013 per frode fiscale, il leader di Forza Italia ha presentato un primo ricorso alla Cedu il 7 settembre di quello stesso anno. L'ha poi integrato con alcune memorie dopo la decisione del Senato che nel novembre 2013, in ottemperanza alla Legge Severino, ha decretato la sua decadenza da parlamentare.
Dal deposito del ricorso sono già trascorsi tre anni e cinque mesi, ma i giudici di Strasburgo non si sono ancora pronunciati sulla materia, che pure attiene ai fondamenti della vita democratica di uno dei 47 Paesi europei sui quali hanno giurisdizione. Non lo hanno fatto, i giudici, soprattutto per il ritardo della controparte legale di Berlusconi: il governo italiano. Soltanto lo scorso 21 dicembre, dopo aver chiesto e ottenuto a fine ottobre una proroga di due mesi, il ministero degli Esteri (che oggi, per ironia del destino, è retto da quell'Angelino Alfano che fu autore di un Lodo che avrebbe dovuto difendere proprio l'ex premier Berlusconi da ogni inchiesta giudiziaria) ha presentato la sua memoria difensiva a Strasburgo.
Ancora otto mesi prima della sentenza
A questo punto, la prassi della Cedu prevede circa uno o due mesi di tempo per le repliche che il ricorrente volesse opporre alla memoria della Farnesina, più un altro mese per le eventuali contro-repliche del governo italiano. Si arriverà, insomma, ad aprile. "Terminato il contraddittorio tra le parti" dice Andrea Saccucci, tra i massimi esperti europei nella tutela dei diritti umani e legale di Berlusconi a Strasburgo "alla Cedu resterà soltanto di decidere. Di solito non si svolge alcuna udienza pubblica: i sette giudici della Prima sezione decideranno chiusi in camera di consiglio. E tra riunioni, stesura della sentenza e traduzioni, è plausibile che trascorrano almeno altri sei mesi".
Quindi è facile prevedere che si dovrà attendere almeno l'ottobre 2017.
Da tecnico esperto della giurisprudenza europea, e forse anche con un filo di scaramanzia, Saccucci aggiunge che in via del tutto teorica ("anche se non lo ritengo probabile") la Cedu potrebbe emettere anche una "decisione d'inammissibilità" del ricorso berlusconiano, ma soltanto se se dovesse riscontrarne la "manifesta infondatezza". Non importa se finora, in questi tre anni e cinque mesi, la Corte non l'ha fatto: la scelta può intervenire in qualsiasi momento del giudizio. L'inammissibilità risolverebbe la questione in tempi più brevi di una sentenza vera e propria, e non sarebbe più impugnabile, mentre una sentenza lo è, e lo è sempre.
Il ricorso di Silvio Berlusconi
Nel ricorso del 2013, cui è stato assegnato il numero 58428, Berlusconi contesta all’Italia di avere illegittimamente applicato la legge Severino al suo caso: un'ipotesi di frode fiscale che risale agli anni tra 1995 e 1998, e in ultima istanza alla dichiarazione dei redditi per il 2003, presentata nell'ottobre 2004. La Legge Severino, varata nel dicembre 2012 dal governo Monti, stabilisce l'incandidabilità per tre categorie di condannati e, in particolare, per "chi abbia riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per delitti non colposi, per i quali sia prevista la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni": è questo esattamente il caso di Berlusconi, che è stato costretto all'incandidabilità per un periodo di sei anni a partire dall'agosto 2013.
Ma il leader di Forza Italia lamenta che nei suoi confronti la Legge Severino sia stata applicata retroattivamente, violando così l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani che sancisce un principio universale: nessuno può essere condannato in base a una legge che non fosse in vigore al tempo in cui sono stati commessi i fatti di cui è accusato.
Nel ricorso e nelle memorie, i legali e consulenti del Cavaliere (una squadra che accanto a Saccucci vede Bruno Nascimbene, ordinario di diritto dell’Unione europea all’Università di Milano; Frédéric Sudre, docente di diritto a Montpellier e direttore dell’Institut de droit européen des droits de l’homme; e sir Keir Starmer, già a capo della Procura britannica) dimostrano come la Legge Severino, che pure non afferisce strettamente al diritto penale, contenga sanzioni come l'incandidabilità, che sono inequivocabilmente penali.
E contestano anche l'estrema, eccessiva gravità della sanzione, che può incidere sul diritto di elettorato passivo per ben due legislature consecutive (mentre nel caso di Berlusconi la Corte d'appello di Milano, nell'ottobre 2013, aveva limitato a soli due anni la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici).
Saccucci e i suoi colleghi criticano inoltre "l'irragionevolezza e lo squilibrio" della norma, che sanziona con la stessa durata d'incandidabilità chi sia stato condannato a due anni e sei mesi per una calunnia (o a quattro per una frode fiscale), e chi sia stato ritenuto colpevole di reati ben più gravi, come il terrorismo o l'associazione mafiosa.
Il ricorso attacca infine l'assenza, nell'ordinamento italiano, di un organo che assicuri garanzie minime d'imparzialità alle delibere in materia di decadenza dal mandato della Camera e del Senato, due organi strettamente politici: questa lacuna violerebbe l'articolo 13 della Convenzione europea e si presta indubbiamente a favorire l'arbitrio, se non addirittura la prevaricazione, di una maggioranza parlamentare su singoli deputati e senatori di minoranza.
Saccucci è chiaro: "L'assenza di qualsiasi forma di controllo giurisdizionale sulla decadenza dal Parlamento è probabilmente il tema più forte, e ineludibile, del nostro ricorso".
Per tutto questo, ma anche per "le gravissime ripercussioni sulla libera espressione del corpo elettorale e sul funzionamento delle istituzioni democratiche" della Legge Severino, il ricorso chiede alla Corte di Strasburgo di condannare lo Stato italiano, imponendogli adeguate modifiche alla normativa.
L'opposizione del governo italiano
Nella memoria difensiva di 23 pagine, depositata il 21 dicembre 2016, il governo italiano nega che la Legge Severino appartenga all'ambito penale, e le attribuisce carattere amministrativo anche in presenza di sanzioni pesantemente afflittive.
Il governo ricorda anche che la Corte costituzionale di Roma, giudicando nell'ottobre 2016 sul caso del governatore Vincenzo De Luca (candidato alla presidenza della Regione Campania pur avendo subito una condanna in primo grado per abuso d'ufficio) esattamente come ha fatto anche per altri amministratori locali, ha confermato la piena legittimità della norma e ha stabilito che il carattere "non sanzionatorio" della sospensione dalla carica non configura una violazione del principio di irretroattività.
Va detto, però, che la sospensione di un governatore o di un sindaco condannati sono cose ben diverse dalla decadenza di un parlamentare. E su questo la Consulta, finora, non si è mai pronunciata.
Che cosa accadrà, se la sentenza sarà favorevole?
A partire da ottobre si vedrà chi ha ragione. Ma se la sentenza di Strasburgo dovesse essere favorevole a Berlusconi, si porrà un doppio, complesso problema: quali effetti concreti potrà avere, in caso di future (e magari imminenti) elezioni? E, soprattutto, come potrà essere fatta valere? Una sentenza della Cedu, infatti, non basterebbe di per se stessa a restituire l'agibilità politica al Cavaliere, in assenza di misure nazionali di attuazione.
Le soluzioni sono fondamentalmente tre. La prima: il governo italiano potrebbe rimettere al Parlamento la Legge Severino, perché venisse modificata, ma sarebbe un percorso lungo e travagliato.
La seconda: Berlusconi, davanti a un rifiuto dell’ufficio elettorale di accettare la sua candidatura nonostante una sentenza favorevole di Strasburgo, potrebbe fare un ricorso d'urgenza al giudice civile e potrebbe innescare una questione di legittimità costituzionale sulla Legge Severino. In questo caso, la Consulta prevedibilmente dovrebbe bocciare la Legge Severino, visto che ha sempre riconosciuto alla Cedu e alle sue sentenze una natura «superlegislativa». Ma il calendario della Corte costituzionale, si sa, non sempre segue quello delle elezioni.
Terza soluzione: Berlusconi potrebbe tentare un ricorso d'urgenza per ottenere un provvedimento che gli permetta di candidarsi. Anche in questo caso, non sarà un percorso facile, e non ci sono precedenti. Ma, a prescindere dal ricorso berlusconiano, è sicuramente il caso che la Corte costituzionale possa valutare se la Legge Severino, stabilendo la decadenza dei parlamentari, non abbia eccessiva influenza sulla democraticità di un intero Paese.