Chi sono i "reclutatori" islamici nelle carceri italiane
Low profile e carattere docile. I "promotori" del Corano e a volte anche della jihad monitorati dall'intelligence sono 33, per lo più tunisini
Sono figure carismatiche, conoscono passi del Corano a memoria e hanno un temperamento nella maggior parte di casi molto tranquillo. Riescono, però, a catalizzare attorno alla loro persona decine di altri detenuti con i quali iniziano prima l’opera di conversione, poi di radicalizzazione. Sono i cosiddetti “promotori”, ovvero soggetti che all’interno delle carceri promuovono la parola del Profeta e molto spesso anche la jihad. Non necessariamente sono imam.
In Italia sono 33 i "promotori" all’interno degli istituti di pena, schedati dalla nostra intelligence. Sono tutti di origine nordafricane, per la maggior parte tunisini, marocchini e egiziani. I predicatori originari della Tunisia sono 11, 7 del Marocco e altrettanti sono con passaporto egiziano.
Ma tra i Paesi di origine dei predicatori compaiono anche l’Algeria, il Gambia, il Pakistan, la Tanzania, l’Albania ma a sorpresa anche la Francia e l’Italia.
Due europei sono sotto la lente di ingrandimento degli investigatori. Entrambi sono figli di nordafricani ma nati in Europa. Il francese ha 27 anni, l’italiano solo 25.
I promotori vestono all’occidentale, hanno comportamenti molto corretti, partecipano attivamente e con profitto alle attività che vengono svolte in carcere. Alcuni posseggono un livello di conoscenza della lingua italiana elevatissimo e non di rado vengono utilizzati come interpreti con i nuovi detenuti. Mantengono, spesso, un low profile, un basso profilo, cercando di non emergere tra i detenuti reclusi.
Le carceri toscane e siciliane
Ma dove sono rinchiusi? Alcuni di questi promotori-predicatori sono detenuti negli stessi istituti penitenziari e sembrano formare dei veri e propri “centri di preghiera”. Il numero maggiore si trova nellecarceri della Toscana, dove gli investigatori ne hanno "identificati" ben 8 distribuiti nelle varie case circondariali. Ma la maggior concentrazione è in una struttura nel cuore di questa regione.
Dal Centro Italia si passa alla Sicilia dove si trova un'altra “sacca” importante di detenuti-promotori. Tra il carcere di Enna, Gela e Caltanissetta ce ne sono altri 8.
L’unico italiano, invece, si trova recluso in una casa circondariale del Piemonte assieme ad un tunisino considerato anche lui molto attivo nella predicazione e nel proselitismo.
Una parte di questi soggetti si trovano all’interno delle carceri dove si sono convertiti all’Islam i detenuti italiani oppure vi hanno trascorso una parte del loro periodo di reclusione.
Il lavoro di intelligence della penitenziaria
“È difficile identificare i promotori- spiega a Panorama.it,Angelo Urso, Segretario Generale Uilpa- ma è sicuramente ancor più difficoltoso capire quali sono i rapporti che questi soggetti intrattengono con detenuti musulmani e con quelli italiani”.
“Essendo figure carismatiche vengono spesso circondate da un numero importante di reclusi - prosegue Urso - ma non necessariamente questi vengono tutti radicalizzati e quindi diventano potenziali terroristi. Spesso questi soggetti operano delle conversioni ma con altrettanta facilità pianificano traffici di stupefacenti, varie tipologie di reati comuni o, ad esempio, il traffico di armi”.
Terrorismo e boss mafiosi
“Questi soggetti, infatti, non sono solamente un punto di rifermento religioso ma anche d’affari - precisa Angelo Urso – proprio come lo erano i boss mafiosi. Le dinamiche carcerarie sono rimaste immutate, l’unica differenza è la lingua. In passato, intercettare le conversazioni dei mafiosi benché parlassero in codice, era comunque possibile. Oggi, con la lingua araba è diventato tutto molto più complesso”.
Dunque, il ruolo ricoperto dai “promotori” risulta essere davvero delicato non solo nella conversione ed eventualmente radicalizzazione di soggetti musulmani o italiani, ma anche come ponte tra il mondo islamico e le organizzazioni criminali italiane.