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(Ansa)
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La Cina si stacca dalla Russia, e cambia le carte in tavola in Ucraina e nel mondo

A Gedda Pechino ha spiegato che sarà neutrale sull'invasione di Mosca a Kiev, isolando la Russia, anche nella lotta per l'Africa

Dopo la misteriosa sparizione del ministro degli esteri cinese Qin Gang, che non si vede in pubblico dal 25 giugno ed è stato sostituito dal plurinavigato Wang Yi, anche la politica cinese in relazione all’aggressione russa dell’Ucraina sembra poter cambiare.

Il massimo diplomatico cinese ha infatti riferito in queste ore alla sua controparte russa che Pechino intende rimanere «imparziale» tra le parti in conflitto. La delegazione cinese lo ha dichiarato dopo aver partecipato a colloqui internazionali sulla fine del conflitto a Gedda, in Arabia Saudita, dove Wang ha condotti un serrato dialogo con Kiev, ma non con Mosca (ma questo semplicemente perché la Russia non ha partecipato).

I colloqui di due giorni ospitati dai sauditi hanno visto la presenza di circa 40 nazioni tra cui gli alleati chiave dell’Ucraina - Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania - oltre all’India e a un numero significativo di nazioni del Medio Oriente.

L’inviato di Pechino ha comunque tenuto a sottolineare di aver lungamente parlato al telefono anche con il suo omologo russo Sergei Lavrov, confermandogli che Cina e Russia rimangono «buoni amici e partner affidabili». E ha anche assicurato che «sulla crisi ucraina, la Cina manterrà una posizione indipendente e imparziale, avrà una voce obiettiva e razionale, promuoverà attivamente i colloqui di pace e si sforzerà di cercare una soluzione politica in qualsiasi occasione multilaterale internazionale».

Secondo una lettura di esperti sinologi circa queste dichiarazioni, Wang avrebbe lasciato intravedere una montante freddezza di Pechino nei confronti dell’avventura putiniana. E se il gruppo di 40 nazioni ha concordato - almeno secondo i media ufficiali sauditi - sull’importanza del dialogo internazionale (al netto della Russia) per trovare «un terreno comune che apra la strada alla pace» grazie anche al contributo di Pechino, il ministro Lavrov ha invece provato a ribaltare il discorso per dare un’altra interpretazione delle parole di Wang: «Apprezziamo e accogliamo con favore il ruolo costruttivo svolto dalla Cina verso una risoluzione politica della crisi ucraina» ha affermato. Aggiungendo poi che i colloqui con l’Ucraina in Arabia Saudita «sono destinati a fallire». Tutt’altra musica da parte del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, che ha invece definito la partecipazione della Cina «un super passo avanti e una vittoria storica».

A ben vedere, la partecipazione della Cina ai colloqui di Gedda rafforza soprattutto i legami asiatici con l’Arabia Saudita, in vista di un’ennesima e soverchiante missione cinese per scalzare Bruxelles e Washington quali partner privilegiati di Riad e del Medio Oriente sulla stessa modalità di quanto avviene in questi anni in Africa.

La reputazione di Pechino in Europa, come noto, è stata notevolmente danneggiata dal suo sostegno iniziale alla Russia, e del resto la politica americana nel Pacifico non aiuta la distensione. Tuttavia, Xi Jinping pretende un posto nella storia e non c’è migliore palcoscenico della pace in Ucraina per conquistare il favore del mondo occidentale.

Va però detto che la partecipazione della Cina ai colloqui di Gedda non ha modificato in alcun modo la sua posizione sul conflitto (insiste infatti sui 12 punti proposti da Xi e discussi già a inizio 2023), né dalla penisola araba sono giunte novità significanti per la pace.

Pechino sollecita soltanto un cessate il fuoco senza pretendere il ritiro delle truppe russe: un fatto che, secondo gli analisti occidentali, favorirebbe Mosca nel consolidare a tempo indeterminato le conquiste in Donbass. Inoltre, sul futuro geopolitico dell’Eurasia pesa la visione comune di Russia e Cina in riferimento a un ordine mondiale in cui le nazioni occidentali abbiano sempre meno influenza.

Ciò nonostante, la Casa Bianca ha apprezzato che il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, e la vicesegretaria di Stato, Victoria Nuland, abbiano avuto modo di scambiare idee e opinioni con la controparte cinese durante un breve colloquio con uno degli inviati cinesi, Li Hui. Lo ha reso noto oggi il portavoce del dipartimento di Stato, Matthew Miller, dopo che la notizia – ufficialmente destinata a rimanere segreta – è trapelata volutamente da fonti del Consiglio di Sicurezza Nazionale.

Pechino ha ridimensionato la vicenda, sostenendo che l’incontro fosse semplicemente «un breve saluto». Ma nella lingua della diplomazia è comunque un piccolo passo in avanti. «Da tempo noi diciamo che sarebbe produttivo per la Cina svolgere un ruolo per mettere fine alla guerra in Ucraina, se è disposta a farlo nel rispetto dell'integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina» ha aggiunto Miller, a voler sottolineare che gli Stati Uniti stanno lavorando alacremente «per convincere il maggior numero possibile di Paesi che quando questa guerra finirà, dovrà finire in un modo che rispetti l’integrità territoriale e la sovranità ucraina». Dunque, un altro giro di valzer che non porta vere novità sul futuro del conflitto.

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Luciano Tirinnanzi