Attacco ad Abu Dhabi, gli Houthi vogliono rendere gli Emirati “insicuri”
Diversi droni armati di esplosivo hanno colpito raffinerie e depositi vicini all'aeroporto internazionale con un unico obiettivo: minare l'immagine di meta sicura dell'emirato
Attacco ad Abu Dhabi, gli Houthi vogliono rendere gli Emirati “insicuri”
Poche ore dopo che i ribelli Houthi sostenuti dall'Iran hanno rivendicato la responsabilità dell'attacco effettuato all'aeroporto di Abu Dhabi, la coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita ha lanciato una serie di attacchi aerei sulla capitale yemenita Sana'a. Il ministro degli esteri degli Emirati, lo sceicco Abdullah bin Zayed, ha affermato che gli attacchi yemeniti sarebbero stati portati a segno mediante l'utilizzo di piccoli droni armati con cariche di esplosivo, i quali avrebbero colpito gli impianti di rifornimento della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, la Adnoc, e alcune strutture dell'aeroporto. Ma anche che questi atti non rimarranno impuniti, poiché oltre alla perdita di tre vite umane (due indiani e un pakistano), il ferimento di altre otto persone e la perdita delle infrastrutture causata dalle esplosioni, l'evento ha scosso l'opinione pubblica emiratina e ottenuto lo scopo intimidatorio dei ribelli, ovvero dimostrare che Abu Dhabi non è più una meta sicura né per i lavoratori stranieri, né per i turisti. La paura di nuovi attentati, se diffusa, azzererebbe del tutto un turismo che si sta riprendendo a fatica dagli effetti della pandemia e sul quale l'emirato conta per la sua economia futura.
L'agenzia di stampa locale, la Wam, alla quale è succeduto un tweet dell'emittente Al-Ekhbariya, ha trasmesso questa dichiarazione: “Il feroce attacco agli Emirati Arabi Uniti è un atto ostile. Gli Houthi che prendono di mira i civili negli Emirati Arabi Uniti compiono crimini di guerra i cui autori devono essere ritenuti responsabili, le autorità degli Emirati Arabi Uniti stanno affrontando in modo trasparente e responsabile l'atroce attacco Houthi ad alcune strutture civili ad Abu Dhabi”, ha affermato Anwar Gargash, consigliere diplomatico ed ex ministro degli Esteri, il quale ha spiegato che l'attacco è stato sconsiderato e troppo debole per ledere la stabilità del Paese.
Il portavoce dei ribelli Houthi dello Yemen, portavoce del brigadiere generale Yahya Saree, è apparso sul canale televisivo Al Masirah, di proprietà Houthi, e ha rivendicato l'attacco avvertendo: “Gli Emirati Arabi Uniti saranno uno stato non sicuro finché continua la sua escalation aggressiva contro lo Yemen”. Evidenziando quindi proprio di voler colpire la sicurezza degli Uae per danneggiarli a partire dal renderli una meta a rischio. Così è cominciata l'operazione “Uragano yemenita”, che ha visto il lancio di cinque missili balistici e l'utilizzo di un imprecisato numero di droni sono stati utilizzati in un'operazione che ha preso di mira gli aeroporti di Dubai e Abu Dhabi, la raffineria di petrolio di Musaffah, anch'essa ad Abu Dhabi e una serie di importanti e sensibili siti e strutture dell'Emirato. Saree ha anche ammonito le società straniere presenti in Uae, i cittadini e i residenti di stare lontano dai siti sensibili, dicendo che anche i paesi collaboratori degli emirati potranno diventare bersagli. Ma soltanto i droni sono arrivati al suolo, i missili sono esplosi in volo intercettati dalla cintura di difesa saudita.
Pochi minuti dopo le rivendicazioni dagli Uae sono stati lanciati 24 attacchi aerei di rappresaglia mediante missili da crociera, bombe sganciate dagli F-15 e droni di costruzione cinese Wing Loong II, che avrebbero causato la morte di 12 persone e il ferimento di altre 11, almeno secondo Al-Masirah, media televisivo gestito dai ribelli Houthi che controllano la capitale, che nelle ultime ore ha diffuso la notizia che squadre di ricerca e soccorso starebbero ancora cercando sopravvissuti sotto le macerie degli edifici distrutti. Mentre i ribelli Houthi sostengono che gli attacchi siano in corso da mesi e che abbiano causato ingenti danni alle infrastrutture emiratine, l'Arabia Saudita ha confermato che continuerà a intercettare la maggioranza degli ordigni lanciati, ma al tempo stesso di sentirsi presa di mira da una escalation di lanci alla quale risponderà comunque colpo su colpo.
Dal 2015 Emirati e Sauditi colpiscono i ribelli Houthi, ma nel 2019 i primi hanno affermato di aver ridotto le proprie forze impegnate nella campagna militare a seguito di una “ridistribuzione strategica” degli sforzi bellici, seguita alle accuse occidentali di colpire la popolazione civile. Ora però gli equilibri rischiano di saltare: giovedì scorso la coalizione guidata dai sauditi ha dichiarato di aver rilevato più droni carichi di esplosivo lanciati dall'aeroporto della capitale yemenita Sanaa controllata dagli Houthi, i quali non perdono occasione di insultare gli emiratini. Lo dimostrerebbe la dichiarazione del 17 gennaio, nella quale il portavoce Houthi Mohammad Abdulsalam ha definito gli Emirati uno “Stato disperato per dover servire gli Stati Uniti e Israele, che se non smetterà di colpire lo Yemen sarà colpito da Allah che gli taglierà le mani (...) queste operazioni avverranno nel contesto di una risposta legittima ai crimini e agli attacchi degli Emirati Arabi Uniti nello Yemen”.
Sul piano internazionale Francia, Israele e Regno Unito sono tra i paesi che hanno immediatamente condannato l'attacco yemenita, con il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian che ha affermato come l'evento minacci la stabilità regionale. L’Italia ha ufficialmente espresso preoccupazione per quanto accaduto attraverso una nota del ministero degli Affari esteri: l’Italia manifesta solidarietà alle famiglie delle vittime e vicinanza al governo degli Emirati Arabi Uniti - si legge nella nota - ed esprime una ferma condanna per un gesto che, alimentando la spirale della violenza, è suscettibile di avere ripercussioni sulla stabilità dell’intera regione”. Al tempo stesso la Farnesina sottolinea che tali attacchi impediscano la ripresa del processo di pace nello Yemen.