L'asse franco-tedesco è in stallo: Draghi può approfittarne
Le elezioni tedesche hanno determinato una situazione confusa. E ci vorranno mesi per il nuovo governo. Macron, dal canto suo, si avvia verso una difficile campagna elettorale. Draghi può approfittare di tutto questo. Ma deve far presto
I risultati delle elezioni federali tedesche hanno prodotto una situazione poco chiara. I socialdemocratici sono in testa con il 25,7% dei voti, tallonati dalla Cdu, attestatasi al 24,1%. Seguono i Verdi al 14,8% e i liberali all'11,5%. È chiaro che, con lo scarto irrisorio registratosi tra i primi due partiti, le combinazioni possibili per costituire la nuova coalizione di governo sono molteplici. Secondo Deutsche Welle, è possibile o una terna Cdu, Verdi e liberali, oppure una terna Spd, Verdi e liberali. Un'ulteriore alternativa è la continuazione dell'alleanza uscente tra Cdu e Spd. L'unica cosa certa, al momento, è che per la formazione della nuova coalizione (e per la scelta del successore di Angela Merkel) ci vorranno dei mesi: basti pensare che il candidato socialdemocratico, Olaf Scholz, abbia detto di attendersi la conclusione delle trattative entro Natale. Insomma, è abbastanza chiaro che la Germania si stia avviando verso una fase di profonda incertezza politica al suo interno: un'incertezza che non potrà non avere delle ripercussioni sul peso internazionale di Berlino. Soprattutto in seno alla stessa Unione europea.
Ma la Germania non è l'unico caso di questo genere. Anche la Francia si sta avviando infatti verso un periodo di significativa incertezza. Ricordiamo infatti che, il prossimo aprile, nel Paese si terranno le elezioni presidenziali e che de facto la campagna elettorale sia per molti versi già iniziata. Nonostante al momento Emmanuel Macron sia favorito per la riconferma, è una battaglia dura quella che lo attende. Una battaglia dagli esiti imprevedibili. Questa è anche probabilmente una delle ragioni che sta portando il presidente francese a una certa iperattività sul fronte internazionale: un modo per cercare di distogliere l'attenzione dalle problematiche di politica interna. Si tratta di un fattore, questo, che Bruxelles dovrebbe ben tenere a mente, davanti alle pressanti richieste francesi di procedere verso una difesa europea. La voce roboante dell'Eliseo cela infatti la (preoccupante) situazione di un gigante dai piedi d'argilla.
Insomma, l'asse franco-tedesco si appresta ad attraversare una fase di profonde turbolenze interne. Un elemento che potrebbe indirettamente favorire il nostro Paese. Con Macron in difficoltà e con un nuovo cancelliere tedesco che probabilmente non eguaglierà l'autorevolezza del predecessore, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha delle carte da giocarsi per consolidare ulteriormente la propria posizione in seno all'Unione europea. Il che potrebbe non soltanto rafforzare il peso dell'Italia, ma potrebbe anche avere delle ripercussioni positive sui rapporti tra Bruxelles e Washington. Non dimentichiamo infatti che la Germania di Angela Merkel abbia spinto l'Unione europea verso posizioni di maggiore accondiscendenza nei confronti della Cina. La Francia, dal canto suo, ha sempre avuto un atteggiamento (volutamente) ambiguo su questo tema, mentre – nelle ultimissime settimane – Macron ha lanciato strali su Washington per la questione dell'AUKUS. Un fattore, questo, che ha spinto qualcuno a ritenere non improbabile un suo (ulteriore) avvicinamento alla Cina. Draghi, di contro, ha sempre mantenuto una posizione rigorosamente atlantista. Una posizione che, per quanto indebolita dalla disastrosa evacuazione afghana degli americani, potrebbe ora essere rilanciata a livello europeo, approfittando della debolezza di Parigi e Berlino.
Certo: la strada non è in discesa neppure per il nostro premier. Anche l'Italia ha i suoi grattacapi interni, amplificati dalla litigiosità dei partiti in periodo di semestre bianco. La stessa elezione del prossimo presidente della Repubblica può teoricamente creare delle fibrillazioni. Non va poi trascurato che gli Stati Uniti si stiano strutturalmente allontanando dall'Europa Occidentale, per focalizzare la propria attenzione sull'Indo-Pacifico.
Tuttavia Draghi ha un vantaggio: almeno fino alla fine di gennaio la sua leadership interna risulterà indiscussa. Nello stesso lasso di tempo, Macron affronterà invece difficoltà elettorali crescenti e la Germania non è detto che riuscirà ad eleggere un nuovo cancelliere. I prossimi quattro mesi saranno quindi fondamentali per l'Italia: Draghi dovrà muoversi rapidamente, per rafforzare la sua influenza sulla Commissione Ue e rilanciare – a livello europeo – l'intesa con gli Stati Uniti. Tutto questo, cercando possibilmente di evitare le sirene filo-francesi. Certo: oggi Washington è più distante da Bruxelles. Ma va fatto capire a Joe Biden che non è una strategia efficace quella di concentrarsi sul contenimento di Pechino nell'Indo-Pacifico e contemporaneamente lasciare campo libero alla penetrazione politico-economica cinese in Europa. Si tratta infatti di una dinamica che danneggia l'interesse nazionale americano. Qualcuno – lo si diceva – deve farlo capire a Biden. E questo qualcuno potrebbe essere Mario Draghi.