Belgio, i Sex Workers diventano dipendenti con diritti: contratto, malattia, ferie e pensione
Entra in vigore la prima legge al mondo che equipara il lavoro sessuale alle altre professioni. E in Italia? Il giro d’affari resta illegale e vale 5 miliardi l’anno
Sex workers con diritto a contratto, malattia, ferie, maternità e pensione. Succede in Belgio, che ufficialmente diventa il primo Paese al mondo ad avere una legge che inquadra i lavoratori del settore come qualsiasi altro dipendente. Obiettivo del Parlamento belga? Porre un freno allo sfruttamento e a un’economia sommersa miliardaria. E in Italia? La prostituzione nel 2023 ha prodotto un giro d’affari di poco inferiore ai 5 miliardi di euro. È uno dei traini principali dell’economia illegale sommersa nel nostro Paese.
La Legge belga è entrata in vigore il 1 dicembre. Equiparando il lavoro sessuale a qualsiasi altra professione la normativa consente ai sex workers di sottoscrivere contratti di lavoro regolari, accedere a diritti fondamentali (come malattia, disoccupazione, ferie retribuite, maternità e pensione) e garantisce una tutela legale mai vista prima. Nel 2022 il Belgio ha depenalizzato il lavoro sessuale. Ora il riconoscimento di tutti i diritti come in qualunque altra professione. Secondo il sindacato belga delle lavoratrici del sesso, si tratta di un “enorme passo avanti” nella lotta alla discriminazione e allo sfruttamento. Per le lavoratrici, questa riforma rappresenta la possibilità concreta di uscire dalla precarietà: ottenere un prestito bancario, stipulare una polizza assicurativa, accedere a un sistema pensionistico.
La normativa introduce inoltre rigorosi obblighi per i datori di lavoro, come garantire condizioni igieniche adeguate e misure di sicurezza, inclusi pulsanti antipanico e contraccettivi disponibili nei luoghi di lavoro. Tuttavia, alcune voci critiche si sono levate: da un lato, c’è chi teme abusi delle nuove tutele e dall’altro gruppi femministi denunciano il rischio di “normalizzare” un sistema che perpetua la violenza sessista.
E in Italia? La prostituzione alimenta un’economia sommersa che nel 2023 ha generato un giro d’affari di circa 5 miliardi di euro. Secondo gli ultimi dati Istat si tratta di un business che interessa 3 milioni di italiani e nel 2022 impiegava 90mila lavoratrici stabili e 20mila occasionali (al lavoro saltuariamente per necessità economiche). Fra di loro ci sarebbero un 9% di minorenni e un 60% di stranieri provenienti dall’Europa dell’Est e dall’Africa. Le regioni più attive (stime di Susini Group) sono la Lombardia, con un fatturato di 850 milioni di euro, seguita da Lazio e Campania. Si tratta di un settore che, se regolamentato, potrebbe portare nelle casse dello Stato oltre 2,6 miliardi di euro l’anno.
L’Istat colloca la prostituzione tra le principali attività illegali (dopo il traffico di stupefacenti con un valore aggiunto di 15,1 miliardi di euro nel 2022) che contribuiscono al PIL nazionale. Nel 2022, il valore aggiunto del mercato del sesso è cresciuto del 4,3%. Complessivamente, il sommerso e le attività illegali hanno generato 201,6 miliardi di euro, pari a circa il 10% del PIL.