Chi ha ucciso Serena Mollicone
Prima le accuse al padre della ragazza, uccisa nel 2001. Poi nuove indagini che ora potrebbero portare a fare chiarezza. E giustizia
Sono le tredici di sabato 31 gennaio 2015. Guglielmo Mollicone mi risponde al primo squillo. È rimasto solo dopo la morte della moglie per un tumore fulminante e la morte della figlia Serena, trovata in una discarica a soli 18 anni e mezzo legata mani e polsi con filo di ferro e nastro adesivo e con la testa avvolta da un sacchetto di plastica. Mi racconta che dopo il ritrovamento della figlia, avvenuto il 3 Giugno del 2001, cioè esattamente due giorni dopo la sua scomparsa, subisce un interrogatorio di 80 lunghe ore, tutto tempo sprecato senza occuparsi dei veri colpevoli.
"Probabilmente qualcuno cercava fin dall'inizio di depistare le indagini, io non potevo immaginare che qualcuno potesse ritenermi colpevole dato l'amore immenso che provavo per mia figlia, la sua morte mi aveva distrutto, e credevo volessero dettagli più specifici. Non riuscirono ad incastrarmi". Un caso che nel corso degli anni ha vissuto vari colpi di scena.
Il primo indagato
Il primo ad essere inscritto nel registro degli indagati dalla procura di Cassino il 24 settembre del 2002 fu il carrozziere di Rocca d'Arce Carmine Belli, sospettato a causa di un biglietto dove era annotato un appuntamento con la studentessa. In casa Belli vennero trovate anche delle buste simili a quella usata per soffocare Serena. Sembrava un altro depistaggio, poiché l'allora trentottenne venne assolto nel 2006 come persona estranea ai fatti.
Santino Tuzzi, teste ucciso
"La ragazza si presentò in caserma per denunciare un traffico di droga nel quale erano coinvolti molti giovani, figli di personalità importanti del paese". Così almeno raccontò il brigadiere Santino Tuzzi, di 50 anni, che tre giorni prima di essere ascoltato dalla procura, venne trovato morto con un colpo di pistola dritto al cuore, dentro la sua macchina. Secondo molti non si trattò di suicidio, poiché il colpo non aveva bucato il sedile, che si presentava senza fori di ingresso e di uscita. Fra l'altro la stessa pistola venne ritrovata appoggiata , elemento significativo per indagare per omicidio. Che cosa sapeva Santino, per finire in questa maniera? Che cosa mai avrebbe confessato la povera Serena di così eclatante da non far scrivere la denuncia nemmeno allo stesso brigadiere, impaurito dal racconto della ragazza? Quali nomi avrebbe fatto Serena, a quali personalità importanti si riferiva? Le indagini sembrano aver lasciato nel tempo molte lacune: perché venne interrogato il padre invece di sentire subito il brigadiere, che affermava di aver visto Serena proprio quel giorno?
Santino racconta di essere stato in caserma fino alle 14, dice di non ricordare di averla vista uscire. Dice che "sua figlia voleva fare una denuncia", ma lui non si era sentito in grado di scriverla. La stessa figlia del carabiniere è convinta che il padre avesse visto o assistito a qualcosa di molto compromettente, che non riuscisse a mantenere il silenzio. "Mia figlia Serena era una brava ragazza, altruista, e voleva aiutare degli amici ad uscire da un certo giro" racconta Guglielmo Mollicone.
Le ultime novità
Ora ci sono novità, finalmente, sembra che ci sia un testimone: un uomo informato dei fatti che le forze dell'ordine stanno proteggendo, tenendo al sicuro senza rivelarne il nome. Insomma ci sarebbero proprio degli agenti che lo starebbero controllando giorno e notte perché sarebbe proprio lui a poter permettere di risolvere il caso. Inoltre la busta di plastica con la quale hanno soffocato Serena dopo ore di agonia, sarebbe stata riesaminata grazie all'aiuto delle nuove tecnologie.
Parla con un filo di voce Guglielmo, ha lasciato a terra la spesa per rispondermi, e io non
desideravo ricordargli le immagini tremende del ritrovamento della figlia.
Lo conosco da un anno, i suoi occhi parlano della sua sofferenza, e appartengono a un uomo
dignitoso e che cerca di non fermarsi davanti alla ricerca della verità.
Gugliemo lotta da molto tempo, e ha dovuto sopportare, anche se per poco tempo, i sospetti e i
pregiudizi di chi pensava fosse stato lui.
Mi dice con entusiasmo che gli inquirenti sono sulla strada giusta, e che ha grande fiducia nel
procuratore della Repubblica del tribunale di Cassino, Mario Mercone:
"Sai Eleonora, è lo stesso che ha risolto il caso di Gilberta Palleschi e poi anche altri sei casi di
femminicidio, questo è uno bravo e sono sicuro che ce la farà".
#chihauccisoserenamollicone.