Johnny Depp vince sulla giustizia che varia da Paese a Paese
La Rubrica - Lessico Familiare
Cencio parla male di straccio? Un miliardo di click.
Interessano di più le feci di Amber Heard sul letto di Johnny Depp o le manovre di Putin per annettersi i territori ucraini? Decisamente i primi. D’altronde, disse in tempi non sospetti Roberto Gervaso, “anche gli eroi vanno di corpo, anche i santi fanno pipì”.
Ci sono i referendum sulla Giustizia da votare? Meglio seguire il consiglio della comica di turno e andarsene al mare: troppa fatica informarsi ed esprimere il proprio voto, diritto per cui tanti nostri avi hanno sacrificato la loro vita.
Viceversa, ficcare il naso nei drammi personali, o pseudo tali, non necessita alcuno sforzo.
Siamo tutti vittime di un’involuzione umana che sta scivolando verso una china discendente e che ha ridotto ai minimi termini la crescita del nostro cervello, rendendoci schiavi di reality intrisi di degenerazione umana, dove più è alto il tasso di decadimento morale e più alto è il gradimento.
Solo così possiamo spiegarci il successo e lo share alle stelle per il processo Depp versus Heard, seguito da migliaia di follower di Instagram, Facebook, TikTok e con il canale Law & Crime che ha polverizzato ogni record di visualizzazioni.
Pochi sanno, però, nel popolo della rete, che non si è trattato di un processo contro presunte violenze domestiche, ma un più semplice processo per diffamazione.
Vale a dire che Depp, dopo avere visto respinte dalla High Court of London le proprie richieste risarcitorie nei confronti del Sun (giornale scandalistico inglese) per un articolo a suo dire diffamatorio, ci ha riprovato due anni dopo, questa volta in Patria, depositando un ricorso al Tribunale della Virginia dove ha accusato l’ex moglie di averlo diffamato per avere asserito di essere stata vittima di violenza domestica sul Washington Post.
Ecco dunque che ciò che non è entrato dalla porta londinese – che in un fascicolo di 129 pagine ha accertato non potesse esserci diffamazione, atteso che le parole utilizzate dal giornale corrispondevano a violenze realmente accadute - è entrato nel portone americano.
Paese che vai, giustizia che trovi.
Sei settimane con gli occhi puntati compulsivamente verso il Tribunale della Virginia dove è andata in onda la vita dorata di una delle star hollywoodiane più amate, fatta di aerei, elicotteri, barche, sesso, droga, volgarità, depravazioni umane.
Grazie a questa ribalta mediocri perbenisti e apatici nerd hanno potuto spiare dallo spioncino questa fogna a cielo aperto.
Colpi di scena, pianti, confessioni sulla propria infanzia, hanno coinvolto il popolo del web dividendolo in due fazioni: Amber e Johnny si sono contestati a vicenda il ruolo di prevaricatori seriali, dove il desiderio sessuale e la voglia di dominio sull’altro trovavano sfogo nelle droghe e nell’alcool.
Lei però, secondo gli esperti del body language, si è inventata le violenze e ha pianto solo lacrime di coccodrillo in una banale pantomima che non aveva nulla di reale.
Senza contare che la bella Amber, dichiaratamente bisessuale, a seguito della denuncia da parte della sua convivente Tasya van Ree, era stata arrestata nel 2009 per lo stesso crimine poi imputato a Johnny.
Il verdetto finale ha premiato le ragioni di Johnny, diffamato da Amber che lo aveva additato come “violentatore di mogli”, Amber, ne è uscita sconfitta, rea di aver simulato – forse autoinfliggendosele - le ferite esibite urbi et orbi.
Quali conclusioni possiamo trarre da una simile vicenda?
Che tre mesi di processo a Londra non valgono niente per la giustizia americana che, sulla medesima vicenda e in sole sei settimane, ha dato un responso opposto sancendo risarcimenti monster.
Vabbè, non sorridiamo troppo e non guardiamo il dito che indica la luna: in Italia - se ti va bene - questo tipo di processi durano molti anni e – se ti va bene (e due) – partoriscono risarcimenti che a mala pena coprono le spese. Ci sono le tabelle dei Tribunali. C’è un giurisprudenza alquanto stitica quando si tratta di liquidare questo tipo di danni.
Paese che vai, giustizia che trovi.
Info: Missagliadevellis.com