In fila per il biglietto dell’eternità
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In fila per il biglietto dell’eternità

Un’azienda tedesca criocongela le persone alla loro dipartita e, per 25 euro al mese, le conserva in attesa che si trovi un metodo per riportarle in vita. Soltanto una speranza per ora, ma i richiedenti - soprattutto tra miliardari e vip - sono sempre di più

Nell’epoca dell’abiura di sorella Morte, anche in Europa è possibile mettersi in lista d’attesa per la vita eterna. Una startup di Berlino, la prima del suo genere nel Vecchio continente, offre l’opportunità di criocongelare le persone alla loro dipartita e poi conservarle per tutto il tempo necessario affinché la scienza escogiti un mezzo per rianimarle. Potrebbero volerci cento anni, o forse più, e nessuno sa con quali garanzie si potrà mai «resuscitarle»: in quale età, condizioni di salute, aspetto e soprattutto con quale corpo e coscienza. Esiste una sola certezza: bastano 25 euro al mese per entrare a fare parte del sempre più affollato «Club degli immortali». I clienti, anche italiani, fanno la fila. Perire non è più l’ultima frontiera dato che è già possibile rallentare, e forse in futuro invertire, il costante deperimento del nostro io biologico. È il primo postulato della crionica, anche detta biostasi: «La vita può essere fermata e riavviata se le sue strutture di base possono essere preservate». Il corpo si può riparare, come una macchina, sostituendone gli ingranaggi deteriorati. L’importante, per beffare la morte, è arrivare un attimo prima della Signora con la falce. Ma quanti terabyte servono per immagazzinare una mente umana, e quanta Ram per preservare l’anima, nessuno sa calcolarlo.

Una linea telefonica d’emergenza, attiva h24, campeggia sull’homepage della Alcor Life Extension Foundation. Fondata nel 1972 negli Stati Uniti, Alcor è un’organizzazione no profit che vanta 1.440 iscritti ed è pioniera nel mondo nel campo della criopreservazione. Nella sua sede di Scottsdale, nel deserto dell’Arizona, riposano 233 individui (di cui tre italiani) mantenuti in sospensione crionica a -196° C, nella speranza che in futuro possano essere risvegliati, curati e riportati in vita. Un risveglio che avverrà solo «se e quando» - come recita la premessa di tutte le organizzazioni che dell’immortalità hanno fatto un fiorente business - la ricerca e la tecnologia saranno in grado, in un futuro non determinato, di adempiere a questa scommessa, sin qui irrealizzabile. In questo tempio moderno della sospensione crionica, la parola «morte» è stata bandita: i deceduti sono chiamati «pazienti» e sono custoditi dentro cilindri d’acciaio alti due metri e mezzo, denominati dewars, costantemente riempiti di azoto liquido. Corpi e teste (dette cephalon) sono vegliati dentro a una struttura chiamata cryofacility, i cui locali non sono obitori ma «reparti degenza». Come se i dormienti, anche quelli dei quali rimane solo la testa, fossero in procinto di uscire dai loro silos da un momento all’altro per fare ritorno in società.

Al di là della terminologia ottimista, tra queste mura giacciono muscoli, ossa, nervi e cervello di svariate celebrità americane, tra cui l’autore televisivo Dick Clair, il campione di baseball Ted Williams e lo scrittore futurologo iraniano FM-2030. Ibernati accanto a persone comuni - in grado però di pagare anticipatamente 200 mila dollari per la conservazione del proprio corpo e 80 mila per la sola testa - oltre a una trentina di animali domestici. Secondo voci di Hollywood, oggi il desiderio di essere criopreservati sarebbe condiviso da varie celebrities: Paris Hilton, Simon Cowell, Britney Spears, oltre che da imprenditori milionari come Ralph Merkle e Peter Thiel. Anche Walt Disney, secondo rumors della Mecca del cinema, potrebbe giacere in questo purgatorio di ghiaccio, in attesa di «resurrezione». Nel frattempo, le imprese fatturano milioni sul desiderio di accaparrarsi l’unico bene che, per quanto straricchi, non è possibile acquistare: l’immortalità. «La crionica è un’ambulanza per il futuro», è uno dei motti sul sito della Alcor. Uno slogan accompagnato da un quesito: «Preferiresti essere nel gruppo sperimentale o nel gruppo di controllo? Il gruppo crionico ha una possibilità, il gruppo di controllo nessuna». Benvenuti dunque nel futuro post-umano, dominato dalla promessa di rinascere grazie a procedure come la vetrificazione (il processo di raffreddamento del tessuto biologico a temperature molto basse, evitando la formazione di ghiaccio), ai progressi della nanomedicina fino all’uploading (il caricamento) della mente umana su supporti artificiali o su avatar.

Gemelli digitali di quell’Io biologico, che per alcuni esperti non esisterà più. O si fonderà con l’Intelligenza artificiale delle macchine. Tuttavia, c’è chi evidenzia che il nostro corpo non è riducibile, come si vorrebbe far credere, ad alcun sistema operativo. Per quanto le sue funzioni e i suoi impulsi si possano catalogare, decriptare e riprodurre sullo schermo di un computer, anche il più evoluto. «La società postmoderna vorrebbe oggi superare la sua crisi di senso sbarazzandosi del corpo» ribadisce nei suoi scritti il filosofo Michel Benasayag, autore di La singolarità del vivente (Jaca Book) «l’illusione post-umanista, che anima la metafisica tecnologica, è quella di concepire una vita senza corpo e infinita». Una prospettiva distopica ma che a molti non fa paura, visto che il fenomeno della crionica è in crescita esponenziale. Merito del marketing suadente ma anche della scalabilità delle tariffe, sempre più competitive. Nel mondo, sono oltre 500 gli individui che hanno scelto di farsi criopreservare. Trecento sono immersi in un «sonno senza fine» negli Stati Uniti; 97 persone - tra cui Cecilia, un’italiana che ha affidato al blog Sconfiggere la morte la sua testimonianza - riposano presso la KrioRus, a 800 chilometri da Mosca; mentre altrettante sono conservate in Europa. In Svizzera, nei sotterranei della European Biostasis Foundation (Ebf) a Rafz, vicino Zurigo, sono custoditi alcuni di questi corpi e teste d’individui che hanno scelto di criomantenersi grazie alla tecnologia di Tomorrow Biostasis, startup fondata a Berlino, nel 2019, dal medico e ricercatore oncologico tedesco Emil Kendziorra. «Dei pazienti criopreservati non possiamo diffondere informazioni ma possiamo dire che l’Italia è il nostro secondo mercato. Su 600 soci (vivi, ndr) sparsi in 35 Stati, una quindicina sono connazionali e stanno pagando per criopreservarsi in futuro» ci spiegano dall’azienda. Che a luglio ha inaugurato tre sedi negli Stati Uniti: in Florida, in California e a New York, con l’obiettivo di conquistare presto il Canada. Il modello di business è simile, ma ancora più competitivo e con «promo» per i nuovi soci, rispetto alle tariffe di Alcor. «Per diventare membro di Tomorrow Bio occorrono 50 euro al mese, che coprono le spese del team medico e la reperibilità continua» spiega una portavoce «questa tariffa è detta “membership” e si paga finché si è in vita: permette al socio di fare parte di una community, ricevere gadget e i nostri aggiornamenti». Il secondo step è sottoscrivere la tariffa per essere criopreservati: per il corpo intero la quota è di 200 mila euro da versare al momento del decesso su un conto intestato alla società. In caso di preservazione del solo cervello, si scende a 75 mila. «Noi consigliamo di fare una polizza sulla vita perché, se accade qualcosa al paziente, quei soldi saranno coperti dall’assicurazione e noi potremo agire subito».

La tempestività è fondamentale, dato che per «rinascere» il primo obiettivo è impedire il danneggiamento delle funzioni cerebrali. «La maggior parte dei casi è facile da gestire: se le persone finiscono in ospedale, la famiglia o il personale medico ci contatta e il meccanismo funziona come per i donatori di organi. Il paziente ha una tesserina dove si avverte che è un nostro membro. Noi contattiamo l’ospedale e cerchiamo di capire se una delle nostre ambulanze deve partire subito o se abbiamo qualche giorno perché magari il paziente è in coma. Valutiamo caso per caso». In tutta la conversazione, la parola morte resta tabù. La dipartita di un criopreservato si sottrae al lutto collettivo: la sua fine è senza lacrime, in quanto il corpo è considerato «deanimato» e il soggetto sospeso tra vita e morte. Il momento del trapasso è programmato nel dettaglio. Il protocollo, anche sotto forma di ebook, è standard ed è condiviso con il cliente prima dell’esito fatale, in modo da rendere il più possibile efficiente il recupero. Solo il finale non è scritto. Tutte queste «anime sospese», scivolate in un sonno senza sogni dentro un cilindro d’acciaio, forse un domani spalancheranno gli occhi su un futuro, e su un’umanità (?), che non immaginiamo neppure.

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Beatrice Nencha