Corruzione e riciclaggio a Roma, i protagonisti dell'inchiesta
Il faccendiere, il politico, il tributarista. Le storie di alcuni dei personaggi coinvolti nell'operazione ribattezzata "Labirinto"
Gli sviluppi dell'inchiesta ribattezzata "Labirinto", sulla cricca che, secondo la procura di Roma, era dedita, tra l'altro, al riciclaggio, alla corruzione ed all'esercizio di influenze su appalti pubblici e nomine in società, passano attraverso gli interrogatori di garanzia degli indagati finiti in carcere o agli arresti domiciliari.
Sono 24 gli arresti (12 in carcere e 12 ai domiciliari) disposti dal gip di Roma Giuseppina Guglielmi su richiesta dei pm Paolo Ielo e Stefano Rocco Fava. Sono 50 indagati su un giro di mazzette e che coinvolge anche il parlamentare Antonio Marotta (Area Popolare), l'ex sottosegretario Giuseppe Pizza, segretario nazionale della nuova Dc, e una costellazione di imprenditori e funzionari pubblici. Figure chiave erano il tributarista Alberto Orsini e il faccendiere Raffaele Pizza, quest'ultimo fratello di Giuseppe, che aveva il suo ufficio in via in Lucina, a pochi metri dal Parlamento.
Proprio al fine di verificare l'attendibilità di Raffaele Pizza, i pm di piazzale Clodio e i finanzieri del Nucleo di Polizia Valutaria, prima della richiesta di misure cautelari, hanno svolto una serie di accertamenti su diverse nomine in società apparse nell'inchiesta, compreso quello sull'assunzione del fratello di Angelino Alfano a Postecom.
Ma chi sono i protagonisti di questa vicenda, e in che modo agivano?
Per leggere i loro ritratti nelle pagine seguenti, cliccare su "Avanti".
Raffaele Pizza
Per favorire "l'illecito accaparramento di commesse pubbliche" la cricca su cui indaga la procura di Roma si sarebbe avvalsa soprattutto delle "solide entrature" di Raffaele Pizza, il faccendiere fratello dell'ex sottosegretario Giuseppe, "in ambienti politico-istituzionali e con soggetti apicali di enti e società pubbliche, come Inps, Inail, Poste Italiane, Consip, Ministero della Giustizia, Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca ed Enel".
Ma come funzionava il sistema messo in piedi da Pizza nel corso degli anni?
Secondo le indagini in un caso, ad esempio, avrebbe fatto vincere - in virtù dei suoi rapporti con il vertice di Poste Italiane, a cominciare dall'ex ad Massimo Sarmi - gare d'appalto milionarie a un'azienda "amica". E per questa sua attività avrebbe ricevuto una consistente contropartita economica sotto forma di bonifici per l'acquisto di case. È quanto emerge dall'ordinanza firmata dal gip, nella quale si evidenzia che è stato proprio Sarmi - il quale comunque non risulta indagato - a notificare l'aggiudicazione della gara.
Nelle carte si fa riferimento in particolare ad un appalto del 2008 di Poste vinto dalla Cadit Spa, con sede a Verona. Quest'ultima avrebbe pagato per consulenze aziendali fasulle 747mila euro alla Piao Snc di Alberto Orsini, tra i principali indagati. Parte di questi soldi sarebbero poi finiti nelle tasche di Pizza, come corrispettivo per il suo lavoro di "facilitatore" con i vertici di Poste. Il compenso pagato dalla Cadit alla Piao, scrive il magistrato, è "del tutto sproporzionato, se non addirittura ingiustificato, in relazione alla sostanziale inutilità dell'attività di studio commissionata". A seguito della partecipazione alla gara indetta da Poste, il 7 ottobre del 2008, Cadit si è aggiudicata l'appalto di una piattaforma informatica per il valore di oltre 13 milioni di euro. Ed è stato proprio l'allora ad di Poste, Sarmi, a notificare alla Cadit l'aggiudicazione dell'appalto. In seguito, tra il 2008 ed il 2014, Cadit ha acquisito da Poste Italiane ulteriori forniture per oltre 34 milioni di euro. Secondo gli inquirenti, dunque, "grazie ai legami stabiliti già allora con organi di vertice delle Poste, in particolare con Massimo Sarmi", Pizza, nell'ambito del suo ruolo di mediazione ha introdotto Cadit in questo settore e poi favorito i contatti tra i referenti della società e Orsini.
Sempre nella richiesta di applicazione di misure cautelari, si sottolinea come Pizza, nel gestire i suoi affari, fosse particolarmente guardingo: infatti, "temendo una possibile azione intrusiva finalizzata a captare le conversazioni effettuate all'interno degli uffici, si è dapprima dotato di un apparato disturbatore di frequenze in grado di criptare le fonie, e successivamente ha fatto eseguire una bonifica degli ambienti".
Alberto Marotta
Antonio Marotta deputato di Area PopolareANSAPer la procura di Roma avrebbe fatto parte di un'associazione per delinquere che puntava a influire sui processi decisionali della pubblica amministrazione in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, ma il gip non ha ritenuto fondata tale ipotesi e così Antonio Marotta, deputato di Area Popolare, è scampato alla procedura di arresto in carcere, così come chiedeva la procura.
Avvocato, originario di Torchiara (Salerno), 68 anni, già deputato nella 14/a legislatura, Marotta, nell'ambito dell'inchiesta su un giro di corruzione e di illeciti flussi finanziari, rimane indagato dai pm Paolo Ielo e Stefano Rocco Fava per associazione a delinquere, corruzione, finanziamento illecito dei partiti e riciclaggio. In sede di richiesta di emissione della misura cautelare, il gip Maria Giuseppina Guglielmi non ha ritenuto sussistente l'associazione per delinquere, ha riqualificato di corruzione in traffico di influenza illecita, mentre delle tre ipotesi di finanziamento illecito ne ha ritenuta sussistente una sola. Infine il reato di riciclaggio è stato riqualificato dal gip in ricettazione.
Secondo l'ipotesi di lavoro della procura, Marotta avrebbe diretto, con altri, tra cui "l'uomo d'affari Raffaele Pizza, il sodalizio e ricevuto ingenti somme di denaro contante presso l'ufficio della società di servizi Piao, riconducibile allo stesso Pizza, nonché dai 'clienti' del sodalizio anche al fine di destinarlo a pubblici funzionari a fini corruttivi, fornendo ausilio e consigli agli appartenenti al gruppo criminoso al fine di eludere le indagini giudiziarie, fornendo agli appartenenti al sodalizio la propria 'rete di conoscenze' allo scopo di realizzare il programma associativo essendo parlamentare della Repubblica".
Per il gip Guglielmi "dalle intercettazioni non emergono precedenti collegamenti di Marotta con gli altri associati relativi alle specifiche attività che questi svolgevano per mezzo delle società cartiere". "Tuttavia - osserva ancora il gip - emerge con altrettanta chiarezza che Marotta percepiva danaro come corrispettivo del promesso 'interessamento' per le indagini e dell'asserita possibilità di influenzarle in senso favorevole agli indagati grazie alle sue influenti conoscenze in ambito giudiziario e all'interno della Guardia di Finanza. Tali condotte, tuttavia, non possono apprezzarsi come un contributo all'attività del gruppo organizzato".
In una conversazione intercettata il 3 marzo del 2015 nell'ufficio di Pizza, il parlamentare diceva di essere scontento di fare il deputato e di voler tornare al Csm trattandosi, a suo dire, di un luogo in cui si esercita il vero potere.
Alberto Orsini
Nella linea dell'organizzazione criminale anche il tributarista Alberto Orsini che poteva contare sull'apporto di due dipendenti infedeli dell'Agenzia delle Entrate di Roma per "ammorbidire" eventuali controlli fiscali e agevolare le pratiche di rimborso delle imposte.
Poste Italiane
Poste Italiane ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty ImagesPoste Italiane finisce nel ciclone, con un suo dirigente, il fratello del ministro Angelino Alfano, il cui nome emerge nelle intercettazioni dell'inchiesta della Procura di Roma per corruzione e riciclaggio. L'inchiesta accende un faro anche sulle procedure di appalto che risalgono alla gestione dell'ex ad Massimo Sarmi, che si difende: "Le procedure di appalto si sono svolte sempre, senza alcuna eccezione, nel rigoroso rispetto della trasparenza e delle regole aziendali".
L'inchiesta giudiziaria sfiora anche Alessandro Alfano, la cui assunzione in Poste nel 2013 sarebbe stata veicolata, secondo alcune intercettazioni, dal faccendiere Raffaele Pizza, finito in galera nei giorni scorsi. Ma la Spa postale, per bocca dell'ad Francesco Caio, rivendica la propria integrità. "Noi rappresentiamo una discontinuità rispetto al passato" ha commentato Caio dicendosi convinto che "anche con il nuovo management stiamo dimostrando quanto l'aria sia cambiata".
Alessandro Alfano, già segretario generale di Unioncamere Sicilia, fu assunto nel 2013 in Postecom e attualmente è responsabile dell'area immobiliare della spa postale in Sicilia.
"Il tema - ha voluto ribadire Caio - è far parte di un processo di cambiamento legato a valori etici importanti, che mettono il cittadino al centro. Partendo dalla situazione che abbiamo trovato, bullone dopo bullone la stiamo cambiando. Esistono sistemi di salvaguardia delle regole in Poste che continueremo ad applicare come abbiamo fatto in passato".
L'ex ad Sarmi entra più nel merito dell'inchiesta e risponde alle accuse sulla gestione dell'appalto assegnato alla Cadit di Verona. "Il fatto che le commesse assegnate portassero la mia firma è esclusivamente riconducibile alla attuazione delle deleghe ricevute e alle procedure aziendali, che prevedevano l'istruttoria da parte delle funzioni competenti e la formalizzazione da parte dell'amministratore delegato. Il gruppo, che al tempo occupava oltre 150 mila dipendenti, ha procedure complesse di cui l'amministratore delegato è solo il garante finale".