Corea del Nord: perché il summit tra Trump e Kim Jong-un non si terrà
La lettera del presidente Usa al dittatore e le motivazioni di Pyongyang, nonostante lo smantellamento del sito nucleare di Punggye-ri
Lo storico incontro del 12 giugno previsto a Singapore tra il presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un non si terrà. Dopo le minacce di Pyongyang di far saltare l'appuntamento, gli Stati Uniti hanno detto basta e con una lettera il Tycoon ha annullato definitivamente il colloquio con il dittatore del Nord. Kim non ha atteso molto a rispondere ma, nonostante abbia fatto sapere di essere ancora disposto "in qualsiasi momento" a un incontro, le tensioni reciproche e i botta e risposta al vetriolo degli ultimi tempi hanno minato i probabili accordi futuri.
Le motivazioni? Per la Corea del Nord, soprattutto due: le esercitazioni congiunte tra Usa e Corea del Sud e il timore dell'accostamento tra il Nord e la Libia nella rinuncia al nucleare. Per Trump, come si legge nella missiva ufficiale del presidente Usa pubblicata dal New York Times e qui sotto riportata, le continue minacce dello stesso Kim Jong-un.
Il motivo n.1 per Trump: le minacce di Kim
Con una lettera inviata a Kim Jong-un, Donald Trump cancella il meeting programmato per il 12 giugno.
"Caro signor presidente,
apprezziamo profondamente il suo tempo, la pazienza e lo sforzo dedicato alle nostre recenti trattative e discussioni relative al summit lungamente desiderato da tutte e due le parti, che era previsto per il 12 giugno a Singapore. Ci hanno comunicato che l'incontro era stato richiesto dalla Corea del Nord, ma questo per noi è totalmente irrilevante. Purtroppo, sulla base della enorme rabbia e della aperta ostilità mostrata nella vostra recente dichiarazione, penso sia inappropriato, in questo momento, organizzare questo meeting".
"Pertanto, lasci che questa lettera illustri che il summit di Singapore, per il bene di entrambe le parti ma a svantaggio del mondo, non avrà luogo. Lei parla delle capacità nucleari del Nord, ma le nostre sono così imponenti e potenti che io prego Dio affinché non debbano mai essere usate".
"Sentivo che tra lei e me stava nascendo un dialogo meraviglioso e, alla fine, quello è l'unico dialogo che conta. Un giorno, spero davvero di incontrarla. Nel frattempo, la ringrazio per la liberazione degli ostaggi che ora sono a casa con le loro famiglie. È stato un grande gesto molto apprezzato".
"Se cambia idea in relazione a questo importante summit, non esiti a chiamarmi o a scrivermi. Il mondo, e la Corea del Nord in particolare, ha perso una grande opportunità per una pace duratura, per grande prosperità e benessere. Quest'occasione persa è davvero un momento triste nella storia. Sincerely yours. Donald J. Trump - Presidente degli Stati Uniti d'America".
Motivo n.1 per la Corea del Nord: le esercitazioni
La cancellazione del summit, arrivata alla Corea del Nord, segue un dispaccio dell’agenzia nazionale Kcna che contiene una minaccia non propriamente velata di Kim in cui fa riferimento alla volontà di interrompere i dialoghi intercoreani a causa delle esercitazioni militari congiunte Seul-Usa, giudicate dal governo di Pyongyang “una chiara sfida alla Dichiarazione di Panmunjom”.
Nonostante la stessa Corea del Nord abbia riconosciuto le esercitazioni militari congiunte tra Usa e Sud come una “routine”, in un momento così delicato queste sono state percepite non solo come “una provocazione”, ma come una preparazione alla “invasione”.
Che cosa dice la Dichiarazione di Panmunjom
La Dichiarazione di Panmunjom - firmata dai due leader Moon Jae-in e Kim Jong-un - infatti era stata firmata in vista “della pace, della prosperità e dell’unificazione della Penisola coreana” e impegnava Nord e Sud a non mettere in pratica nuovi “atti ostili” reciproci.
In cambio della pace e della cessazione delle dure sanzioni, il progetto della “completa denuclearizzazione” del Nord era la principale merce di scambio posta sul tavolo delle trattative.
Ma ora anche la denuclearizzazione completa viene messa in discussione o almeno "centellinata". Il vice-ministro degli esteri del Nord, Kim Kye-gwan, ha sostenuto a tal proposito che se gli Stati Uniti “cercano solo di spingere in modo unilaterale in un angolo il Nord al fine di far abbandonare il nucleare” possono dire addio a ogni incontro in tal senso. Minaccia che è stata infatti accolta da Trump che ha annullato il meeting.
A niente, infatti, è servito il passo compiuto dalla Corea del Nord di effettuare una prima detonazione con la dinamite sistemata nel tunnel settentrionale del sito di Punggye-ri, oltre agli altri due tunnel fatti crollare, invece, tramite esplosivo insieme alla distruzione di strutture di supporto di superficie.
Motivo n.2 per la Corea del Nord: fare la fine della Libia
Questa situazione estremamente critica è dovuta alle dichiarazioni di John Bolton, consigliere Usa per la sicurezza nazionale. Nonostante gli incontri di Kim Jong-un con il segretario di Stato Mike Pompeo, in cui i due si erano accordati per una riduzione del programma nucleare con il conseguente smantellamento del sito di Punggye-ri in cambio della cancellazione delle sanzioni, Pyongyang frena sull'incontro di Singapore.
La causa della rottura da parte della Corea del Nord sono state le dichiarazioni di John Bolton, consigliere Usa per la sicurezza nazionale e “falco” dell’amministrazione Trump, che prima ha riferito come come “perfettamente legittimo” bombardare in modo preventivo la il Nord, e poi ha dichiarato in un’intervista alla Fox, che uno dei sistemi da adottare per il disarmo, trionfalmente annunciato come "totale, irreversibile e verificabile", è il cosiddetto “modello libico”.
Ecco quindi perché Kim Jong-un si è opposto e si oppone a una prospettiva futura che accomuni il suo Paese al destino infausto della leadership libica. Per questo motivo, tramite il vice-ministro degli esteri Kim Kye-gwan, il giovane dittatore ha fatto sapere che le dichiarazioni di Bolton sono state interpretate come “la manifestazione di mosse sinistre e terribili per imporre alla dignità dello Stato il destino della Libia o dell’Iraq”.