Non Una di Meno, cos'è e cosa fa (anche) per le donne
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Non Una di Meno, cos'è e cosa fa (anche) per le donne

Ispiratosi allo storico NiUnaMenos messicano e argentino il movimento italiano lotta contro la violenza di genere in tutte le sue forme

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Non una di meno è la piattaforma italiana nata dal basso che riunisce diverse realtà femminili composte da differenti biografie ed età. In comune queste persone hanno l'obiettivo di riaffermare una nuova stagione di consapevolezza. Già nello slogan è contenuta la filosofia globale di quello che si può chiamare un rinascente movimento femminista internazionale.

Il percorso è chiaro: occupare e riprendere lo spazio che spetta alle donne nella società come la decisione sul corpo, sulla vita, sul lavoro. Lottare contro la violenza di genere in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omofobia e transfobia. E come ha scritto Lea Melandri (femminista storica, giornalista e fondatrice della Libera Università delle Donne) è un gruppo sempre più folto formato da "ragazze insperate, giunte all'improvviso" che in Italia "tornano all'impegno, più concrete di quanto fossimo negli anni 70".

Le origini del movimento d'Oltreoceano

"Ni una mujer menos, ni una muerta más". Non una donna in meno, non una morta in più.
Da questa frase pronunciata dalla poetessa messicana e attivista per i diritti umani, Susana Chávez, che aveva vissuto per denunciare i femminicidi di Ciudad Juárez, la città dove è nata e morta nel 2011 proprio a causa delle sue battaglie, ha perso la vita l'attività italiana. Prendendo spunto da “Ni una menos” diventato il nome di un intero movimento giunto in Argentina e dilagato in tutta l'America Latina per poi sfociare nel parallelo Women’s March, che negli States ha visto molte donne riaggregarsi contro Donald Trump, anche il "fratello" italiano lancia un allarme per ricordare le donne e lottare per loro

Da dove nasce il movimento italiano

Così il Non una di meno italiano nasce a Roma per la necessità di fare il punto su alcune macro aree in un cui sono coinvolte le donne: dal piano legislativo, i CAV e i percorsi di autonomia, l’educazione alle differenze, la libertà di scelta e l’IVG.

Dopo la manifestazione femminista nazionale del 26 novembre, autorganizzata in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, e il giorno successivo è seguita una discussione su vari temi che ha portato fino a Bologna, il 4 e il 5 febbraio, giorni in cui è continuato il lavoro dei tavoli tematici e la scrittura del piano nazionale femminista contro la violenza, in modo da condividere percorsi e pratiche verso lo sciopero globale che porterà le donne (ma anche gli uomini) in piazza l’8 marzo.

Chi ne fa parte

Non una di meno è, quindi, un "percorso da fare tutte insieme", un movimento che prende vita dall'idea di Io Decido, rete cittadina romana allargata, che negli ultimi tre anni si è mobilitata nelle strade, negli ospedali, nelle università conquistando spazi, se pur piccoli, di lotta e rivendicazione su grandi temi: tre tra tutti la salute, il diritto universale di tutte le donne, la violenza di genere da combattere. Dal 2014 ha inoltre coinvolto cav, associazioni sindacali, sportelli antiviolenza, spazi di donne, spazi sociali, collettivi, laboratori d’inchiesta. Non solo, all'interno di qeusto percorso è presente l'esperienza dell'Unione donne in Italia cresciuta sulla storia della Resistenza tra il 1944 e il 1945, protagonista prima delle lotte per la conquista di diritti al voto, all’istruzione, al lavoro, ai servizi sociali, poi in prima fila con l’aborto, la violenza sessuale, i consultori. Tra le donne che manifestano sotto la bandiera di Non una di meno ci sono anche le Donne In Rete contro la violenza, unica rete italiana a carattere nazionale di Centri Antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne.

Per cosa si batte

Dopo anni di battaglie sembrava quasi che la macchina del tempo le avesse riportate indietro, verso una guerra fatta ad hoc contro le donne. Il reclutamento delle yezide da parte dello Stato Islamico, il rapimento delle giovani studentesse nigeriane da parte di Boko Haram, l'indifferenza fino ad arrivare all'odio propagandando fondamentalismi di stampo misogino da parte di politici populisti come Trump e altri leader con vocazione ultraconservatrice (tra cui Marine Le Pen) sono solo alcune delle vicende degli ultimi mesi che sottolineano quanto è grave la situazione.

Chi aderisce al movimento Non una di meno sostiene quanto la libertà delle donne sia sempre più sotto attacco. Un esempio tra tanti? Nonostante ci sia stato un aumento dei femminicidi, i numeri delle donne uccise non corrisponde a una presa di coscienza delle istituzioni e della società.

Per non parlare del lavoro fino alle scelte procreative che porta spesso la donna a deve fare i conti con quanto da lei si aspetta (e impone) la società, ossia ancora un modello di moglie e madre che sacrifica la sua vita per la famiglia. L'obiettivo, come sostiene Barbara Stefanelli dalle pagine del Corriere della Sera "è discutere di indipendipendenza economica e promuovere la cittadinanza delle ambizioni di tutte" lottando per l'autodeterminazione, la salute, la libertà di scelta, il lavoro, il welfare, l’educazione, le vere pari opportunità.

Per cosa è già sceso in piazza

Non una di meno, che l'8 marzo insieme agli altri movimenti nei vari paesi e protesterà contro le forme di disuguaglianza tra uomini e donne, era già sceso in piazza con la manifestazione oragnizzata a Roma il 26 novembre 2016 in parte ispirata alla questione del Fertility Day ma incentrata contro la violenza sulle donne. Un grido collettivo confluito nella capitale per la manifestazione nazionale poi sfociato nell’organizzazione di un seminario internazionale.

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Chiara Degl'Innocenti