Clima: Patrimonio Unesco minacciato dal mare
Un'analisi su 49 siti vicini alle coste del Mediterraneo rivela molti rischi per inondazioni ed erosione. Venezia e Ferrara tra quelli più in pericolo
"Venezia che muore, Venezia poggiata sul mare...", cantava triste Guccini. E di campane a morto per Venezia ne sono suonate tante. L'ultimo avvertimento arriva da uno studio condotto da Lena Reimann e colleghi dell'Università di Kiel, in Germania, e appena pubblicato su Nature Communications, che ha preso in esame 49 siti che fanno parte del Patrimonio Mondiale dell'Unesco nel Mediterraneo, 15 dei quali si trovano in Italia, per capire a quali rischi sono esposti a causa del cambiamento climatico. Per i siti che si trovano nel nostro paese non ci sono buone notizie.
Il pericolo viene dal mare
La regione mediterranea ha un'alta concentrazione di siti del patrimonio mondiale dell'Unesco, molti dei quali si trovano in località costiere. L'innalzamento del livello del mare rappresenta una minaccia per questi siti a causa principalmente di due fenomeni: inondazioni ed erosione costiera. Lo scopo dello studio era quello di mettere a punto un indice di rischio per i 49 siti costieri esaminati entro la fine del secolo.
Mettendo insieme modelli informatici del cambiamento climatico e dati relativi a ciascun sito, i ricercatori hanno stimato che 37 siti sono a rischio di subire un'inondazione nei prossimi 100 anni, mentre 42 rischiano a causa dell'erosione costiera già oggi. Praticamente entro il 2100 tutti i siti considerati, (tranne la Medina di Tunisi e il sito Xanthos Letoon in Turchia) saranno in pericolo a causa di una di queste due minacce, o in parecchi casi per entrambe.
Capolavori vulnerabili
Sulle coste del Mediterraneo gli insediamenti antichi e attuali sono spesso situati molto vicino all'acqua e appena sopra il livello del mare, il che comporta un primo importante livello di rischio per molti dei monumenti considerati. Inoltre, i metodi di adattamento al cambiamento climatico e gli standard di protezione variano considerevolmente da un paese all'altro, a causa delle grandi differenze socioeconomiche tra le parti settentrionali, orientali e meridionali della regione. Questo significa che la maggior parte del Patrimonio Mondiale in quest'area gode di una protezione dalla costa piuttosto limitata.
Non tutti i siti in pericolo sono a rischio allo stesso modo. Per quel che riguarda le inondazioni, per esempio, l'area interessata nel sito archeologico di Leptis Magna, in Libia, sarebbe appena lo 0,03%, mentre a Venezia e nella sua laguna l'area a rischio inondazione arriverebbe al 97%: in pratica nessuno scampo. In media parliamo dell'11,3% di area inondabile nei siti Unesco considerati.
Italia osservata speciale
In generale Venezia e la laguna, Ferrara, il delta del Po e la basilica di Aquileia a Udine sono considerati tra i siti Unesco maggiormente a rischio nell'area mediterranea perché si affacciano sul Mar Adriatico settentrionale, dove alte mareggiate coincidono con l'innalzamento del livello del mare a livello regionale.
Sono stati elaborati quattro diversi scenari in base a quattro percorsi rappresentativi di concentrazione, ovvero quattro ipotesi dell'andamento delle emissioni di gas serra da qui fino a fine secolo. Lo scenario migliore (RCP2.6) è quello che prevede di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2020, ed è l'unico in base al quale secondo le stime dell'IPCC potremmo riuscire a restare ben al di sotto dell'aumento delle temperature di 2 °C rispetto all'era preindustriale.
Poi i ricercatori hanno considerato lo scenario RCP4.5, nel quale il picco delle emissioni è previsto entro il 2040, e lo scenario (RCP8.5), che prevede un continuo aumento delle emissioni fino al 2100 ed è associato a un possibile aumento della temperatura globale di più di 8 °C. Infine c'è lo scenario cosiddetto High End, cioè quello nel quale è previsto il massimo innalzamento del livello del mare.
"In 16 paesi mediterranei (tra cui Gibilterra)", si legge nello studio, "almeno un sito patrimonio mondiale è a rischio in almeno uno dei quattro scenari. Il più alto numero di siti a rischio si trova in Italia (13), e corrisponde all'87% del patrimonio italiano situato nella zona costiera a bassa elevazione", seguono Croazia (6 siti, 86%) e Grecia (3 siti, 75%).
Erosione già all'opera
Il rischio di erosione è determinato principalmente dalla distanza di un sito dalla costa. Già oggi 31 dei siti considerati si trovano almeno in parte entro 10 m dalla linea di costa. La distanza media dalla costa diminuisce del 30% da circa 1,1 km nel 2000 a 762 m entro fine secolo nello scenario migliore RCP2.6 e di oltre il 90%, a poco più di 100 m, nello scenario peggiore.
In totale, 47 siti Patrimonio Mondiale dell'Unesco potrebbero essere a rischio di almeno uno dei due pericoli entro la fine del secolo, con Piazza del Duomo a Pisa potenzialmente a rischio solo a causa delle inondazioni, e sette siti (la città medievale di Rodi, in Grecia, la Medina di Sousse in Tunisia, l'area archeologica di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, l'insieme archeologico di Tarragona in Spagna, le città barocche della Val di Noto in Sicilia, la città bianca di Tel Aviv in Israele e la piana di Stari Grad in Croazia) solo dall'erosione.
"Il rischio aumenterà ulteriormente entro il 2100, in particolare nella seconda metà del secolo, quando le proiezioni di innalzamento del livello del mare divergono notevolmente in base al rispettivo scenario. Pertanto, l'entità dell'aumento del rischio dipende in gran parte dagli sforzi globali di mitigazione nei prossimi anni, che dovrebbero perseguire l'obiettivo di non superare l'RCP2.6 come previsto dall'accordo di Parigi".
Correre ai ripari
Se non rispettiamo l'impegno di frenare le emissioni per cercare di limitare l'aumento delle temperature entro 1,5 °C, molti dei siti Unesco di maggior valore potrebbero essere profondamente danneggiati o addirittura spazzati via. Come insegna il MOSE, sistema di barriere sottomarine attualmente in costruzione a Venezia, spiegano gli autori, "al fine di preservare il valore estetico di un sito patrimonio dell'Unesco, potrebbero essere necessarie misure di protezione molto costose".
"Una combinazione di strategie di sensibilizzazione e misure di protezione sembrano essere i sistemi di adattamento più corretti, ma occorre anche considerare la ricollocazione, in particolare laddove il rischio è molto elevato". Solo che, come fanno notare gli autori stessi, il delta del Po' o un sito che copre un'area geografica vasta, come per esempio il sistema dei palazzi dei Rolli a Genova o l'intera città di Ferrara, non può essere spostato altrove.
"I nostri risultati", concludono gli studiosi, "possono aumentare la consapevolezza dei responsabili delle politiche e dei gestori del patrimonio, sottolineando l'urgente necessità di adattamento in quanto un gran numero di siti sono già a rischio di inondazioni costiere ed erosione nelle condizioni attuali. Entrambi i rischi peggioreranno nel corso del ventunesimo secolo e forse oltre, la loro portata dipende dall'impegno di mitigazione su scala globale nei prossimi anni. Tuttavia, l'adattamento può essere implementato solo in misura limitata, specialmente per quanto riguarda i siti Unesco, poiché il loro eccezionale valore universale può essere compromesso dalle misure di adattamento".
Insomma le strategie stesse di adattamento al cambiamento climatico potrebbero snaturare i siti che intendono proteggere fino a farli uscire dalla lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco. Pertanto gli sforzi di mitigazione delle emissioni, per evitare di giungere a scenari catastrofici, sono necessari almeno quanto l'adattamento per proteggere il nostro patrimonio comune.