Così è caduto il castello accusatorio contro Nicolò Pollari
Si allontana lo spettro di un 2° processo contro l'ex direttore del Sismi per la vicenda dell'archivio segreto di Via Nazionale
ROMA – Lo ha ripetuto anche di recente, seduto sulla poltrona dello studio legale del suo avvocato Nicola Madia: «Sono prigioniero del segreto di Stato». In compenso il silenzio confermato da cinque governi ha scongiurato lo spettro di un secondo processo per Nicolò Pollari.
Le accuse contro l’ex direttore del Sismi, imputato per la vicenda dell’archivio riservato di via Nazionale, si sgretolano in udienza preliminare. È l’arrocco del generale Pollari, la torre non ha sbagliato neppure una mossa durante la lunga partita a scacchi giocata su più tavoli con Procura, Corte costituzionale, Cassazione, Palazzo Chigi e tribunale di Perugia. Nella sentenza del gup Andrea Claudiani, di cui è in possesso Panorama, vengono spiegate le ragioni che hanno portato a riqualificare l’accusa di procacciamento di informazioni da fonti aperte in abuso d’ufficio (reato dunque prescritto) e al proscioglimento per l’esistenza del segreto su quei 30mila euro pagati dal controspionaggio militare al giornalista Renato Farina.
Per le «granitiche decisioni dell’Esecutivo» Pollari non si sarebbe potuto difendere in giudizio: in un processo sarebbe stato impedito al generale, 72 anni, oggi Consigliere di Stato, il diritto di difesa garantito dalla Costituzione. Tuttavia il gup parla di «disvalore giuridico» nel «dossieraggio illegale» di giornalisti, magistrati e politici. «E’ impensabile – spiega il giudice - che attività tanto delicate e pericolose siano state svolte dall’analista Pio Pompa senza mandato, copertura centrale e tornaconto». Il premier Matteo Renzi in una missiva al tribunale umbro afferma che «sono compresi nella sfera di efficacia di segreti di Stato già vigenti» i rapimenti in Iraq di Maurizio Agliana, Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Fabrizio Quattrocchi, Simona Pari, Simona Torretta e Giuliana Sgrena, quindi le attività dell’intelligence nella prevenzione del terrorismo dopo gli attentati di New York.
E’ proprio nella seconda richiesta di conferma del segreto che Pollari pianifica la strategia vincente ottenendo la copertura del segreto anche per le erogazioni a Farina. Nel 2006 fu proprio il vicedirettore di Libero a raccontare di aver intascato 30mila euro per le attività svolte su richiesta del Servizio («notizie su scenari di guerra in Medio Oriente» e soffiate dopo l’incontro col pm Spataro). Oggi Pollari sostiene che l’agente Betulla non è Farina. E allora chi è? Segreto di Stato.
Tra le ricevute a firma Betulla ce n’è una da 1.500 euro che sarebbero serviti a mantenere i rapporti con un giornalista di Al-Jazeera. Tra le scartoffie di via Nazionale – prosegue il gup di Perugia - sono spuntate «informazioni banali, iperboliche, apodittiche e implausibili, incredibili riletture dietrologiche di vicende note». Quell’ufficio lo gestiva Pio Pompa, condannato ad un anno di reclusione per possesso di documenti segreti. In quei Cd e Dvd c’erano anche atti sulla rendition di Abu Omar, per cui il presidente Sergio Mattarella ha concesso la grazia all’ex capocentro della Cia a Milano, Robert Seldon Lady. In quel processo la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna di Pollari e dell’agente segreto Marco Mancini. Scacco matto.
Una delle «singolari ricevute firmate Betulla» sequestrate in via Nazionale