
La Fiat 130 dove viaggiava l’On Moro guidata dall’Appuntato ricci al Museo della MCTC di Roma

Dettaglio del foro d’ingresso di uno dei proiettili esplosi contro la Fiat 130

La Fiancata della Fiat 130

Gli interni della 130 sulla quale viaggiava Aldo Moro quando fu rapito il 16 marzo 1978

Il sedile di guida della Fiat 130 dove trovò la morte l’Appuntato Domenico Ricci

Gli interni della 130: sulla sinistra i cartellini che indicano i proiettili penetrati all’interno del veicolo

Vista posteriore dell’Alfetta nel deposito giudiziario della Polizia

Il frontale danneggiato dell’Alfetta 1.8 della scorta conservata in un deposito giudiziario di Roma in zona Tor Sapienza

Dettaglio del parafanghi destro dell’Alfetta, particolarmente arrugginito nel punto danneggiato dall’impatto con la Fiat 130 durante l’agguato di via Fani

Dettaglio del foro d’ingresso di un proiettile sulla parte sinistra dello sportello del bagagliaio

I fori dei proiettili sulla fiancata sinistra dell’Alfetta corrosi dalla ruggine

I fori dei proiettili delle armi automatiche esplosi dai terroristi proseguono anche lungo la parte posteriore della fiancata

Dettaglio del montante posteriore dell’Alfetta, divorato dall’azione della ruggine

Danno sullo sportello anteriore destro non presente al momento dell’assalto terrorista

Visione posteriore destra dell’Alfetta 1.8 della scorta di Aldo Moro

Il vano bagagli dell’Alfetta

Il motore 1,8 litri dell’Alfetta, fermo da quella mattina del 16 marzo 1978

Gli interni dell’Alfetta, dai quali sono state asportate alcune parti tra cui l’apparecchio ricetrasmittente

Dettaglio del vano portaoggetti dell’Alfetta

I sedili anteriori dell’Alfetta tagliati e ricoperti da 40 anni di polvere

Il pannello della portiera posteriore sinistra dell’Alfetta, con i cartellini dei proiettili

i sedili posteriori dell’Alfetta dove viaggiavano Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi

Il pannello dello sportello posteriore sinistro dell’Alfetta di scorta

I fori dei proiettili sul pannello inetrno della portiera lato guidatore

Il frontale della Fiat 128 familiare usata dai brigatisti e guidata da Mario Moretti. Manca la targa diplomatica contraffatta “CD 19707”

Dettaglio del frontale della 128: manca un indicatore di direzione destro e il faro destro è danneggiato

I monconi dei cardini del portellone posteriore della 128.

Nel deposito giudiziario di Tor Sapienza la ruggine ha aggredito l’auto degli assassini di via Fani

Punto di grave corrosione della carrozzeria della Fiat 128 familiare usata dai brigatisti in via Fani

Il posto guida occupato dal brigatista Mario Moretti coperto dalla polvere del deposito

Gli interni della 128 familiare smontati eda accatastati dagli inquirenti

Il bagagliaio della 128 con il parafanghi danneggiato dall’impatto con la Fiat 130 dove viaggiava Aldo Moro

Il posteriore sinistro della 128 nel punto dell’impatto con la Fiat 130 guidata dall’Appuntato Domenico Ricci
Il 16 aprile 1978 le immagini di quelle tre auto strette in un abbraccio mortale all’angolo tra via Fani e via Stresa fecero il giro del mondo.
Le auto del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro dove persero la vita i 5 uomini della scorta e dove lo stesso statista fu rapito dall’azione rapida e micidiale del commando delle Brigate Rosse hanno attraversato quattro decenni, diventando un simbolo indelebile di quell’attacco sanguinario al “cuore dello Stato”.
Giovanni Ricci è il figlio di una delle vittime di via Fani, l’Appuntato dei Carabinieri Domenico Ricci, Medaglia d’Oro al Valore Civile.
Quando perse suo padre ucciso dal fuoco brigatista mentre era al posto di guida dell’auto blu del Presidente Moro, Giovanni aveva solo dodici anni. Oggi è Presidente dell’Associazione Domenico Ricci, che si occupa attivamente di tenere in vita e trasmettere alle future generazioni la memoria delle vittime della Strage di via Fani e in generale di tutte le vittime del terrorismo.
Giovanni Ricci vorrebbe che anche le auto che furono protagoniste di quella tragica mattinata diventassero parte dei progetti promossi dall’Associazione.
Il figlio dell’Appuntato Domenico sogna un loro ritorno alle condizioni di quel 16 marzo di 40 anni fa per poterle far diventare magari parte di un diorama 1:1 della scena che cambiò la storia italiana: una ricostruzione a dimensione reale dell’agguato di via Fani. Questo andrebbe però realizzato prima che la ruggine si mangi questo partimonio storico appartenente a tutti gli Italiani che vissero quel giorno e a quelli più giovani che, grazie al potenziale didattico rappresentato dalle tre auto, potrebbero rivivere con i propri occhi quanto successe nell’ “ora più buia” dell’Italia repubblicana e democratica.
Ecco la storia e lo stato attuale delle tre auto della strage di via Fani, illustrata dalle le fotografie fornite dallo stesso Giovanni Ricci.
FIAT “130 berlina” Roma L59812 immatricolata nell’aprile 1973
Si tratta dell’auto blu sulla quale viaggiava l’On. Aldo Moro assieme all’autista Appuntato Domenico Ricci (MOVC) e al Maresciallo Oreste Leonardi (MOVC) il giorno del rapimento e della strage di via Fani il 16 marzo 1978.
La vettura, del peso complessivo a vuoto di 1,6 tonnellate, non era dotata di blindatura. Il motore da 3,200 cc erogava 165 Cv. Normalmente equipaggiata con cambio automatico a 3 rapporti, l’auto della scorta di Moro montava invece un classico cambio manuale a 5 marce.
La “130” si trova attualmente conservata presso il Centro Superiore Ricerche e Prove della Motorizzazione Civile di Roma in via di Settebagni, rilevata dopo il dissequestro da parte della Magistratura ed inclusa tra i veicoli che compongono il museo storico del centro.
Si trova in discreto stato di conservazione, con le ruote sollevate da cavalletti per evitare l’ovalizzazione dei cerchi. Colpisce immediatamente il foro di proiettile ben visibile nella parte superiore del parabrezza. Mancano entrambi i vetri dei finestrini laterali anteriori e quelli dei deflettori, andati in frantumi nell’agguato del 16 marzo 1978. Sulla fiancata destra sono visibili i fori di uscita dei proiettili che uccisero Domenico Ricci e Oreste Leonardi. L’interno della vettura versa in condizioni di conservazione peggiori, soprattutto a causa delle ispezioni degli inquirenti. Manca il pannello dello sportello anteriore destro e la lamiera della 130 lascia scoperti i fori dei proiettili. Le tappezzerie dei sedili sono state tagliate in più punti, mentre lo specchietto retrovisore interno risulta staccato ed appoggiato al tunnel a fianco della leva del cambio, alla quale manca il pomello originale. Ancora affissi agli interni e alla carrozzeria i cartellini identificativi dei colpi esplosi dai brigatisti quella mattina di 40 anni fa.
Alfa Romeo “Alfetta 1.8” Roma S93393 immatricolata il 24 maggio 1977
Era l’auto su cui viaggiavano tre dei cinque uomini della scorta di Aldo Moro. L’ Alfetta era una delle auto più utilizzate dalle Forze dell’Ordine, dai dai Carabinieri e dalla Polizia di Stato, sia in livrea che come auto civetta. La versione usata la mattina della strage di via Fani montava un propulsore da 1,8 litri in grado di erogare 122 cv. di potenza.
La vettura si trova in stato di abbandono in un deposito giudiziario della Questura di Roma, nella periferia orientale tra via Alvari e via Magnasco in zona Tor Sapienza, a poca distanza dal Grande Raccordo Anulare. La vettura è tuttora sottoposta a sequestro giudiziario.
La ruggine è attualmente la peggiore nemica dell’Alfetta sulla quale viaggiavano L’Agente di PS Raffaele Iozzino (MOVC), il Vicebrigadiere di PS Francesco Zizzi (MOVC) e l’Agente di PS Giulio Rivera (MOVC), tutti periti nell’agguato di via Fani.
Pessime dunque le condizioni di conservazione dell’Alfetta bianca, corrosa da 40 anni di agguato della ruggine. Da quella tragica mattina del 16 marzo 1978 l’auto è rimasta in deposito proprio a fianco della Fiat 128 familiare guidata da Mario Moretti che provocò il tamponamento e diede il via alla strage.
Tutti gli pneumatici dell’Alfetta sono a terra e le infiorescenze della ruggine interessano gran parte della carrozzeria, in particolare nella parte anteriore dove è ben visibile il danno provocato dall’impatto contro la Fiat “130” di Aldo Moro per il tamponamento a catena causato dai terroristi. Altri danni non causati dalle conseguenze dell’attentato sono dovuti agli urti accidentali durante gli spostamenti della vettura in 40 anni di deposito. Manca il vetro dell’indicatore di direzione posteriore sinistro, presente nelle immagini scattate poco dopo la strage. Le fiancate sono letteralmente crivellate dai colpi delle armi automatiche dei brigasti durante l’azione in cui fu messa in pratica la tecnica di fuoco nota come “cancelletto”. Dai fori sgorga abbondante la ruggine. Un foro d’ingresso è presente anche nella parte posteriore dell’auto sulla parte destra del bagagliaio.
Gli interni sono in condizioni di estremo degrado, coperti da un spesso strato di polvere e detriti così come l’interno del vano bagagli. I sedili sono tagliati, i pannelli delle porte posteriori sono smontati. Mancano l’apparecchio ricetrasmittente e, come nel caso della Fiat 130, il pomello del cambio di velocità.
Fiat 128 familiare CD 19707. Targa sottratta all’Ambasciata del Venezuela e denunciata l’11 aprile 1973
La 128 bianca familiare si trova nello stesso deposito giudiziario di Tor Sapienza proprio a fianco dell’Alfetta della scorta di Aldo Moro. La macchina era stata rubata l’8 aprile 1978, pochi giorni prima dell’agguato di via Fani. Alle 9 del mattino del 16 aprile la 128 frenò di colpo all’incrocio tra via Fani e via Stresa, bloccando la Fiat “130” guidata dall’Appuntato Domenìco Ricci sulla quale viaggiava Aldo Moro. Al volante della 128 bianca, il capo della colonna romana delle Brigate Rosse Mario Moretti.
Pessime anche le sue condizioni, a cominciare dall’assenza del portellone posteriore, di cui rimangono solo i monconi costituiti dai cardini. Le targhe diplomatiche anteriori e posteriori risultano assenti. Gli interni sono in condizioni ancor peggiori delle altre auto coinvolte nell’agguato, in quanto completamente smontati dagli inquirenti in cerca di elementi probatori. Grave lo stato della carrozzeria, attaccata ovunque dalla ruggine. Uno dei fanali anteriori, il destro, risulta danneggiato mentre il giorno della strage risultava integro, come testimoniato dalle moltissime immagini realizzate 40 anni fa.