Catherine Spaak, donna forte, più del patriarcato degli anni '60
La Rubrica- Lessico Familiare
E’ scomparsa Catherine Spaak, l’affascinante sedicenne della “Voglia matta” che fece perdere la testa a un maturo Ugo Tognazzi e a un’intera generazione di quarantenni imbesuiti dalla sua voce ammaliante, con quell’irresistibile accento francese.
Fu la “nostra” prima Lolita, diventata poi un’icona di bellezza e stile nonostante una vita attraversata da drammi e dolori.
Qualche anno fa l’ho incontrata in Rai: aspettavamo di entrare a la “La Vita in diretta” per parlare di violenza sulle donne. Era l’epoca dello scandalo Weinstein e il dibattito si concentrava sul consenso o meno delle subrettes che accusavano il produttore holliwoodiano di molestie sessuali.
Il mio pensiero era piuttosto netto: c’è violenza e violenza e quella dell’attricetta che si concede volontariamente per ottenere la parte in un film della Miramax non è violenza ma è solo una scelta: la scelta di ottenere a tutti i costi la parte e diventare famosa. Al più era un baratto.
Catherine non era assolutamente d’accordo e fu dolcissima ma ferma nel rispondermi che, ai suoi tempi, le cose non andavano proprio così e di attrici molestate e violentate ce ne erano tante ma nessuna avrebbe mai avuto il coraggio di denunciare: semplicemente perché non sarebbero state credute.
Scivolammo così nel suo passato di attrice e della condizione della donna negli anni ’60. Mi colpì lo sguardo triste e rassegnato di chi, come lei, aveva subito torti dagli uomini e dalla legge, come era la consuetudine di quei tempi. Il dolore più straziante lo provò poco più che diciottenne quando tentò di scappare dal marito con la bambina in braccio, ma venne denunciata e fermata a Bardonecchia dai Carabinieri che la riaccompagnarono indietro. Il resto lo decise un Giudice che affidò la bambina al padre motivando che la madre, essendo un'attrice, “era di dubbia moralità. Quindi la bambina sarebbe rimasta con la nonna paterna". In una intervista rilasciata qualche anno fa Catherine disse che alla bambina fecero poi il lavaggio del cervello ripetendo “La mamma è cattiva. Ti ha abbandonato” . Era il 1963 e in Italia c’era la patria potestà e io avevo solo studiato sui libri quello che lei mi stava raccontando di avere vissuto sulla propria pelle.
L’ondata dell’emancipazione delle donne l’aveva vissuta in pieno visto che solo nel 1975 sarebbe stata eliminata la patria potestas che attribuiva al marito tutte le scelte e le decisioni familiari, dall’educazione dei figli al luogo di residenza e dove le leggi sul divorzio (1970) e sull’aborto (1978), approvate tardivamente, dovettero poi superare la prova di referendum popolari indetti per annullarle e dove solo nel 1981 la legge abrogò il delitto d’onore e il matrimonio riparatore; dove solo nel 1996 la violenza sessuale diventò un delitto contro la persona e non “contro la moralità pubblica”.
Ed è proprio nel 1963 che in Italia venne affermato il diritto delle donne ad accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie senza limitazioni concernenti le mansioni o i percorsi di carriera.
Catherine è stata dunque un’icona che ha attraversato la storia della donna comune dell’ultimo cinquantennio, che ha subìto il retrogrado pregiudizio dell’inferiorità morale, culturale e giuridica del genere femminile, pregiudizio che, ad esempio, giustificava all’epoca il delitto “d’onore” e rendeva punibile con la reclusione il solo adulterio della donna.
E mentre Lei veniva condotta davanti a un Giudice che le avrebbe strappato la sua bambina per sempre in base ad una legge punitiva e discriminatoria, uno squarcio d’emancipazione femminile faceva capolino il 9 gennaio 1963 allorchè si stabilì il divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e il 9 febbraio 1963 venne concesso alla donna il diritto di entrare a far parte della magistratura.
Catherine ha subìto dunque il patriarcato, le sue leggi.
I suoi film e le sue gesta hanno sì contribuito a cambiare i costumi, le abitudini e le convenzioni della vita quotidiana degli italiani, proiettando nell’immaginario collettivo l’idea di una donna autonoma e forte ma, in verità, lei dissimulava sapientemente la serpeggiante paura di essere la prima vittima di quella violenza fisica, sessuale, psicologica, economica contro le donne, paura di cui fu antesignano Catone il censore, quando ammoniva “appena le donne avranno cominciato ad essere vostre eguali, esse saranno vostre superiori”.
Riposa in pace Catherine.
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