Black-out challenge: come funziona il "gioco" che ha ucciso Igor Maj
Prima dell'adolescente di Milano un ragazzino di Tivoli ha perso la vita nello stesso assurdo modo
"Giochi pericolosi in Rete". Sarebbe stata questa la domanda posta da Igor Maj, un quattordicenne di Milano, al suo computer collegato a Internet prima d'imbattersi nel black-out challenge, il "gioco" che l'ha ucciso.
Cos'è il black-out challenge
Si tratta di una delle tante sfide viralicon cui gli adolescenti si mettono alla prova per mille motivi che vanno dal dimostrare di essere dei veri duri, al superare i propri limiti, sentirsi parte di un gruppo, sballarsi o soltanto per fare qualcosa di diverso.
In questo caso l'obiettivo della black-out challenge è quello di provocarsi uno svenimento privandosi dell'ossigeno da soli (o chiedendo aiuto a qualcuno) per qualche minuto. In Rete ci sono decine di tutorial in merito e altrettanti video di adolescenti di mezzo mondo che ridono divertiti assistendo alla challenge.
Uno di questi video l'ha visto anche Igor la mattina del 6 settembre.
Cosa è successo a Igor Maj
A lui, giovane e promettente free climber cresciuto in una normalissima famiglia di persone amanti della montagna, sportive e attente alla crescita dei propri ragazzi, è, però, andata male.
Per provocarsi quell'assenza d'ossigeno, infatti, Igor si è legato al collo una corda da montagna ed è morto soffocato.
Inizialmente la polizia aveva classificato la morte come suicidio, ma i genitori del giovane non hanno mai creduto all'ipotesi che il loro ragazzino a detta di tutti (così oggi si legge sui social) tanto allegro quanto pieno di coraggio e di voglia di vivere, potesse aver fatto un gesto tanto folle. Si sono messi, quindi, a cercare tra le sue cose un indizio che potesse spiegare cosa fosse accaduto nella testa di Igor e, nella cronologia del suo computer, hanno trovato le risposte.
Madre e padre hanno, così, voluto rendere pubblica la loro scoperta per lanciare l'allarme agli altri genitori: "Fate il più possibile per far capire ai vostri figli che possono sempre parlare con voi, qualunque stronzata gli venga in mente di fare devono saper trovare in voi una sponda, una guida che li aiuti a capire se e quali rischi non hanno valutato. Noi pensiamo di averlo sempre fatto con Igor, eppure non è bastato. Quindi cercate di fare ancora di più, perché tutti i ragazzi nella loro adolescenza saranno accompagnati dal senso di onnipotenza che se da una parte gli permette di affrontare il mondo, dall’altra può essere fatale".
Un rischio sottovalutato
La sfida al soffocamento esiste da decenni, ma la Rete ha reso virale la diffusione di questo pericolosissimo "gioco" conosciuto anche con i nomi di pass-out challenge o chocking game. Solo negli Stati Uniti in un anno sono morti 82 adolescenti e in Italia già lo scorso febbraio un ragazzino, nel tentativo di provocarsi lo svenimento, è morto impiccato dal cavo della sua Playstation.
Secondo psicologi e terapeutici sia a livello famigliare sia a livello scolastico non c'è abbastanza sensibilizzazione sui rischi e sui pericoli delle varie challenge (dalla Blue Whale alla Tide Pods Challenge passando per la Condom Snorting Challenge) e spesso gli adulti ignorano persino l'esistenza di simili sfide; nella migliore delle ipotesi i genitori pensano "Mio figlio non farebbe mai una cosa tanto stupida" e invece il caso di Igor dimostra che anche in una famiglia attenta e sensibile possono avvenire le tragedie.
Come capire se un giovane rischia di entrare in giochi pericolosi
Il disagio adolescenziale è un mostro silenzioso che troppe volte in casa viene sottovalutato. I genitori pensano al proprio figlio in termini di "dover essere" e non si chiedono chi davvero egli sia.
Le priorità sono andare bene a scuola, fare sport, tenere in ordine la stanza o mangiare frutta e verdura e, nel tentativo di far sì che tutte queste cose funzionino, non ci si accorge del male di vivere del proprio teen-ager forse attratto dal lato oscuro di internet, dai giochi pericolosi o dalle dannate sfide per dimostrare di essere in gamba.
Secondo i terapeuti esistono segnali che dovrebbero allertare un genitore attento. Se all'improvviso il proprio figlio diventa apatico, se passa troppo tempo attaccato al cellulare, se smette di uscire con gli amici o al contrario esce più spesso, torna tardi, non dà indicazioni di dove vada o con chi si veda; se dorme poco o cambia le abitudini alimentari, se diventa meno comunicativo e più musone potrebbe nascondere un disagio che è riduttivo e pericoloso liquidare come "paturnie da adolescente".
Il tempo dei capricci a una certa età finisce e una porta sbattuta in faccia potrebbe nascondere un dolore profondo che un genitore ha l'obbligo di ascoltare per poi chiedere aiuto a esperti e terapeuti.