Cos'è (davvero) una madre "surrogata"
Al netto di polemiche e morali varie ecco cosa accade (contratto alla mano) nei figli alla "Vendola"
Al dibattito già acceso e lacerante sul punto più contrastato della legge sulle unioni civili, la c.d. stepchild adoption, si è aggiunta la “paternità demandata” di Niky Vendola al compagno Ed Testa che ha, se possibile, reso ancora più controversa la discussione pubblica spesso trascesa in dialettiche violente ed inusitatamente trasversali. Per una volta non abbiamo assistito alla classica contrapposizione ideologica che vede schierati, da sempre, i fautori del neoluddismo iconoclasta verso gli assetti valoriali della tradizione, contro i paladini di patria Dio e famiglia. Le divisioni sono state molto più oblique ed hanno mostrato neo liberisti a fianco di vetero comunisti a sostegno di adozioni omosex e maternità surrogata e insospettabili progressisti alla Laura Boldrini che, soprattutto sulla seconda, hanno fatto professione di distinguo non di poco conto.
In questo girone dantesco del sentimento popolare più ingovernabile, riesce difficile a chiunque ancorarsi al freddo dato di cronaca per provare a descrivere in maniera quanto più scevra dal giudizio etico e morale quello che realmente è una maternità surrogata o gestazione per conto altrui.
Volendo farlo, a partire da un mero aspetto burocratico, essa è prima di tutto un contratto, ovvero un negozio giuridico che, laddove lecito, è destinato a far sorgere precise obbligazioni per le parti che lo stipulano. In questo caso, a fronte del pagamento di una somma di circa 40mila dollari, la madre naturale rinuncia preventivamente a qualsiasi diritto sul nascituro che diventa, ancora prima della nascita, a tutti gli effetti figlio della coppia (omo o etero) che ha avviato la pratica. I primi contatti si fanno on line e anche la scelta della donatrice di ovuli si può fare da casa visionando cataloghi che danno ogni genere di informazioni: foto, età, altezza, peso, origine etnica, colore di occhi e capelli. Quanto alla scelta delle madri, la stessa ricade su donne con precedenti esperienze che vengono ritenute una specie di “usato sicuro”. Le potenziali surroganti che non si dichiarano disponibili ad abortire vengono immediatamente scartate. La “selezione” è molto severa. Si conta, infatti, che non più del 1% delle madri che si propongono venga presa in considerazione. L’intero percorso è seguito, passo passo, da studi legali specializzati che curano ogni cavillo giuridico applicabile.
Anche perché alla speranzosa coppia gay o etero non debba succedere quello che ha afflitto la coppia ispano-americana costituita da Manuel Valero e suo marito, Gordon Allan Lake, i quali, alla nascita di una bambina frutto genetico di uno dei due e di un ovocita comprato altrove e poi impiantato in una donna thailndese, si è vista rifiutare la consegna della bambina. La madre naturale ha poi dichiarato ai media che si era innamorata di lei appena l'aveva vista e che separarsene le avrebbe spezzato il cuore. Aveva, semplicemente, cambiato idea. O forse voleva più soldi. Chissà
Fatto, peraltro, singolare, è che contro la pratica della maternità surrogata siano schierate importanti associazioni di femministe e gay che si riconoscono attorno al concetto che ultima parola debba spettare sempre alla madre che porta avanti la gravidanza. Se non vuole consegnare il bambino, non può essere obbligata.
Passando poi alle cifre, l’operazione sotto il profilo economico non è certo di poco conto. Secondo alcune stime oscilla tra i 130 ed i 200mila dollari e varie a seconda dei tentativi di impianto, del possibile parto gemellare e via discorrendo.
Non sembra opzione per molti. Certamente a Vendola questo sarà stato chiaro. Ma, si sa, per i figli non esistono lotta di classe o divieto nazionale che tengano. In fondo è lotta e basta. Ed è l’unica apertura che in un quadro di siffatto squallore, ci sentiamo di concedergli.