Contro Sala "ineleggibile" un esposto dei radicali
Il candidato sindaco di Milano per il centrosinistra non risponde alla questione sollevata da Panorama, e si limita alle ingiurie. Intanto Marco Cappato si rivolge alla Procura
Continua a non rispondere, se non utilizzando toni inutilmente e sgradevolmente offensivi nei confronti di Panorama, il candidato sindaco del centrosinistra a Milano, Giusepe Sala.
Posto di fronte alla questione giuridica della sua incandidabilità (e ineleggibilità) in quanto commissario unico di Expo, Sala dichiara: "È l'ennesima puntata del fango che stanno cercando di buttare su di me e ne arriverà ancora, perché questi sono professionisti dell'infamia. Come non mi sono dimesso? C'è una mia lettera del 15 gennaio, procollata il 18".
Nella clip video qui sotto, il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, risponde alle parole offensive di Sala:
In realtà, Panorama nel numero in edicola spiega bene quale sia il cuore del problema: un commissario governativo è per legge incandidabile a cariche amministrative. E secondo una consolidata giurisprudenza, perché un commissario di governo cessi dalla sua carica non basta una banale lettera di dimissioni inviata alla presidenza del Consiglio, anche se protocollata da palazzo Chigi.
Occorre un atto ugale e contrario a quello che ha provveduto alla nomina, e cioè un decreto della presidenza del Consiglio.
Lo conferma Andrea Bullo, esponente dell’associazione radicale Certi diritti, grande esperto in questioni di incompatibilità: "Il decreto di nomina di Sala (quale commissario di Expo, ndr) fissa la scadenza del suo incarico al 31 dicembre 2016. Sala dice di avere presentato la lettera di dimissioni il 15 gennaio 2015, e Palazzo Chigi conferma di averla protocollata due giorni dopo. Protocollare una lettera di dimissioni, però, non significa che queste siano state accettate: serve un atto ufficiale”.
Insomma, il ruolo di commissario governativo resta in piedi fino a quando non viene ufficialmente revocato dal governo. Sala non chiarisce la questione, né pare convincente la sua replica su un altro aspetto: quello della sua firma che compare sotto il bilancio provvisorio di Expo, apposta lo scorso 3 febbraio e quindi molti giorni dopo la sua lettera di dimissioni.
L'esposto del Partito radicale
Oggi la questione ha assunto la forma di un esposto formale. Marco Cappato, candidato sindaco a Milano per il Partito radicale, ha dichiarato che “la precisazione di Palazzo Chigi non precisa nulla, perché Giuseppe Sala ha continuato a firmare atti anche dopo la supposta data di protocollazione delle dimissioni. Per accertare la verità, abbiamo presentato un esposto alle Autorità sulla concorrenza e sulla corruzione e alla Procura".
Cappato ha attaccato Giuseppe Sala anche sulla sua altra possibile incompatibilità, anch’essa denunciata nell’articolo di Panorama: quella relativa al suo ruolo nel consiglio d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, dov’è stato nominato lo scorso ottobre. "Sala” ha detto Cappato “continua a sedere nel consiglio di amministrazione di una Cassa depositi e prestiti alla quale il governo ha affidato competenze sulla valorizzazione delle aree Expo, e che ha competenze su attività comunali come gli aeroporti milanesi, o sui debiti della Città metropolitana e tanto altro. La sua candidabilità potrà essere impugnata anche dopo il voto”.