L'accordo con Hamas non è una sconfitta per Israele
Netanyahu ha accettato un cessate il fuoco per riportare a casa 50 ostaggi da Gaza. Nonostante alcune resistenze interne
La scorsa notte il governo israeliano ha approvato l’accordo che garantirà il rilascio di circa 50 ostaggi rapiti a Gaza durante l'attacco terroristico del 7 ottobre 2023. Durante l’incontro, iniziato martedì sera e proseguito fino all’alba di oggi, tutte le agenzie di sicurezza israeliane IDF, Shin Bet e Mossad hanno espresso il loro sostegno all’accordo. Per i media israeliani questo appoggio ha convinto diversi ministri che erano indecisi, tra cui il ministro per l'Unità Nazionale Gideon Sa'ar, a sostenere l'accordo.
Nella dichiarazione del governo che annuncia il risultato del voto non è specificato come hanno votato i ministri. Nonostante in precedenza avesse espresso opposizione all'accordo, il partito di estrema destra “Sionismo religioso” ha votato a favore, mentre solo i membri della fazione ultranazionalista “Otzma Yehudit” del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir hanno votato contro. Come scrive Times of Israel non tutti i dettagli dell’accordo sono stati resi pubblici, ma ieri un funzionario del governo israeliano ha informato i giornalisti che l’accordo prevede il rilascio di 50 cittadini israeliani, per lo più donne e bambini, in gruppi di 12-13 persone al giorno.
In cambio, Israele ha accettato, per la prima volta dallo scoppio della guerra, un cessate il fuoco di almeno quattro giorni. Il governo ha confermato i termini dell'accordo dopo il voto, senza fornire dettagli sulle altre concessioni israeliane. «Il governo israeliano è impegnato a riportare a casa tutti i rapiti. Stasera il governo ha approvato il progetto della prima fase del raggiungimento di questo obiettivo, secondo il quale almeno 50 persone rapite – donne e bambini – saranno rilasciati nell’arco di quattro giorni, durante i quali ci sarà una pausa nei combattimenti. Il rilascio di ogni dieci rapiti aggiuntivi comporterà un ulteriore giorno di tregua».
Secondo i termini dell'accordo riportati ieri dal Jerusalem Post, Hamas si è impegnata a localizzare i bambini e le madri in ostaggio a Gaza. In cambio, Israele ha accettato di rilasciare dalle carceri israeliane circa 140/150 prigionieri, tra cui donne e minorenni. Inoltre, entrambe le parti dovrebbero confermare la fornitura di carburante e assistenza economica nella Striscia di Gaza. Nel documento è previsto l’impegno di Israele a fermare l'attività aerea nella Striscia di Gaza per sei ore al giorno durante i primi giorni del cessate il fuoco, tempo nel quale Hamas cercherà di localizzare il resto dei sequestrati. Secondo i media israeliani Hamas ha insistito molto su questo punto perché teme che Israele possa risalire alla loro posizione.
Gli israeliani hanno poi puntualizzato che «Il governo israeliano, l’IDF e le forze di sicurezza continueranno la guerra per restituire tutti i rapiti, completare l’eliminazione di Hamas e garantire che Gaza non rinnovi alcuna minaccia allo Stato di Israele». Israele ha inoltre accettato di consentire l’ingresso di ulteriore carburante a Gaza nonché di notevoli quantità di aiuti umanitari, che non sono entrati nell’enclave a causa della guerra in corso. Per Hamas: « Le disposizioni di questo accordo sono state formulate secondo la visione della resistenza e dei suoi fattori determinanti che mirano a servire il nostro popolo e ad aumentare la sua fermezza di fronte all'aggressione». Hamas ha dichiarato di aver rapito 210 dei circa 240 ostaggi il mese scorso, tra cui circa 40 bambini. Parte dell'accordo prevede che anche la Croce Rossa abbia accesso ai rapiti che rimarranno come ostaggi a Gaza, inclusa la fornitura di medicine, ha detto martedì l'ufficio di Netanyahu.
La tregua dovrebbe entrare in vigore da giovedì e da quel momento inizierà la fase più delicata perché vista la situazione sul terreno la pausa bellica potrebbe saltare i qualsiasi momento magari per mano della Jihad islamica che ha in mano degli ostaggi e che non è menzionata nell’accordo.
Le trattative non hanno certo fermato l’attività bellica tanto che secondo The Times of Israel le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno riferito di aver colpito ieri 250 obiettivi di Hamas con i raid aerei, compresi agenti operativi, lanciarazzi e infrastrutture. Nel corso dell'operazione via terra, scrive l'Idf, «i riservisti della Brigata Harel hanno invece trovato un deposito di armi nella casa di un membro delle forze Nukhba di Hamas, mentre la 14esima Brigata ha rinvenuto un missile anticarro nascosto sotto il letto di un neonato, nel nord della Striscia di Gaza». Ieri mattina Jamal Haniyeh, nipote di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas, è morto in seguito ad un bombardamento israeliano mentre nella zona tra Tayr Harfa e Jebbin (settore occidentale della linea del fronte tra Hezbollah e Israele) sono morti la giornalista della tv pro-Hezbollah al-Mayadeen Farah Omar, il suo producer Rabih al-Maamari e una donna di 80 anni.
Gli Hezbollah libanesi hanno condannato l’accaduto e hanno affermato che l’attacco «non resterà senza risposta». Da registrare infine la posizione del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman che intervenendo al summit straordinario dei Paesi Brics che si svolge in videoconferenza ha affermato: «Chiediamo l'avvio di un processo di pace serio e globale per risolvere la questione palestinese. La posizione del Regno è costante e ferma. Non c'è modo di raggiungere la sicurezza e la stabilità in Palestina se non attraverso l'attuazione delle decisioni internazionali relative alla soluzione dei due Stati».