La crisi idrica in Sicilia che nemmeno i desalinizzatori possono colmare
Già oggi ci sono 140 comuni con l'acqua razionata e con il caldo estivo sarà peggio; il tutto per una rete idrica che perde più del 50% del suo carico e laghi o bacini, fatti con poco criterio
Potrà suonare strano, ma una delle meraviglie neppure troppo nascoste della Sicilia sono i laghi. Naro, Nicoletti, Lentini, Pozzillo, Rosamarina, Garcia, altri ancora. Li avevo scoperti, uno per uno, una quindicina d’anni fa quando, per ragioni di lavoro, sorvolavo a bassa quota e per ore tutto il territorio dell’isola. Di acqua ce n’era eccome, così facevo fatica a capacitarmi del fatto che dove alloggiavo, in una frazione tra Cefalù e Gibilmanna, nel primo entroterra del parco delle Madonie, ogni settimana dovesse arrivare l’autobotte per rifornire le cisterne per uso domestico.
Nonostante il governatore della Sicilia Renato Schifani abbia appena dichiarato che con una riduzione del 22% delle precipitazioni verificatasi nel 2023, oggi la situazione è “critica in alcune aree ma non rappresenta un’emergenza”, la situazione mi fa pensare che ci siano due Sicilie. Una che vorrebbe tubazioni nuove, invasi nuovi e innovazione, e per questo disposta a investire e cambiare le cose, l’altra terrorizzata dal cambiamento e dalla possibilità di non aver così bisogno delle autocisterne, di veder riparare le strutture esistenti.
E poi c’è il fenomeno, del tutto umano ma un po’ logorante per chi lo ascolta da troppo tempo, di un continuo piagnisteo riservato alle condizioni della rete idrica regionale, puntualmente amplificato dalla parte politica all’opposizione – qualunque essa sia in quel momento – che arriva a dire che la colpa è persino del progetto del ponte sullo Stratto di Messina, cioè di qualcosa che ancora non esiste. Chissà, forse per il timore che poi altre autocisterne arrivino più velocemente dal continente. Il presidente Schifani ha anche detto che comunque è pronta una “task force” per gestire un’eventuale emergenza qualora aprile e maggio fossero mesi ancora siccitosi. Nell’annuncio di opere concrete, Schifani ha detto: “Lavoreremo per avere un numero sufficiente di pozzi destinati all’irrigazione e per riparare e riattivare alcuni dissalatori”, annunciando nientemeno che un progetto, quindi a medio e lungo termine, per sistemare le dighe ancora incompiute o al momento non utilizzabili. Sul sito web del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla sezione “Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche”, nel territorio della regione Sicilia sono censite 46 dighe disseminate un po’ su tutto il territorio, ma cliccando in profondità nel sito tra incompiute, danneggiate – anche da interramento perché trascurate da tempo - e limitate, oltre il 40% è praticamente inutilizzabile ai fini della distribuzione di acqua, che in alcuni casi non viene neanche trattenuta e arriva al mare con buona pace per i rubinetti a secco. Insomma, la sistemazione della rete idrica siciliana dovrebbe essere, prima che una necessità per accogliere il numero crescente di turisti degli ultimi anni, una questione di amor proprio. Invece gli anni passano e i litri si perdono, e forse sarebbe opportuno azzerare e rifondare gli enti preposti alla gestione del patrimonio idrico, commissariati per decenni.
Quanto ai dissalatori, gli impianti esistenti possono soddisfare piccole località, ma certamente non costituire l’ossatura idrica regionale, anche perché la produzione da acqua di mare è costosa (ci vuole energia elettrica, da 1,5 a circa 4 KWh per metro cubo), tanto che il paragone con quanto avviene a Malta o negli Emirati Arabi è improponibile, e il bilancio della regione, lo sappiamo, è storicamente in passivo. In pratica, desalinizzando, una doccia da venti litri verrebbe a costare almeno 60 centesimi. Ma questo i turisti, soprattutto stranieri, non lo sanno ed è difficile spiegare loro che nel 2024 manca l’acqua su un’isola che la natura ha riempito di montagne, roba che non accade neppure alle Cayman, dove non esistono fonti idriche naturali e ogni goccia arriva dal mar dei Caraibi, nonostante quanto a latitudine l’arcipelago centramericano sia più a sud della Sicilia (Nord 19° contro Nord 38°), e ci sono violenti uragani che si abbattono rete e impianti, e anche lì insistono cambiamenti climatici. Adesso però siamo in Sicilia e nell’anticamera dell’estate, poiché entro qualche settimana il clima dell’isola sarà del tutto estivo e ancora qualcuno ricorda la crisi del 2002. Già in 142 comuni le forniture di acqua potabile sono state ridotte. Il prefetto Filippo Romano ha persino paventato la possibilità di requisire fonti private indennizzando i proprietari, salvo poi ammettere che non esiste un’anagrafe dei pozzi aggiornata. Intanto, nel mese appena concluso, nelle dighe dell’isola ci sono la metà dei metri cubi rispetto all’anno precedente.