Escalation, la dottrina, il linguaggio e la paura
(Ansa)
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Escalation, la dottrina, il linguaggio e la paura

L'esclation nuclare è reale o una semplice tattica diplomatica?

Che gli alti ufficiali russi stiano per lanciare un attacco come ritorsione a quelli degli scorsi due giorni dagli ucraini con i missili Atacms su Bryansk e Storm Shadow su Kursk è possibile, da questo l’allarme su Kiev dell’intelligence Usa, che sta provocando la chiusura delle ambasciate, tra le quali quella italiana. Tuttavia, gli Stati Uniti non vedono alcuna indicazione palese che la Russia si stia preparando per un attacco nucleare, come ha affermato nella giornata di martedì il Pentagono, nonostante l'annuncio del Cremlino di un cambiamento di posizione sulla dottrina d’uso delle armi di quel tipo. Questo cambiamento di dottrina è comunque allarmante, ma non significa che il mondo sia sull'orlo di una guerra nucleare, poiché se da una parte consente l'uso di armi nucleari contro un attacco non nucleare e di portare attacchi contro le nazioni occidentali che stanno fornendo armi ai paesi impegnati in un conflitto con la Russia, vale a dire l'Ucraina, dall’altro non può nascondere in alcun modo i preparativi necessari per lanciare tali ordigni, azioni che vengono tracciate da satelliti (e da informatori, ricognizioni, eccetera).

In realtà tale regola nella “dottrina” era stata originariamente modificata nel settembre scorso, ma i funzionari del governo russo, nei loro discorsi, stanno ora riportando questo cambiamento al pubblico collegandolo agli attacchi ucraini segnalati con missili Atacms forniti dagli Stati Uniti sul territorio russo. Per il ministro degli Esteri del Cremlino Sergey Lavrov, parlando a margine del vertice del G-20 in Brasile, è quindi stato facile affermare che l'uso ucraino dei missili sia “un segnale che vogliono un'escalation, utilizzare missili così sofisticati senza gli americani è impossibile. Putin ha messo in guardia su questo e su come cambierà la nostra posizione”. Di fatto la nuova dottrina sottolinea che è il presidente russo decide quando usare le armi nucleari, che in ultima analisi è ciò che conta per le relazioni internazionali, ma quello utilizzato da Lavrov è un linguaggio intenzionalmente ambiguo inteso a segnalare una possibilità e a scoraggiare ulteriori iniziative.

Alcuni altri osservatori occidentali, più legati ai Paesi “confinanti” come Polonia e Danimarca e propensi ad aumentare le spese militari, ritengono che il cambiamento di dottrina indica che il presidente russo Vladimir Putin si sta preparando a rispondere al sostegno degli Stati Uniti all'Ucraina con un'escalation nucleare “abbassando l'asticella” per l'impegno di tali armamenti, un chiaro segnale alla Nato di fare marcia indietro. E che resta difficile sapere quando Putin sta bluffando o meno. In risposta alle domande sul cambio di dottrina, la portavoce del Pentagono Sabrina Singh ha dichiarato alla stampa Usa: “Non abbiamo alcuna indicazione che la Russia si stia preparando a usare un'arma nucleare in Ucraina”. La tattica di Putin è quindi quella di far emergere un consenso interno sul fatto che Mosca debba impiegare misure più assertive per costringere l'Occidente e mostrare fino a dove è disposta ad arrivare per raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina. I russi hanno molteplici vie per minacciare l'Occidente per il suo continuo sostegno all'Ucraina, per esempio armando i ribelli yemeniti Houthi o sabotare i cavi sottomarini. Ma finora il Cremlino ha fatto il contrario, evitando anche di colpire sul territorio ucraino le postazioni dove è noto che sono presenti istruttori militari statunitensi e, in generale, di Paesi della Nato.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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