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(Ansa)
Dal Mondo

L'attacco di Hamas è l'11 settembre di Israele e di ciascuno di noi nel rapporto con il caos palestinese

Quanto accaduto sabato segna un punto di svolta nel posizionamento dell'opinione pubblica. Impossibile ora anche ascoltare le giustificazioni e le difese provenienti da Gaza. Ma i collettivi di due licei di Milano si schierano con i palestinesi

Ieri sera, programma tv di approfondimento politico. Ovviamente si parla di Israele e dell’attacco di Hamas. Una persona collegata da Tel Aviv racconta gli orrori e la paura delle ultime sue 36 ore ed attacca Hamas. In studio uno storico risponde piccato «e le violenze di Israele a Gaza?». Segue rissa e battibecco con relativo cambio di canale. Nulla di nuovo visto che poche cose dividono anche in Italia come il caso Israele-Palestinesi; divisione così profonda con le solite accuse e repliche ripetute come un mantra dai sostenitori dell’una e dell’altra parte.

C’è però qualcosa che è cambiata, per sempre, da sabato mattina.

Per anni infatti abbiamo tollerato, o forse sarebbe meglio usare il termine «assorbito», immagini di attentati compiuti in Israele da terroristi. Abbiamo guardato quasi con freddezza i kamikaze alle fermate dei pullman o chi sparava sulla folla davanti ad una sinagoga o in giro per Gerusalemme. Abbiamo anche fatto passare come notizie di secondo piano le risposte di Israele, le operazioni a Gaza e nella Striscia. E così ognuno riusciva a rimanere sulle proprie posizioni difendendo il proprio amico ed attaccando il nemico.

Ma quei 5000 razzi che dal cielo hanno colpito Israele, quei commando che veleggiando su deltaplani o parapendii a motore hanno sparato sui giovani presenti ad un Festival musicale, quei miliziani che sono entrati nelle case prendendo come ostaggi donne, anziani, bambini e ragazze che sono state picchiate, violentate, mostrate poi come trofei sanguinanti per le strade tra il tripudio della gente (in realtà tutti maschi, lo avete notato?), insomma queste ultime 48 ore segnano una nuova tappa, anzi, ad un nuovo cambio di prospettiva. Come quando l’11 settembre 2001 gli aerei colpirono le Torri Gemelle ed il Pentagono. Quel giorno, da quel giorno, anche chi non si professava filo-americano e vedeva nella supremazia Usa in occidente una morsa dalla quale liberarsi, beh, davanti a quei video che abbiamo rivisto 3 settimane fa nel giorno dell’anniversario ha capito da che parte bisognasse stare.

Verrebbe da chiedere oggi a chi si è sempre proclamato pro-Palestina (fatevi un giro in qualsiasi centro sociale italiano e ne troverete quanti volete di sostenitori) se sono ancora di quell’idea. Se difendono tutto questo giustificandolo con le parole dello storico visto ieri in tv («e le violenze di Israele a Gaza???….») o se hanno cambiato idea…

Oggi, sentita in tv anche questa, abbiamo cominciato con i primi distinguo. «Hamas non sono i palestinesi» è la disperata difesa di ufficio. Difficile fare differenze perché le scene di giubilo davanti agli ostaggi in mezzo alle strade ci mostrano ragazzi e uomini non armati, non dei terroristi. Palestinesi normali che non hanno mai sparato ma che godono nel calpestare una ragazza ferita.

Ricordiamo discorsi di chi definiva i palestinesi dei «partigiani». L’Italia sa benissimo cosa sono i partigiani, cosa sono stati. Uomini che hanno combattuto per liberare il nostro paese e che avevano un solo avversario: l’esercito tedesco. Partigiani contro soldati. I civili, le donne, non sono mai state bersaglio voluto e studiato di questa o quella azione. Quanto visto nelle ultime 48 ore ci obbliga all’onestà intellettuale di definire Hamas e chi lo sostiene dei Terroristi, semplici terroristi. Non c’è nulla di buono, lodevole e giustificabile. Ricordiamoci la data: sabato 7 ottobre.

Ps. Poco fa sono comparsi diversi post social realizzati dai collettivi di alcuni licei milanesi e tutti pro-Palestina. Uno addirittura dice: «Bello quando brucia Tel Aviv». Ogni commento sarebbe semplicemente superfluo

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Andrea Soglio